The Leftover of the Day – Sti cazzi o sto cazzo?

In by Simone

Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
25 gennaio 2010, 15:17
Sti cazzi!

Ero nel bel mezzo di un boccone e di un sano e rinfrancante silenzio, quando se n’è uscito così: “I have a quiz for you”.
Il boccone è andato di traverso e il busto si è irrigidito sulla sedia. Quando fa così, di solito si tratta di quiz linguistici e questo significa pranzo rovinato. Infatti parte con quello che ha letto in uno dei suoi libri di grammatica (lo ha letto in italiano ma me lo ridice in inglese): “In Italia ci sono diverse varietà dialettali, quella settentrionale, quella toscana, quella laziale, quella meridionale. Ognuna ha le sue specificità e nel romano si raddoppia la b e la g e la t diventa d”. Annuisco, mentre un rigurgito di fastidio mi sale in gola: ma perché questo si deve mettere a spiegare la mia lingua, che lui peraltro nemmeno parla? 
Finisce la lectio e conclude con: “Where it comes from?”. Ovvero: prima ti fa la lezione poi ti rivolge la domanda più assurda. E che ne so io perché i romani raddoppiano la b? Non c’è scritto nel libro di Sobrero e lo dovrei sapere io?
In realtà è un interrogativo retorico che gli fa da volano per l’esposizione di teorie più ardite. Gli piace da impazzire la comparazione tra il giapponese e l’italiano, cerca analogie impensabili tra i dialetti italiani e il giapponese. Alcune affermazioni mi sembrano davvero bislacche. Come quella che il siciliano e il giapponese hanno una cosa importante in comune: il fatto di mettere il verbo a fine frase. Gli dico: beh, anche il latino è così. Mi guarda perplesso, come se il latino non fosse parte dello schema mentale di affinità tra siciliano e giapponese che lui si è costruito. Oppure quando mi dice che la "gorgia toscana" è un altro mistero su cui interrogarsi (in effetti è fonte di grande turbamento per me) e che non si sa da dove viene, ma lui ha una sua spiegazione: è come la pronuncia in Medio-Oriente, ci sarà sicuramente qualche influsso! E poi altre similitudini: il romano come il dialetto di Tokyo o come i dialetti delle metropoli. Se uno va a fare dei raffronti, dice lui, sicuramente si vedrà che alcuni fenomeni sono gli stessi in tutte le metropoli. Condizionata dalla vita frenetica della città, la gente contrae le parole e parla più veloce. E lì una profusione di esempi, paragonando sto cazzo a ebaka in giapponese. A fine pranzo realizzo che il paragone non è nemmeno appropriato: baka vuol dire stupido e lui si confonde tra coglione (nel senso di scemo) e cazzo. Solo che sto cazzo è un’espressione che tanto gli è piaciuta… una volta abbiamo persino provato a spiegargli la differenza tra sto cazzo e sti cazzi. 

A giudicare da queste ultime righe, diventerò matta come lui, temo.

25 gennaio 2010, 16:19
Nostalgia transformer

*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)