Taiwan al voto

In by Simone

Il 14 gennaio si vota a Taiwan. Ma, attuale presidente, contro Tsai, leader dei democratici. Usa e Cina, osservatori attenti e interessati, supportano lo stesso candidato, Ma. E c’è anche il terzo incomodo. Chi vincerà? In un caso o nell’altro è l’economia a dominare la campagna elettorale, non la politica.
Gli interessi cinesi e statunitensi sull’isola
Le elezioni a Taiwan hanno finito per catturare l’attenzione anche di Cina e Usa, da sempre contrapposte sull’argomento taiwanese, ma accomunate dal sostegno allo stesso candidato per le elezioni del prossimo 14 gennaio.

Pechino appoggia il leader del partito che in questo momento è più vicino alla Cina, dopo la firma lo scorso anno del trattato di libero commercio tra i due paesi che dovrebbe favorire la ripresa dell’economia dell’isola (contestato dai democratici come una sorta di “svendita” di Taiwan a vantaggio del gigante cinese).

Washington appoggia ugualmente Ma, per non incorrere in problematiche e tensioni con la Cina, data la scacchiera geopolitica già colma di preoccupazioni nel Pacifico, nonché la necessaria concentrazione sulla crisi economica interna.

Tsai, candidata dei Democratici Progressisti, ha provato a rassicurare tutti circa la volontà di non mettere in discussione i trattati già in atto, ma sembra essere in grado di mettere in crisi i piani dei due giganti, con un sorpasso elettorale che sarebbe clamoroso. Insieme alla presidenza, si rinnova anche il Parlamento dell’isola che Pechino ha considerato a lungo “ribelle”.

Gli Stati Uniti sembrano supportare il candidato nazionalista Ma, autore di una virata politica di vicinanza alla Cina. “Sebbene gli Stati Uniti si siano sempre posizionati come principali difensore di Taiwan – ha scritto il South China Morning Post anche vendendo armi all’isola, Washington è consapevole che qualsiasi drastico cambiamento alla politica di Taiwan potrebbe portare a scontri che finirebbero per coinvolgere Pechino”.

L’amministrazione Obama, secondo analisti americani, non crederebbe alle promesse fatte da Tsai, candidata democratica: “Washington teme che Pechino sarebbe meno disposta a piegarsi agli avvertimenti degli Stati Uniti se il Partito Democratico Progressista dovesse tornare al potere e prendere misure provocatorie”.

Legami stabili tra Cina e Taiwan sarebbero invece visti con favore dagli Usa, data anche l’attuale crisi economica che Obama deve fronteggiare internamente: “Washington non ha il tempo di preoccuparsi di un possibile caos a Taiwan", ha specificato al South China Morning Post un professore universitario taiwanese.

l 12 gennaio il Global Times, quotidiano cinese anche in lingua inglese, è invece definitivamente uscito allo scoperto, sostenendo Ma e mettendo in guardia i taiwanesi dall’eventuale scelta di premiare il candidato democratico.

Secondo il quotidiano nazionalista cinese, in caso di vittoria democratica, l’isola piomberebbe in una sorta di Medio Evo contemporaneo: “l’ultima volta che Tsai ha inneggiato all’indipendenza è stato alla fine del 2008".

Ma i giorni di proteste significative contro la politica di Ma ormai sono finiti da tempo. Se Tsai si dovesse muovere contro la Cina, finirebbe per avere manifestazioni contrarie, attirando effetti negativi sull’economia di Taiwan e per tutti i taiwanesi. Gli investitori sarebbero nervosi di fronte alla caduta del mercato azionario locale, che avverrebbe in un batter d’occhio”.

Secondo il Global Times, la vittoria democratica metterebbe in ginocchio Taiwan: “un colpo verrebbe inflitto anche agli esportatori, alle banche, al settore del turismo e dell’agricoltura. Il tasso di disoccupazione già relativamente elevato, aumenterebbe, e mantenere l’attuale crescita del PIL di circa il 4,5% sarebbe una speranza vana”.

Nel frattempo le elezioni hanno scosso tutta la comunità taiwanese presente in Cina. Circa 180mila uomini d’affari residenti nella Cina continentale, starebbero tornando sull’isola proprio per partecipare al consulto elettorale.

Il terzo incomodo
La stampa taiwanese parla già di fattore James Soong. Il navigato politico alla guida del People First Party sarà il terzo incomodo nelle elezioni presidenziali fissate per domenica, ago della bilancia tra i nazionalisti dell’attuale presidente Ma Ying-jeou e i democratici guidati da Tsai Ing-wen che in caso di vittoria potrebbe diventare la prima donna a guidare il governo dell’isola.

Fino allo scorso novembre Ma era in testa a tutti i sondaggi, un vantaggio che negli ultimi mesi si è ridotto dopo la candidatura di Soong. I commentatori statunitensi, che guardano con attenzione  al voto nell’isola dal 1949 di fatto indipendente da Pechino che la considera una regione ribelle, hanno già paragonato il sessantanovenne politico a Ralph Nader. L’eterno terzo candidato americano che nel 2000, conquistando100mila preferenze in Florida, in gran parte scippate al democratico Al Gore, aprì le porte della Casa Bianca a George W. Bush.

Il campo da cui Soong andrà a pescare i voti potrebbe essere proprio quello nazionalista. Ex funzionario del Kuomintang (Kmt) lasciò il partito di Ma nel 2000 per correre da indipendente alle elezioni. La divisione all’interno dell’alleanza blu fu una delle cause della vittoria del Partito democratico progressista (Pdp) e del presidente Chen Shui-bian al governo fino al 2008 e ora in carcere dove  sta scontando una condanna a 17 anni e mezzo per corruzione sebbene domenica abbia fatto la sua prima apparizione pubblica dall’inizio della detenzione durante un permesso per partecipare ai funerali di un parente.

Al centro della sfida ci sarà Taichung, da sempre roccaforte del Kmt e allo stesso tempo base elettorale di Soong che dodici anni fa conquistò in città il 38 per cento delle preferenze e il 41 per cento nell’intera contea. Ma secondo gli analisti potrebbe essere sufficiente un 5 per cento per far scemare l’obiettivo della rielezione per il leader del KMY.

Domenica Ma si dovrà preparare a una dura battaglia, non soltanto contro Tsai, ma anche contro Soong che sicuramente potrebbe attirare molti degli elettori che altrimenti sceglierebbero il presidente”, ha detto al South China Morning Post il politologo Chang Ling-chen della National Taiwan University, “Dopo l’uscita di Song dal Kmt i suoi sostenitori sono in gran parte rimasti nel campo nazionalista, a questo punto tuttavia anche un solo voto in più per Tsai potrebbe essere decisivo”.

Tanto più per il crescente scontento dei cittadini di Taichung verso il sindaco nazionalista che sta pagando il dilagare della guerra tra bande rivali nella città con il conseguente slittamento delle intenzioni di voto verso il Pdp. Per riconquistare la fiducia Ma Ying-jeou ha impostato la campagna elettorale in queste aree sul pragmatismo e sulla necessità di garantire stabilità e continuità esortando i taiwanesi a non farsi conquistare dall’emotività scegliendo l’alternativa Soong.

In questo senso il capo di Stato ha avuto il sostegno di alcuni sostenitori del rivale, tra cui Fu Kun-chi, un importante funzionario della contea orientale di Hualien. “La crisi nell’Eurozona sarà un test cruciale per Taiwan”, ha sottolineato durante un comizio, “Per garantire il nostro futuro dobbiamo sostenere con coraggio Ma”. L’economia e non la politica di riavvicinamento alla Cina continentale sostenuta in questi quattro anni dai nazionalisti sembrano dominare la campagna elettorale.

Sebbene l’economia taiwanese, sostenuta dalla Cina, sia cresciuta di oltre i 10 per cento nel 2010, toccando il record degli ultimi 24 anni, crescono anche le ineguaglianze che i detrattori di Ma imputano all’accordo di cooperazione economica con la Repubblica popolare firmato a luglio del 2010.

[Foto credits: blog.daum.net]