Spartiti rossi – Di musica e sanità mentale: la battaglia di Pang Mailang

In Cina, Cultura, Spartiti Rossi by Redazione

我听见他们说这里不再属于我
Li ho sentiti dire che questo posto non mi appartiene più
我听见他们说这里不再是过去
Li ho sentiti dire che qui non è più il passato

跟着我走我可以打败它
seguimi, posso batterlo
我可以打败它
posso batterlo

我想这就是末日浩劫
penso che questa sia l’apocalisse
我想这就是它们的世界
penso che questo sia il loro mondo

Chi scrive queste parole, più precisamente il testo di una canzone, è Pang Mingtao, cantante cinese tornato sotto i riflettori negli ultimi mesi. Queste parole dal taglio vagamente persecutorio si trovano all’interno del brano 打败它 (tradotto più o meno come “sconfiggerlo”) contenuto nell’album 旧金属 (Old metal) del 2012. A dirla tutta, è l’unico album targato Pang Mailang (uno dei suoi molteplici nomi d’arte), lo stesso in cui è contenuta la famosissima – almeno in Cina – 我的滑板鞋 (My skate shoes).
Lo scorso 12 marzo il suo agente Bai Xiao, tramite un video caricato su Weibo, ha diffuso la notizia che il cantante, in seguito a un peggioramento delle sue condizioni psicofisiche, è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico per intraprendere un periodo di terapia. Una decisione certamente necessaria. Infatti Pang, che ha avuto una perdita di peso consistente (da 70 a 40 kg), rappresenta un rischio per gli altri, ma soprattutto per se stesso, poiché ha manifestato tendenze suicide. Secondo quanto raccontato da Bai nel video, le cause dello stato psicofisico del cantante sarebbero da attribuire alla crudeltà di alcune persone che per anni sul web avrebbero esercitato violenza psicologica nei confronti di Pang.

Ma chi è Pang Mailang? Nato nello Shaanxi, più precisamente ad Hanzhong nella contea di Ningqiang 陕西汉中宁强县, cresce in un contesto rurale all’interno di una famiglia di contadini dai mezzi economici limitati. Ma decide di fuggire da quel mondo che per anni non ha compreso le sue aspirazioni artistiche. Si muove così, per la prima volta nel 2008, verso Pechino alla ricerca di un’etichetta discografica, con in tasca 6000 Yuan e una dozzina di canzoni. Ma questo primo tentativo non è andato come sperato: solo nel 2013 riesce a farsi notare dalla Huashu records, con la quale registra il pezzo che lo avrebbe reso famoso.


Si tratta di un calderone fatto di funk, elettronica, folk, dance. A vederlo così, stonato, scoordinato, per nulla adone (insomma l’esatto contrario del 高富帅 alto-ricco-bello) si sarebbe potuto derubricare a comune 屌丝 diaosi, epiteto molto in voga qualche anno fa per indicare il perdente, il loser. Ma il brano “My Skate shoes” diventa virale – come spesso accade per le robe weirdo – creando curiosità diffusa e regalando a Pang una inaspettata celebrità. Così tanto che nelle interviste comincia a rinnegare le proprie umili origini, raccontando invece di essere nato a Taiwan e cambiando il proprio nome in maniera impacciata in un improbabile Joseeh Punmanlon. Tuttavia, all’interno di quello che pare solo uno sbilenco nonsense c’è una complessa trama di sentimenti umani che si scontra con la loro stessa esposizione pubblica.

Prendiamo in considerazione citazione in apertura di questo articolo. È evidente l’eterna lotta con le origini, simboleggiate da una famiglia che non riuscirà mai a colmare il gap generazionale che la separa dal figlio e che, quindi, non comprenderà mai appieno le sue istanze artistiche. Ciò che nasce è una solitudine fragorosa che traspare da ogni brano del disco “Old Metal”, che il regista Jia Zhangke, parlando di Pang Mailang, ha definito come solitudine accurata (准确的孤独).
A questo punto è normale chiedersi cosa succeda a un artista quando è sopraffatto dalle sue stesse capacità e viene divorato da una macchina più grossa di lui. Pang, testimone fragilissimo delle contraddizioni cinesi, diventa un fenomeno di internet in breve tempo, tanto che le piattaforme cominciano a fagocitare e rigettare fuori i suoi brani, le sue movenze, le sue peculiarità sterilizzando completamente il personaggio e mettendo alla berlina molti dei suoi comportamenti.

“Uno su mille ce la fa” così diceva una vecchia canzone italiana, perché spesso è nel momento di massima esposizione mediatica che la stabilità comincia a vacillare. Ed è proprio il caso di Pang Mailang. Dopo una breve crush col pubblico, il cantante comincia a essere seguito solo per la sua “bruttezza”, quasi fosse uno specchio distorto grazie al quale molti dei netizens cinesi potessero sentirsi migliori, più belli, maggiormente realizzati e complessivamente più sani. Ma Pang Mailang non è più quel Van Gogh geniale e autodistruttore che molti credevano. Lo si può invece considerare più un bluff commerciale, capace solo di arricchirsi vendendo una linea di scarpe da skate: il suo grido d’aiuto, così presente in ogni sua traccia, viene soffocato e il suo inferno personale comincia a tornare prepotente in superficie.

Dopo un breve successo commerciale dovuto all’uscita dell’album e ad alcuni concerti, Pang comincia gradualmente a sparire dalle scene e a rifiutare interviste fino al 2018, anno in cui gli viene diagnosticata la schizofrenia.
Pochi giorni fa Pang è uscito dal suo “rehab” e in un’intervista a The Paper, in cui è apparso incredibilmente mansueto e docile, ha affermato il suo desiderio di ricominciare a esibirsi, dimenticando le critiche e il dolore inflitti dal pubblico negli anni passati. Parole che somigliano a un salvacondotto di velluto, che altro non fanno che sottolineare come in Cina la malattia mentale sia ancora stigmatizzata e il suo trattamento soffocato. Giunto al bivio tra omologazione e identità personale, Pang ha scelto di cantare in maniera dettagliata il proprio abisso interiore senza indossare maschere perfette e incoerenti. Ed è lui stesso a cantarlo nella title track che chiude il suo album 旧金属:

撕下你的伪装粉碎你的阴谋
Strappa il tuo travestimento e distruggi la tua cospirazione
让你再也找不到回去的出口
Che non trovi mai l’uscita per tornare indietro

 

Di Stefano Capolongo*

*Gestisce su Instagram la pagina cinesedabao, in cui racconta la musica cinese e quello che succede oggi in Cina attraverso i caratteri e i loro mutamenti