Un film al giorno toglie il natale di torno

In by Simone

China Files va in vacanza, ma non vi lascia soli a smaltire le festività. Se l’anno scorso aveva consigliato piatti tipici per un cenone etnico, quest’anno vi suggerisce pellicole asiatiche da godere a pancia piena. Buone feste e… buona visione. Le nostre trasmissioni riprenderanno il 7 gennaio.
CINApanettone: Bodyguards and Assassins [consigliato da Andrea]

Hong Kong, 1905. Sun Yat-sen, qui chiamato Sun Wen, è nell’allora colonia britannica per incontrare i suoi compagni del Tongmenghui, primo nucleo del futuro Kuomindang, e discutere dei piani per rovesciare la dinastia Qing, ormai agli sgoccioli del suo secolare potere. Un gruppo di uomini è reclutato per proteggere il futuro presidente della Cina durante la visita. Tanta azione nella migliore tradizione del cinema di Hong Kong e uno sguardo sulla storia cinese.

CINApanettone: Lost on Journey [consigliato da Carlo]

Il CinApanettone non poteva che ruotare intorno alla festività che ha il valore familiare del nostro Natale: Chunjie. Una commedia on the road dai toni leggeri che tocca temi sociali sempre dibattuti ma le cui soluzioni non si intravedono all’orizzonte: la paralisi e caos logistico che pervade l’intera Cina durante l’esodo annuale per il capodanno cinese e l’incomunicabilità fra classi separate da divari economici e culturali. Co-protagonista il tenerissimo Wang Baoqiang che si contraddistingue ancora una volta per la capacita’ di interpretare il lavoratore migrante idiota ma buono (cosi’ come aveva fatto nello splendido e drammatico Blind Shaft e nell’altro potenziale CinApanettone  A World Without Thief). Potete vederlo con sottotitoli in italiano qui, qui e qui.

INDIApanetone:
Bhooter Bhobishyot: che ne sarà dei fantasmi? [consigliato da Carola]

Demolizioni, crolli, ristrutturazioni coatte: con le rapide trasformazioni urbane che hanno stravolto Calcutta negli ultimi anni, un folto gruppo di fantasmi, sfrattati dalle proprie decadenti magioni, si ritrova senza un tetto sulla testa. 
Simpatico Christmas Carol dall’ambientazione postcoloniale, Bhooter Bhobishyot presenta un assortimento di eterei personaggi comico e improbabile: una seducente attrice d’altritempi, un rifugiato politico, un impeccabile Inglese in panciotto, un martire di guerra, una romantica suicida, un aspirante rocker, un cuoco dell’imperatore Moghul e un conducente di risciò. Sloggiati malamente dall’aggressivo impatto della modernità, la cricca chiede ospitalità all’ultima residenza infestata rimasta in piedi e unisce le proprie forze per combattere l’invasore: un imprenditore burino e senza scrupoli che sogna di convertire il palazzo in un centro commerciale all’ultimo grido.
Primo e unico lungometraggio di Anik Dutta, la tragicomica avventura dei fantasmi di Calcutta, girata senza alcun effetto speciale e con un budget decisamente bengalese, ha portato il cinema di Tollywood nelle sale di tutto il subcontinente. Decisamente raccomandato per sdrammatizzare la digestione del cenone.

CINApanettone: Red Light Revolution [consigliato da Cecilia]

Un cinese di mezza età perde il lavoro. E per reinventasi apre un sexyshop negli hutong di Pechino, pur non avendo mai visto prima un sextoy. La morale è semplice: l’industria del sesso regge l’economia, soprattutto quella della cultura. Se conoscete il cinese, potete guardare la versione integrale su Tudou che in Cina ne ha comprato i diritti. Altrimenti, in attesa che qualcuno lo distribuisca in Occidente, dovrete accontentarvi del trailer.

CINApanettone: I Wish I Knew [consigliato da Daniele]

L’ultimo documentario di Jia Zhangke. Attraverso un viaggio nei luoghi della Shanghai anni quaranta, cinquanta e sessanta, interviste ad artisti non più giovani che hanno fatto la storia della Cina maoista e attraverso la silenziosa (ed angosciante) presenza di una sempre bravissima Zhao Tao, il regista ci richiama ad eventi e stili di vita andati perduti. Come una memoria storica a mezzo cinematografico. Un viaggio raffinato, audace, fedele.

CINApanettone: Petition: The Court of the Complainants [consigliato da Désirée]

Si dice che per conoscere la Cina bisogna vedere i suoi documentari, meglio se indipendenti. Zhao Liang è un regista e fotografo che ha dedicato gran parte della sua vita ad osservare il suo paese, e per questo film è stato premiato a Cannes. Non mi dilungo nel raccontare la trama. Bisognerebbe saper capaci di raccontare in poche righe, la sofferenza, l’ingiustizia, il senso di impotenza che lo strato più basso della popolazione cinese prova quando deve affrontare, a livello legale, lo Stato cinese. Sono donne, uomini, bambini e vecchi che cercano giustizia a Pechino. Zhao Liang ha documentato per più di dieci anni parte della vita di queste persone, e ci ha regalato parte di un mondo che altrimenti sarebbe rimasto inesplorato.
(Faccio un appello ai miei amici più stretti: ho prestato il cofanetto di Zhao Liang, con tutti i suoi film, a qualcuno -sono di indole generosa, faccio di queste cose- per piacere, anzi ve prego, chiunque lo possegga: restituire al mittente!)

THAIpanettone: Shutter [consigliato da Edoardo]

Se i brividi invernali del Bel Paese non vi sono abbastanza, questo Natale la calda Thailandia ve ne porta alcuni di tutt’altro genere. Shutter e’ un film tailandese del 2004: l’unico film tailandese, a detta dei maligni, che vale davvero la pena vedere. Non si tratta di un cinepolpettone per intellettuali (per quelli c’e’ sempre Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives, un mix di storia, politica e cosmologia tailandese che nel 2010 ha vinto l Palma d’Oro di Cannes), bensi’ un film di fantasmi. Un film di fantasmi come solo un paese che ai fantasmi crede per davvero sa fare. Da guardare tassativamente con tutte le luce spente, incluse quelle dell’albero.

CINApanettone: China Heavyweight [consigliato da Gabriele]

Cina e boxe, in un documentario che è quasi un film, perché la boxe è sempre una grande storia. Sichuan rurale, l’ex boxeur professionista Qi Moxiang e il "maestro" Zhao Zhong sono due talent scout a caccia di giovani pugili da far gareggiare a livello provinciale, nazionale, e poi, in caso, olimpico. Dopo Up the Yangtze, il regista sino-canadese Chang Yung ci racconta un’altra Cina in transizione: la boxe fu ammessa oltre Muraglia solo nel 1987, quando il turbocapitalismo secondo caratteristiche cinesi rese ben accetto lo sport più individualista e competitivo del mondo. Prima medaglia d’oro olimpica a Pechino 2008, con il minimosca Zou Shiming. Per i giovani della contea di Huili, ripetere le gesta di Zou significherebbe emanciparsi da un futuro fatto di piantagioni di tabacco e vita contadina. Due di loro, He Zongli e Miao Yunfei, ce la mettono tutta. Il loro desiderio deve però i conti sia con la durezza della nobile arte sia, soprattutto, con le pressioni del loro “piccolo mondo antico”. Eppure, spiega l’allenatore Qi a un monaco dubbioso, il pugilato insegna il valore dell’autocontrollo. Applicazione zen e tanti pugni in faccia: non assomiglia un po’ al sistema degli esami cinese? China Heavyweight ha già vinto una sfilza di premi in giro per il mondo (in Italia, il Milano Film Festival) ed è l’ennesima versione dell’antica epica pugilistica: sofferenza e liberazione. Però, in Cina, ha un sapore diverso.

CINApanettone: Zhao le, For fun [consigliato da Lucia]

Pechino, inizio anni Novanta. Lao Han, custode in un teatro dell’opera di Pechino, ha dedicato tutta la sua vita al buon funzionamento del teatro. Una volta in pensione, nelle sue passeggiate lao Han riscopre una città che sta cambiando. Mentre le nuove generazioni fanno lunghe file per accaparrarsi i biglietti del cinema, a lao Han manca l’opera e la vita del teatro. Così, insieme  ad altri pensionati conosciuti in un parco, mette su un gruppo amatoriale di cantanti d’opera di Pechino. Ma anche il loro circolo dovrà farsi da parte per la costruzione di una ktv.
"Zhao le" fa parte della trilogia di Ning Ying su Pechino, ed è una dedica appassionata della regista alla sua città e la sua gente.
Intro:

NIPPOpanettone: Fish Story [consigliato da Marco]

Quando leggerete questa recensione su China Files, il mondo potrebbe già essere finito. Oppure no. Il film del 2009 di Yoshihiko Nakamura, tratto dall’omonimo romanzo di Isaka Kotaro (uno che in Giappone vende come il quasi Nobel Murakami) ci proietta nel presente più attuale, a un passo dalla fine del mondo che in molti attendono. Mentre un asteroide sta per colpire la terra, tre uomini (un malato terminale in carrozzella, un appassionato di musica e il gestore di un negozio di dischi) si ritrovano a seguire insieme le ultime fasi prima dell’apocalisse in una Tokyo ormai deserta. In attesa del momento fatale, il proprietario del negozio tira fuori dal suo archivio personale un disco destinato a salvare il mondo. Un disco che testimonia che il punk, in realtà, è stato inventato in Giappone, un anno prima dei Sex Pistols. Quasi quarant’anni prima, i Gekirin – questo il nome del gruppo fittizio pioniere del punk – avevano inciso un disco misterioso e maledetto dal titolo Fish Story ("baggianata", in inglese).
Tra continui flashback e flashforward, lo spettatore viene proiettato in un intreccio di storie ben assemblato e articolato su 4 decenni di storia nipponica. Per capire, alla fine, che anche gli errori possono salvare il mondo. Potete guardarlo in streaming qui, ma occhio ai 40 secondi di pubblicità francofona.
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INDIApanettone: Shanghai [consigliato da Matteo]

Perché: Shanghai è uno dei – lo ammetto – pochissimi film in hindi che ho visto quest’anno al cinema. La versione ufficiale è: troppo difficile seguire i film in hindi senza sottotitoli. Quella veritiera è: il rischio di trovarmi davanti ad un megapolpettone di Bollywood tremendo, con sparatorie alternate a numeri di danza in mezzo al deserto (già fatto, vedi Ghajni, imbarazzante rifacimento indiano di Memento con Aamir Khan, anno 2008), ha sempre la meglio sullo spirito di iniziativa. Con Shanghai sono stato fortunato: pochissimi stacchetti di ballo, un thriller ben costruito ambientato in un’immaginaria città di medie dimensioni in India. Politica corrotta, imprenditori senza scrupoli, attivisti ammazzati dalla polizia e la pazzia delle masse indiane, troppo ingenue per evitare di essere manipolate dal potente di turno. Uno spaccato crudo ed estremamente realistico dell’India di oggi. Così realistico che la sala era mezza vuota: le masse hanno preferito lobotomizzarsi davanti all’ennesimo polpettone bengalese. Come biasimarle? (No, biasimiamole!)

CINApanettone: Suzhou he [consigliato da Mauro]

Perché avrei voluto trovare qualcosa in linea con la gioiosità delle feste natalizie, ma purtroppo proprio non ne ho. Perché proprio non riesco a capire come mai Lou Ye sia arrivato in Francia e in Germania ma in Italia aspettiamo ancora il nuovo di Zhang Yimou. Perché Suzhou He è immagine nella poesia, riflesso dei sotterranei di una metropoli patinata, che brilla come brillano le illuminazioni natalizie di questi tempi per le vie italiane. Perché è uno specchio commovente di uno dei tanti modi di essere nella Cina di oggi, forse già di ieri. P.s. Per chi volesse approfondire dalla Cina, circa due mesi fa è uscito l’ultimo lavoro di Lou Ye, Mystery (fuchengmishi). Peccato che nella maggior parte dei casi abbia resistito nelle sale solo un paio di giorni…

CINEpanettone: Delitto al ristorante cinese [consigliato da Simone]

Non fate tanto i fighetti. Corbucci, re del poliziottesco, che ora è osannato come film d’essay
da intelettualoidi assortiti. E Tomas Milian che ancora oggi in Cina sarebbe il più niubi trai i niubi.
"Numero uno".

KAZAKpanettone: Tulpan, la ragazza che non c’era [consigliato da Tania]

Asa torna nelle sterminate praterie della steppa del Kazakistan dopo l’esperienza nella marina russa. Asa torna presso la famiglia di sua sorella, Samal, e vive con la famiglia nella yurta. I rapporti in questo spazio così limitante, dentro, e così libero, fuori dalla yurta sono particolari, di certo sconosciuti alle nostre consuetudi. La radio è l’unica via di contatto con il mondo. Oltre ciò, solo l’immaginazione può volare avida. Ed a volte anche essere cantata. Asa torna alla sua terra con un sogno, il sogno che ha nutrito anche in mare: trovare una ragazza, (e così) poter essere un pastore, con una yurta e un gregge suoi. In questo tentativo si scontra con il marito della sorella, personaggio austero come la forza di quel paesaggio. Lui il pastore lo fa da tempo e non ammette la "debolezza", anche lavorativa, del giovane. Asa è rifiutato anche da Tulpan, la ragazza che sarebbe potuta essere sua sposa. La mamma vuole mandarla in città, e nonostante il rumoroso e scintillante lampadario portato in pegno da Asa, non permette l’unione tra i due.  Forse seguire Boni, autista del trattore della comunità che si sposta al ritmo di "Rivers of Babylon" nella steppa portando acqua e viveri ai nomadi che vi vivono, è la strada che lo aspetta. Boni è impaziente, vuole andare in città, dove si aspetta anche tente ragazze più libere ad aspettarlo. Forse… Un film suggestivo, anche per quella scenografia naturale che ritrae, che declina non solo i rapporti tra i personaggi in un posto senza tempo, ma anche il conflitto tra i tempi diversi di due posti lontani, la campagna e la città; lo fa in in maniera egregia, tra allegria e tristezza, essenze della vita. E’ soprattuto un film sulle scelte e sulla natura di un uomo che in fondo riesce a seguire il suo sogno e la dura strada della steppa.

La pellicola, del 2008, porta la firma del regista Kazako Sergey Dvortsevoy; ha ricevuto vari premi tra cui quello a Cannes, vincendo nella sezione "Un certain regard" in quell’anno. A me è capitato di vederlo qualche tempo fa durante le proiezioni organizzate all’interno della manifestazione " La via della seta" a Roma

[La foto di copertina è di Antonio Celesia]