Spartiti Rossi – Indie e musica indipendente: un confronto tra Cina e Taiwan

In Spartiti Rossi by Redazione

La scena indie in Cina e Taiwan presenta due complesse espressioni musicali in apparenza simili ma in realtà diverse. Un riflesso della rimodulazione del concetto di “musica indipendente” in corso in tutto il nord est asiatico. Spartiti Rossi, la rubrica sulla musica cinese a cura di Stefano Capolongo

Chi si interessa della Repubblica Popolare Cinese non può prescindere dal rapporto sempre più teso tra Cina continentale e Taiwan. Una relazione, quella tra “le due Cine”, che da sempre ha dato vita a dibattiti più o meno aperti e trasversali e che è presente anche in ambiti apparentemente lontani dalla materia strettamente geopolitica ed economica. Basti pensare all’arte indipendente, al cinema o alla musica. Sì, anche in seno a quest’ultima, specie quella indipendente, l’arena del web ospita sempre più spesso discussioni sulle affinità-divergenze tra due complesse espressioni musicali in apparenza simili ma in realtà diverse. Su siti di Q&A come Zhihu o Quora compaiono spesso domande come 为什么台湾流行音乐比大陆强? Ovvero “Perché la musica pop taiwanese è più forte rispetto a quella cinese”?, 为何台湾这等弹丸之地能孕育出如此多的优秀独立乐队小众乐团? “In che modo Taiwan, un posto così piccolo, ha visto nascere così tante band indipendenti eccezionali?” o addirittura为什么好听的的歌都来自台湾歌手? “Perché le belle canzoni vengono tutte da Taiwan?”

Trovare una riposta a domande come queste è un lavoro piuttosto arduo se non impossibile. Tuttavia, tendere un orecchio e provare ad analizzare ciò che la musica produce, specie se sul fronte “indipendente”, e come essa viene recepita dai locali è un modo per osservare i cambiamenti di cui parlavamo, in maniera trasversale.Ma andiamo per ordine. Dal 1987 poi, anno della fine della legge marziale a Taiwan, la musica popolare dell’isola comincia a fare il suo ingresso nel continente: il mandopop, figlio dell’esperienza delle campus folk songs, dell’enka giapponese, del Minnan pop (Taiyu gequ, 台语歌曲) diventa immediatamente terreno di scontro. Lungo tutti gli anni Novanta, complice anche il post Tiananmen, il mandopop taiwanese viene visto con sdegno e diffidenza e possibile insidia per l’identità nazionale cinese (si pensi a figure come Teresa Teng e, qualche anno dopo, Jay Chou). Nel 1991 il musicologo Leng Sui Jin lo commentava così: “I testi sono pieni di incitamenti sessuali e riferimenti dissoluti e licenziosi [. . .] L’uso di ritmi forti e suoni scivolosi rafforza gli effetti della frivolezza e dell’eccitazione sessuale [sic]. Il declino morale, una vita sprofondata nell’ubriachezza e nei sogni, e il comportamento isterico sono tutti mostrati attraverso l’uso di grandi trilli ondulatori di canne e meditazioni gutturali di sassofoni”.

Sarà l’avvento del nuovo millennio però a portare a galla il concetto di musica indipendente. Ma ha senso usare il termine indipendente per Cina e Taiwan? Decisamente sì. Poiché sebbene dalle nostre parti i contorni stanno ormai sfumando, dopo il breve fiorire delle etichette indipendenti nella prima metà degli anni Novanta, gli ultimi 5-10 anni hanno visto un ritorno del concetto di indie in contrasto con la polarizzazione della musica (rock, pop, rap) intorno a poche ed enormi major. Indie quindi non solo come attitude e stile ma anche (e ancora) come alternativa. Ampliando e rimodulando le domande iniziali, dunque, ci si può chiedere come mai ascoltando band taiwanesi come No party for Cao Dong, Deca Joins, Sunset Rollercoaster, Elephant Gym, My Little Airport ci si renda conto di avere a che fare con progetti articolati, completi e pronti per un mercato internazionale più di molti omologhi continentali. Le ipotesi sono tra le più varie. Alcune scavano nella storia, altre sono più legate al presente.

Condizioni naturali

La posizione geografica centrale ma isolata, ad esempio, ha esposto Taiwan agli influssi culturali esterni più vari che, unitamente a quelli delle popolazioni autoctone ha arricchito lo spettro formativo dei musicisti taiwanesi. Mountain Songs, Hakka Songs, Protest Songs sono solo alcune delle forme in cui temi come inquinamento ambientale, identità culturale, protesta sociale sono state messi in musica. Oggi la musica indipendente dell’isola è ricca di giovani che rielaborano quelle radici per farne prodotti nuovi, la sola Huang YuHan (黃宇寒) lo scorso anno è stata nominata per i Golden Melody Awards come “Best Hakka Singer”, “Best Hakka Album” e “Best Album of the Year”.

Politica

L’influenza delle scelte governative nei confronti della musica è un fattore estremamente importante. Nella Cina continentale recentemente alcune venue (MAO, Yuyintang) hanno beneficiato di una politica di regolarizzazione dell’esercizio ma parallelamente molti spazi più piccoli (The shelter e Basement6 a Shanghai ad esempio) hanno dovuto chiudere per mancanza di coordinamento col governo locale. La progressiva scomparsa di quelle che negli anni del fiorire del rock e del punk sono state il terreno sperimentale per la musica indipendente segna un gap enorme con quanto succede a Taiwan. Qui, appena due anni fa il ministero della cultura ha stanziato quasi 25 milioni di yuan a sostegno delle band locali. Tra esse anche tante band indie (ad esempio di The Fur o i The chairs che hanno ricevuto 700 mila yuan ciascuno). Un mecenatismo di stato che crea un inevitabile fermento artistico.

Censura

L’obiettivo cinese di riportare Taiwan sotto la propria egida fa sì che il continente ospiti spesso nei propri festival o nelle patrie venue band provenienti dall’isola. L’aspra opposizione di Taipei, invece, ha reso il processo inverso molto raro. Questa sorta di veto, sebbene collochi le band taiwanesi su un piano di vulnerabilità, rende molto difficile alle band cinesi uscire dal continente e presentarsi al mercato internazionale.

Tematiche

Infine una piccolissima osservazione alle tematiche trattate dalle band indie taiwanesi. Sebbene ancora spesso criticate poiché legate ad una percentuale sbilanciata di elementi maschili al loro interno, godono di una complessiva maggiore libertà espressiva. Se immaginare il perché è un esercizio piuttosto facile ciò non deve far pensare che le omologhe band continentali vivano una continua tagliola repressiva. Tuttavia, se si ha la pazienza di mettere a confronto i testi delle band che stanno definendo il nuovo concetto di indie cinese come Schoolgirl Bye Bye, Chinese Football, Zoogazer con le taiwanesi Deca Joins, Sorry Youth, Easy Weeds, Accusefive ci si accorgerà di quanto le seconde, mutatis mutandis, siano rispetto alle prime meno escapiste e più vicine a temi di natura umanistica, psicologica e genuinamente umana. Pensando ad un immaginario e a tratti paradossale fil rouge, è come se nell’indie rock taiwanese degli ultimi anni rivivano mostri sacri del rock continentale come He Yong, Dou Wei, Cui Jian. A Pechino, Shanghai, Wuhan, Xuzhou invece la musica indipendente, sebbene tecnicamente in continua crescita, sembra vivere una stagnazione ideologica sotto i colpi di grandi label-lobby.

Da un punto di vista generale, tuttavia, resta da capire quanto ancora, anche a Taiwan, si possa parlare di musica indipendente. Può ancora definirsi Indie (duli, 独立) chi riceve sussidi statali? O basterebbe definirsi alternativi (linglei, 另类)?
Fermo restando che esista una diffusa attitudine DIY (specie post Covid) e un disallineamento rispetto alle major, sembra che anche in questa parte dell’Asia il significato di musica ‘indipendente’ si stia rimodulando. Se una volta equivaleva anche a non essere popolari, non ricevere nessun premio e avere un pubblico ristretto, oggi, nell’era dei social, del live streaming e dei talent questa tendenza sembra ormai tremendamente anacronistica. Il momento è storico per le due Cine e la sensazione di trovarsi al centro di un processo di cambiamento si riflette anche in musica. Una vecchia concezione sta per cadere. Sta per nascere un nu-indie?

Di Stefano Capolongo (Cinesedabao)