TraSudAmerica. La Cina in America Latina

In by Simone

Dopo Brasile, Colombia e Perù, la visita del primo ministro cinese Li Keqiang in America Latina si conclude oggi in Cile. Gli investimenti sono destinati principalmente a progetti infrastrutturali. Tra tutti, una ferrovia transamazzonica che collegherà i due oceani e che ha già scatenato polemiche da parte di ambientalisti e comunità indigene. Abbasserebbe però notevolmente le spese e i tempi di trasporto dei beni importati.
Nessuna strategia è senza rischio”, si legge in un articolo del China Daily, che presenta il progetto della ferrovia transamazzonica come un’occasione di essere meno dipendenti dallo stretto di Panama. Un’altra sfida alla supremazia geopolitica statunitense, stavolta proprio nella regione che da sempre è considerata il suo “cortile”.

La presenza cinese in America Latina”, ha specificato a questo proposito l’agenzia di stampa governativa Xinhua, “non ha intenzione di gareggiare con nessuno. È una partnership con la regione e non è diretta contro nessuna terza parte”. In particolare, conclude l’editoriale, “la Cina sarebbe felice se altri paesi sostenessero le necessità di sviluppo della regione. Un’America Latina vibrante e prospera sarebbe un beneficio per il mondo intero, Cina compresa”.

Ma c’è chi accoglie le dichiarazioni cinesi con scetticismo. Un’opinione sulle colonne del brasiliano O Globo individua diversi punti critici della questione, tra cui il fatto che molti degli accordi precedentemente stipulati non sono mai andati oltre la firma dell’accordo stesso. “Dobbiamo tenere a freno l’euforia”, si legge nel pezzo significativamente titolato “Il denaro cinese non risolverà tutti i nostri problemi”.

Ma c’è un punto che nessuno può mettere in discussione. Nonostante le sue politiche sociali discutibili, la Repubblica popolare ha trasformato il paese in un’economia capace di competere con gli Stati Uniti anche attraverso infrastrutture e telecomunicazioni. In trent’anni ha sollevato dalla povertà 600 milioni di persone. E sono ormai molte le economie in via di sviluppo che vorrebbero che il “sogno cinese” si applicasse anche ai loro paesi. Con tutti i rischi per l’ambiente e per il dibattito democratico che questo comporta.

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