Nonostante i tentativi dei leader cinesi di rassicurare il mondo a proposito delle intenzioni della Cina, gran parte del globo guarda ancora con profonda preoccupazione alla sua crescita. Un importante ragione si riscontra nel fatto che i modelli politici occidentali vengono considerati come gli unici modelli corretti. L’analisi di Bai Tongdong, professore di filosofia all’Università Fudan.
A livello nazionale, il regime cinese non è di stampo liberal-democratico. Nel campo delle relazioni internazionali, la Cina adotta un regime di assoluta sovranità e segue il modello dello stato-nazione, il quale è in conflitto con l’idea occidentale che i diritti umani prevalgano sulla sovranità. Significa questo, per caso, che la Cina dovrebbe semplicemente abbracciare i modelli occidentali allo scopo di lasciare che la storia si “concluda” in una liberal-democrazia? Questo nonostante sia evidente come anche i modelli occidentali abbiano riscontrato i propri problemi.
Al livello nazionale, il regime liberal-democratico occidentale cede al cospetto di numerose sfide, il fallimento nell’evitare la recente crisi finanziaria ne è solo l’ultimo esempio. Al livello internazionale invece, si nota immediatamente come, ironicamente, la Cina abbia adottato un modello di stato-nazione proveniente proprio dall’occidente. Tuttavia, il modello di stato-nazione (un modello, uno stato) non è la radice dei problemi etnici all’interno del paese, e internazionalmente, ci ha condotto verso due guerre mondiali, al fianco di numerosi altri conflitti minori. Se la Cina adottasse questo modello, una conclusione logica sarebbe il conseguimento dello stesso destino di Germania e Giappone prima e durante le due guerre.
Imparando sempre più dalle proprie lezioni, i paesi occidentali adottano il principio per il quale la tutela dei diritti umani oltrepassi la sovranità di un paese, mentre la Cina (e gran parte dell’Asia orientale) sta ancora confluendo nelle stesse fasi trascorse dai paesi occidentali in precedenza. La diplomazia basata sui diritti però, per quanto possa risultare attraente, è così ardua che delle volte, i paesi occidentali possono aderirne solo di facciata, portando a scetticismo e cinismo. Per affrontare tali problemi, dovremo rifiutare il mito che la storia sia già “conclusa”, e riconoscere i problemi dei modelli attuali, esplorando nuove possibilità e modelli politici con una mentalità maggiormente aperta.
Credo che il confucianesimo possa offrire soluzioni per alcuni di questi problemi. Parlo di confucianesimo riferendomi ad una filosofia politica universale, e non a qualcosa applicabile solo al popolo cinese. I primi confuciani vissero in un mondo in cui le piccole e chiuse comunità locali (in forma di feudalesimo) collassarono, e dal quale emersero vaste e popolose società di stranieri maggiormente connesse tra loro. La struttura di potere fondata sull’aristocrazia lasciò sempre più spazio all’emergere di stati sovrani nel “mondo” (il mondo allora conosciuto dai cinesi). E’ necessario dunque rispondere a tre problemi politici chiave: Cosa può tenere uniti diversi stati stranieri? Quali sono i principi delle relazioni internazionali tra stati sovrani? Quali attori dovrebbero governare lo stato e addirittura il mondo?
Le stesse questioni furono affrontate dai più antichi pensatori europei e, in un certo senso, il mondo contemporaneo non è altro che una versione allargata del mondo cinese per i primi confuciani. I confuciani tuttavia offrono risposte differenti dagli europei. Riguardo ai nuovi legami sociali, Mencio scoprì che ogni essere umano è dotato del sentimento della compassione il quale, nonostante sia universale, è tuttavia molto fragile. Allo scopo di essere abbastanza forte da mantenerci uniti, la compassione deve essere coltivata, e la famiglia è la prima e più importante istituzione in cui ciò avviene, ciò è anche il motivo per il quale il ruolo della famiglia è fondamentale per i confuciani.
Imparando a prendersi cura dei membri della famiglia oltre che se stessi, si impara l’esistenza e il significato degli altri. Il confucianesimo non è tuttavia la filosofia del Padrino (“non andare mai contro la famiglia”), esso spinge oltre tale tutela, fino ad abbracciare non solo ogni essere umano, ma ogni cosa nel mondo. Persino a questo stadio di tutela universale, tuttavia, i confuciani ritengono che ognuno debba curarsi prima di tutto delle persone vicine che di quelle distanti. L’ideale della morale confuciana è quindi un concetto di amore universale ma iniquo (inequal care).
Perciò, attraverso la compassione, l’intero mondo può essere tenuto insieme, ma allo stesso tempo, ognuno è giustificato a curarsi maggiormente del proprio stato rispetto agli altri. Il patriottismo è così giustificato. Nel curarsi primariamente del proprio stato però nessuno dovrebbe disinteressarsi completamente degli interessi altrui, poiché noi, in quanto esseri umani, proviamo compassione nei confronti degli altri. Infatti, se il nostro paese e i suoi alleati sono forti e compassionevoli, e il popolo di un altro paese soffre a causa di un brutale regime che loro son pronti a cambiare, lo stato ha l’obbligo di aiutarli, o persino “invaderli” e liberarli.
Ma a differenza del cosmopolitanismo, una versione radicale del liberismo, secondo il quale tutti dovrebbero essere trattati equamente, gli stati dovrebbero essere eventualmente aboliti, i confuciani considerano l’esistenza dello stato legittimata. A differenza del modello di stato-nazione dove tale legittimità è limitata (da come umanamente gli stati trattano i propri popoli). Tale modello, essendo più realistico del modello cosmopolita e più idealista del modello di stato-nazione, è una “utopia realistica”.
Al livello nazionale, I confuciani credono anche che lo strumento che legittimi il sovrano sia servire il popolo. Infatti, credono che lo stato sia del popolo e per il popolo, e il sovrano debba essere ritenuto responsabile per i suoi servizi. Il popolo è l’unico a potersi ritenere soddisfatto o meno dei servizi ricevuti, e se il servizio è inadeguato, un governatore fallito alla guida di un governo fallito può essere rimosso, persino con la forza. La differenza principale tra i confuciani e i democratici sta nel fatto che i primi non pensano che lo stato debba essere il popolo.
I confuciani ritengono che sebbene il popolo sia il miglior giudice del proprio sentire, esso non sia moralmente e intellettualmente competente per giudicare come la loro vita possa migliorare attraverso riforme statali. Perciò, i confuciani adotterebbero un regime ibrido che combina elementi democratici (attraverso il quale viene espressa la volontà popolare) ed elementi meritocratici (attraverso il quale decisioni politiche competenti moralmente ed intellettualmente vengono applicate), per esempio, una legislatura bicamerale con una Camera (lower house) eletta democraticamente ed un Senato (upper house) eletto per merito (Allo stesso tempo, tale regime dovrebbe essere costituzionale, ovvero in grado di proteggere diritti e libertà).
Contrariamente, le istituzioni democratiche attuali, specialmente quelle basate sul sistema “una persona, un voto”, incoraggiano un individualismo radicale ed un anti-intellettualismo diffuso, consegnando tutta l’autorità politica nelle mani dei votanti attuali (lasciando senza voce le future generazioni e gli straniere anche se i loro interessi sono a rischio), permettendo alla maggioranza di zittire le minoranze, dando vita all’irrealistica premessa per la quale i votanti sono razionali solo in merito ai propri interessi. Questi problemi rappresentano la causa principale di vari problemi che affliggono la democrazia oggi.
Se la democrazia fu introdotta nel passato per correggere gli eccessi dei nobili, forse è ora di correggere gli eccessi di masse disinformate e immorali. Il regime ideale confuciano, così come il suo modello di identità di stato e relazioni internazionali, sono oro per la politica.
[Traduzione di Gian Luca Atzori; foto credits: thefoxisblack.com]*Bai Tongdong è professore ordinario alla Scuola di Filosofia e Direttore del MA in filosofia della Fudan University di Shanghai. E’ nato nel 1970 a Pechino. I suoi campi di studio, insegnamento e ricerca spaziano dalla filosofia orientale, a quella politica e scientifica. E’ laureato in Fisica Nucleare e specializzato in Filosofia della Scienza alla Peking University. Ha ottenuto il suo dottorato alla Boston University con una tesi intotalata: "Philosophy and Physics: Action-at-a-distance and Locality". Il suo libro più recente si intitola: "The Political Philosophy of the Middle Kingdom".