Thailandia – Di nuovo sull’orlo dello scontro politico

In by Simone

La premier Yingluck Shinawatra esce indenne dal voto di sfiducia. Ma la protesta guidata dall’ex parlamentare democratico Suthep Thaugsuban continua. I manifestani chiedono  le dimissioni del governo che considerano eterodiretto dal fratello di Yingluck e controverso ex premier in esilio, Thaksin. La situazione politica thailandese rischia di precipitare nuovamente nel caos. Da domenica una folla di persone, oltre 400 mila secondo i quotidiani nazionali, ha preso possesso delle strade della capitale Bangkok. Per ora si tratta di manifestazioni pacifiche, ma il rischio che la situazione possa degenerare è alto. Nei giorni scorsi sono anche stati occupati quattro ministeri, con quello delle Finanze diventato il quartier generale dei contestatori. Le proteste sono contro il primo ministro, Yingluck Shinawatra, sorella dell’ex leader del Pheu Thai, partito di maggioranza, Thaksin.

Yingluck è accusata di essere un fantoccio nelle mani del fratello, soprattutto a causa del tentativo di fare approvare un’amnistia, per ora bocciata al Senato, che permetterebbero al facoltoso leader thailandese di ritornare nel paese, dopo l’esilio a seguito di condanna giudiziaria per corruzione, che dura dal 2008. La situazione però, come in ogni paese asiatico, è piuttosto complessa. Il premier Yingluck ha affrontato un voto di sfiducia superato agevolmente. Il suo partito ha vinto le ultime elezioni ed è sostenuto dalle note "camice rosse": proprio la loro protesta – a seguito dell’intervento "giudiziario" dell’esercito – fu repressa nel sangue nel 2010 provocando novanta morti. La base elettorale di Thaksin è popolare; l’ex leader è idolo delle masse più povere della popolazione soprattutto nelle zone settentrionali del paese.

Chi è contro di lui è l’élite borghese, monarchica e vicina all’esercito, che in questi giorni sta appoggiando le proteste che vedono come protagonista il leader del Partito Democratico, Suthep Thaugsuban, già accusato di omicidio per la feroce repressione contro le camice rosse nel 2010 – allora era primo ministro – e oggi ricercato dalla polizia thailandese, accusato di essere il capo popolo delle proteste. In questo senso – seguendo i colori scelti dalle diverse fazioni – i “gialli” monarchici e nazionalisti e i “blu” democratici, sono contrapposti ai “rossi” a favore dell’ex leader Thaksin.

La Thailandia è una monarchia costituzionale, l’attuale re è Bhumibol Adulyadej, conosciuto anche come Rama IX: gode di moltissimo seguito popolare; la sua figura venne conclamata “sacrale” da Sarit Thanarat, il dittatore che guidò il paese alla fine degli anni 50. Rama IX è re dal 1946, si tratta del regno più lungo nella storia del paese; nel 2006 quando il governo di Thaksin fu deposto, l’accusa contro il politico thailandese fu anche quella di voler eliminare la monarchia in Thailandia: non a caso i suoi avversari invocarono proprio la legge contro la lesa maestà (per la quale la condanna può arrivare anche a 15 anni).

E ora la situazione torna incandescente: c’è il rischio infatti che il primo ministro che ha già invocato poteri speciali, possa scegliere per la repressione armata, con la possibilità di una frattura in seno all’Esercito che potrebbe costituire un’ulteriore minaccia alla stabilità del paese. Oppure potrebbe ricorrere alle elezioni, con la fiducia, secondo gli osservatori, di un’affermazione del suo partito che non cambierebbe però la generale situazione politica. Dall’agosto di quest’anno la Thailandia è considerata in recessione economica, dopo la crescita degli anni scorsi: il calo è dovuto alla diminuzione delle esportazioni a causa della crisi occidentale, dell’incapacità delle banche di sostenere la crescita e dal fatto che la situazione politica instabile pare abbia colpito la principale industria del paese, ovvero il turismo.

[Scritto per il manifesto. Foto credit: voanews.com ]