Thailandia – La capitale asiatica del crimine

In by Simone

Recentemente alcuni giornali stranieri hanno lanciato l’allarme criminalità a Phuket, nota destinazione turistica thailandese. Truffe, aggressioni, omicidi, spaccio di droga: i turisti sono avvertiti. Il governo thailandese ha deciso di intervenire per salvare la reputazione del turismo nazionale.
Phuket, l’isola turistica per antonomasia della Thailandia, oggi è la capitale asiatica del crimine.
O almeno lo sostiene il Live Trading News, un giornale online di Singapore che così ha recentemente titolato un articolo sulla malavita dell’isola corredato con la fotografia di un turista italiano – “Giovanni” – mentre viene medicato da quella che è descritta come un’aggressione da parte di una banda armata di pugnali.

Gli fa eco il giornale svedese Aftonbladed, che senza mezzi termini aggiunge che “Phuket è oggi uno dei luoghi più pericolosi al mondo per turisti stranieri, locali e uomini d’affari”.

È un’ondata di crimini forse più massiccia del solito ad aver valso all’isola questa nuova reputazione. Soltanto nel mese di giugno, la turista australiana Michelle Smith, sessantenne, è stata pugnalata a morte da un motociclista durante un tentato borseggio.

Un pugile australiano di muay thai, il ventunenne Daniel Ketley, è stato rinvenuto in fin di vita a seguito di un pestaggio per mano di una gang, mentre numerosi turisti hanno denunciato aggressioni da parte di autisti di tuk-tuk, i tricicli a motore thailandesi, lungo la passeggiata di Bangla Road, famosa per i go-go bar per stranieri.

A questo si aggiunge il giro di truffe ai danni di turisti, a dire la verità non nuovo, per cui Phuket è famosa. La truffa del jet ski, una delle più classiche, prevede che un turista, dopo avere affittato uno scooter acquatico, venga accusato di un danno allo scafo in realtà preesistente, e dunque costretto, con le buone o con le cattive, a pagare cifre esorbitanti per la riparazione.

Nonostante le accuse alle due pubblicazioni di sensazionalismo da parte di più residenti di Phuket, il governo thailandese, estremamente zelante quando si tratta dell’industria del turismo, è subito corso ai ripari.

Raywat Areerob, che rappresenta Phuket in parlamento, ha chiesto alla premier Yingluck Shinawatra di agire immediatamente per restituire all’isola la sua presunta buona reputazione, oltre all’invio di 600 agenti di polizia a Phuket per tutelare la sicurezza pubblica di residenti e turisti.

Chalerm Yubamrung, vice primo ministro, ha quindi promesso che metterà fine al giro mafioso attivo nel settore del turismo del Paese entro i prossimi tre mesi. Giusto in tempo, per l’alta stagione, che in Thailandia inizia a novembre.

Nonostante i numeri impressionanti – circa venti milioni di visitatori stranieri nel 2011, quasi il 20% in più rispetto all’anno precente nonostante le inondazioni che per quasi sei mesi avevano sommerso parte del Paese – il governo thailandese sembra voler puntare ancora più in alto con la sua industria del turismo, dalla quale si aspetta introiti pari a 2,2 triliardi di baht (quasi 57 miliardi di euro) nei prossimi tre anni e di cui Phuket è sempre stata una gallinella dalle uova d’oro.

E, a pari passo con quella tendenza conservatrice che sembra essersi sviluppato negli ultimi tempi in concomitanza con la pressante richiesta di democrazia dalle classi meno abbienti, sembra deciso a sottoporre il Paese a un restyling che lo riconsegni agli onori del turismo famigliare.

Il governo Yingluck Shinawatra ha già pensato a un nuovo slogan pubblicitario – “Miracle Thailand”, che segue “Amazing Thailand” e “Unseen Thailand” – con cui promuovere questo nuovo tipo di turismo.

Ha assoldato esperti d’immagine di fama mondiale e proposto l’apertura di un parco dei divertimenti Disneyland che possa competere con quelli di Singapore e Hong Kong. La promessa di riportare l’ordine a Phuket sembra quindi rientrare in questo trend.

Un’altra iniziativa, risalente a pochi mesi fa, prometteva di ripulire dalla malavita Pattaya, città balneare a 150 chilometri da Bangkok, per trasformarla in una meta mondiale per il turismo famigliare. L’ambiziosa sollecitudine della campagna si è presto scontrata con la realtà.

Accanto alle sue spiagge con cui attira famiglie di turisti, in particolar modo russi e arabi, Pattaya rimane infatti la Sodoma e Gomorra della Thailandia, famosa per la sua massiccia industria del sesso per turisti, i giri di droga e la mafia – persino straniera – che opera attorno a questi ambienti.

[Foto credit: travelwireasia.com] [Scritto per Lettera43]

*Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.