Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
15 luglio 2010, 11:42
Mandate Batman a soccorrerci (parte1)
Ho perso la verve persino nello sfogo. Un’arte in cui di solito eccello. Il caldo opprime quasi quanto i giapponesi e certo non aiuta.
Mi sento ridimensionata a un’impiegata dell’informazione, di giornalismo ne è rimasto bene poco – forse neppure l’ombra, squagliata sotto questi maledetti 40 gradi.
Del tizio che coabita accanto a me per almeno 7 h al giorno non ho molto da dire: continua a comportarsi come un ladro, a uscire in punta di piedi cercando di non farsi notare, a essere omertoso e a non improntare il lavoro alla collaborazione. Quindi fogli che passano da una scrivania all’altra, qualche domanda sulle news e qualche mia risposta, per il resto fastidio. Permane comunque il controllo e l’invadenza: mi pare di stare a scuola. Se mi prendo un giorno e non do spiegazioni, è lui a chiederle. La prossima volta porterò la giustificazione della mamma.
Chi se lo vive anche peggio di me è la mia amica-collega che gli deve stare appresso su tutte le faccende pratiche. La ricerca della casa è stata per lei un incubo. Dopo decine e decine di sopralluoghi, sembrava si fosse convinto. Prima però ha sollevato la preoccupante “questione tostapane”: senza tostapane già incorporato nell’appartamento, lui non l’avrebbe preso (ha fatto chiamare apposta per sapere chi lo avrebbe pagato!). Il nostro, oltretutto, è pure taccagno. Poi è andato a vedere un’altra casa, stavolta condotto da un amico giapponese, e ha optato per quella. Si capisce che degli italiani proprio non si fida. In compenso gli italiani cominciano a non fidarsi di lui. Escludendo la sottoscritta e la mia amica, è il caso della proprietaria della casa che lui stava per prendere in affitto. Gentilissima come raramente capita in Italia, poco prima della di lui disdetta, aveva già predisposto tutto, trasloco incluso, per questo ingrato giapponese. Ha chiamato la mia amica, che rammaricata e imbarazzata non poteva che darle ragione, e si è così lamentata tra le lacrime di rabbia: “Glielo dica! Glielo dica che d’ora in poi non mi fiderò più di nessuno. Nemmeno dei giapponesi!”
Tornando a me e alla mia appassionante attività giornalistica. Ormai si svolge quasi solo in ufficio e solo ed esclusivamente sull’agenda setting già decisa dai giornali italiani: oggi però eccezionalmente mi troverò ad andare alla Coop Laurentina. Per cosa? Per un emozionante pezzo sulle Bat box! Che è quello che gli ho proposto per la serie degli oggetti strani.
Quanto prendano tutto sul serio era già sconcertante con l’altro giapponese, ma con questo ancora di più. Gli leggo un articoletto su Cds su queste bat box e lì si dice che c’è gente che ha chiesto al negoziante se poteva collocare la scatola col pipistrello in camera. È messa nel pezzo apposta, è chiaro, per far sorridere. Lui resta impassibile, corruga un secondo la fronte per capire bene e commenta con gravità: “Very interesting”.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)