La notte tra il 3 e il 4 giugno del 1989 fu il risultato di un processo lungo e complesso, del quale, anche a vent’anni di distanza, è difficile tracciare un bilancio generale. Gli anni 80 furono un periodo di cambiamenti geopolitici epocali, che costituirono la base sulle quale si innestarono le questioni economiche, politiche e sociali cinesi, da cui nacquero le proteste culminate nella piazza simbolo di Pechino vent’anni esatti fa. Per ricordare quel periodo storico pubblichiamo di seguito un’introduzione al clima sociale e politico dell’epoca, l’introduzione all’edizione cinese de "Il processo di riforma", le memorie registrate di Zhao Ziyang e alcuni estratti di "Prigioniero di Stato", tradotto e pubblicato da Bao Pu, Renee Chiang e Adi Ignatius, e alcuni profili dei politici cinesi più influenti dell’epoca. Con questi brevi estratti, speriamo di contribuire ad un processo di maggiore conoscenza dela situazione generale che portò alla notte di piazza Tian’an men.
Le riforme lanciate alla morte di Mao (1976) furono attuate con la promessa di realizzare la democrazia socialista in Cina: venne posta enfasi e attenzione agli incentivi materiali per i lavoratori, in modo da aumentare la produzione e i salari. Le tasse e le quote del grano per i contadini vennero sensibilmente ridotte per incoraggiare i consumi e aumentare gli standard generali di vita anche nelle campagne.
Con i confini nuovamente aperti, furono gli investimenti stranieri e la loro tecnologia a dare la vera spinta propulsiva alle 4 modernizzazioni – nell’agricoltura, industria, difesa nazionale, scienza e tecnologia. Nella decade successiva all’apertura (1978-1989) molti di questi obiettivi furono realizzati e confermati nel tempo per la soddisfazione dei riformatori. Altri obiettivi vennero eliminati dall’agenda, accantonati, ignorati e dimenticati. Altri ancora, completamente imprevisti, si palesarono e vennero affrontati nel corso del lungo processo di riforma.
Alla fine del 1978 però, le strade della Cina erano un fiorire continuo di proteste e dissenso popolare. Gruppi di lavoratori in primo luogo, cominciarono a indirizzare critiche verso l’operato dei riformatori, stigmatizzando gli abusi autoritari e burocratici. Questa atmosfera di libertà di espressione piano piano contagiò altri settori della società cinese e confluirà in quello che più tardi sarà chiamato il Movimento del Muro della Democrazia.
A Pechino, Wei Jingsheng 魏京生, un ingegnere nonché scrittore prolifico, estese un’appassionata chiamata alle riforme democratiche, intitolato la Quinta Modernizzazione. Più tardi sarà arrestato e condannato a quindici anni di prigione. La protesta però non era terminata: altri gruppi a Shanghai, Xi’an, Tianjin e Wuhan crearono focolai di discussione, attraverso la stampa e la diffusione di giornali politici. La posizione degli anarchici e dell’estrema sinistra, in ogni caso, malgrado l’appoggio formale del riabilitato Deng, suonava come qualcosa di troppo populista e troppo simile ai fantasmi della rivoluzione culturale, per essere digerita dalla leadership di partito. Dal 1981 la libertà di espressione politica venne messa a tacere. Il leninismo – e la conseguente centralità del Partito in ogni anfratto di vita politica sociale ed economica del paese – diventò la parola d’ordine.
Gli anni 80 videro anche drammatici cambiamenti a livello geopolitico, in cui la Cina giocò un ruolo rilevante. Eventi internazionali intimamente connessi con la politica interna cinese dell’epoca. La guerra tra Usa e Vietnam era terminata nel 1975 anche grazie allo stabilirsi di relazioni amichevoli tra Pechino e Washington, nella tacita alleanza contro l’Unione Sovietica. A seguito della nuova ascesa di Deng Xiaoping nel 1978, cominciò un periodo di normalizzazione nelle relazioni internazionali cinesi: con gli Usa, così come l’Europa Occidentale, Hong Kong e Giappone. Collaborazioni economiche che portarono come risultato diretto all’aumento del commercio con l’estero e degli investimenti i Cina.
In uno strano gioco del destino però la Cina invase il Vietnam nel febbraio 1979, in seguito all’occupazione vietnamita della Cambogia, con conseguente rimozione del regime di Pol Pot gradito ai cinesi. Dopo meno di un mese la stramba guerra finì, con ben 20 mila perdite per i cinesi. Questi accadimenti portarono ad un peggioramento delle relazioni con l’Unione Sovietica (pro Vietnam) e unitamente all’invasione sovietica dell’Afghanistan, la Cina si avvicinò sempre più ad un’alleanza strategica con gli americani.
Solo nel 1985 con l’arrivo di Gorbacev e la ritirata sovietica dall’Afghanistan, le relazioni migliorarono, mentre la Cina, a fronte di tanti movimenti democratici che scoppiavano a Taiwan, in Corea del Sud, nell’Europa dell’Est, proseguì sulla strada delle riforme orientate al mercato, in termini economici, e all’autoritarismo in termini politici.
Deng Xiaoping 邓小平, che governò come leader supremo la Cina dal 1978 al 1994, lotto’ parecchio per ottenere la sua posizione. Lo sconosciuto, fino a quel momento, Hua Guofeng 华国锋, alla morte di Mao nel 1976 aveva assunto la carica di guida del Partito. Deng, dopo essere stato perseguitato ed essere ritornato in auge, ingaggiò una violenta lotta per il potere, durante la quale prevalse, estromettendo Hua dal potere e confermando la sua linea al terzo plenum del partito, nel 1978.
E la sua strategia fu chiara fin da subito: porre il massimo impegno per consentire uno sviluppo imponente delle forze produttive. Grazie all’afflusso del capitale straniero Deng mise in piedi una macchina economica focalizzata sull’esportazione, sul modello giapponese di allora. Il capitale straniero era la leva per sviluppare l’industria pesante, creare nuovi posti di lavoro (sebbene con salari irrisori e condizioni minime di sicurezza) e aiutare la produzione domestica a competere con i nuovi tempi. Questi investimenti furono inizialmente concentrati nelle regioni costiere, le cosiddette Zone Economiche Speciali, ma alla fine degli anni 80 vennero allargati all’intero paese.
Con gli investimenti stranieri nell’industria pesante, l’agricoltura divenne oggetto delle politiche governative: lo stato aumentò il prezzo del grano, aumentando il potere di acquisto dei contadini. Come risultato l’agricoltura crebbe con un tasso annuo del 9% per i sei anni successivi e il salario dei contadini raddoppiò. Fu uno dei più celebrati successi delle Riforme. Con la decollettivizzazione delle terre e la parziale privatizzazione delle industrie, tutte le problematiche sociali che la rivoluzione aveva tentato di seppellire, tornarono alla luce. Crebbe la disparità sociale tra le fasce urbane, il numero dei lavoratori migranti (contadini alla ricerca del lavoro nelle città) divenne di 100 milioni.
L’educazione e la sanità soffrirono con la chiusura delle comuni, anche se gli impieghi nei due settori, nelle città, cominciava ad avere migliori salari e più specializzazione. Infine l’inflazione fece il resto.
A partire dalla metà degli anni 80 la disillusione cominciò a serpeggiare tra la popolazione. Furono primi fra tutti gli studenti e gli intellettuali a prendere parola nella denuncia della corruzione del governo e della politica. Nell’inverno del 1986 una protesta degli studenti dilagò nella prestigiosa Università di Scienza e Tecnologia nella provincia di Anhui.
I dimostranti, inizialmente solo 3mila, guadagnarono ben presto il supporto del vice preside Fang Lizhi 方励之 e videro ingrossare i propri numeri. Ben presto la protesta si diffuse in altre città, comprese Wuhan, Shanghai e Pechino. A Shanghai durante le dimostrazioni, accanto agli studenti sfilavano anche operai e altri settori della popolazione. Il governo rispose con arresti di massa, mentre due dissidenti, Fang Lizhi Liu Binyan 刘宾雁 vennero espulsi dal partito ed estromessi da incarichi lavorativi.
La soppressione del movimento non si fermò e colpì anche Hu Yaobang 胡耀邦, rimosso dal suo ruolo di segretario generale nel gennaio 1987. Ironicamente fu la deposizione e la successiva morte, due anni dopo, dell’uomo che Deng coltivava come suo successore a scatenare la famosa protesta di Tian’ anmen nel 1989. Quando tutte le speranze di democrazia in Cina, fossero socialiste o di altro colore politico, scomparirono sotto i tanks e gli spari durante le prime luci del 4 giugno. Un movimento messo in silenzio, ma non dimenticato.