SINOLOGIE – Restorative Justice e conciliazione

In by Simone

La tesi La conciliazione penale negli ordinamenti giuridici cinese e taiwanese paragona l’istituto in cui è centrale il pentimento del reo nelle tradizioni giuridiche dei due paesi e ne esamina la genesi fino a rintracciarne le radici confuciane.Sono proprio principi di armonia sociale e la “cultura del perdono” a fare da perno e stimolo per strumenti giuridici quali la xingshi hejie.
La ricerca si interessa della conciliazione penale nei due sistemi normativi della Repubblica Popolare Cinese e della Repubblica Cinese di Taiwan, l’esame degli istituti attivi nei due ordinamenti richiamati è giustificato dal fatto che ci permette un’osservazione della medesima tradizione giuridica come implementata in due nazioni che hanno intrapreso strade molto differenti da meno di un secolo, permettendo così un esame più approfondito riguardo l’influenza della tradizione sulla attuale conciliazione penale, capace di ripresentarsi in forma moderna in due realtà molto differenti fra loro.

Gli istituti conciliativi esaminati hanno alla base una scelta consentita al soggetto imputato per reati di minore gravità ed alla vittima del reato da quest’ultimo commesso di attivare una procedura conciliativa, con il consenso del giudice e della controparte pubblica, per ottenere un giudizio meno severo al termine del processo. Si tratta di procedure che, nella maggior parte dei casi, necessitano venga offerta da parte del colpevole una compensazione economica in favore della vittima del crimine, nonché nelle quali risulta spesso centrale il pentimento del reo e le sue scuse formali nei confronti del soggetto passivo del reato.

La conciliazione penale in lingua cinese viene definita xingshi hejie, 刑事和解, l’istituto rappresenta una realtà molto significativa e diffusa sia nella Cina popolare che a Taiwan; nel testo vengono esaminati i reati cui si rivolge la conciliazione penale e la procedura prevista per il raggiungimento dell’accordo conciliativo, per poi presentare alcuni esempi di concreta implementazione di pratiche di Victim-Offender Reconciliation nella realtà della Cina continentale e in quella della Cina di Formosa.

Le basi giuridiche su cui si fonda la moderna xingshi hejie sono rappresentate da norme di legge piuttosto vaghe, destinate ad essere integrate da normative di dettaglio di rango inferiore oppure dalla discrezionalità del singolo giudicante, questo per il semplice fatto che la conciliazione in ambito penale è destinata a fallire in un ambiente normativo soffocante e, inoltre, tale indeterminatezza è funzionale a garantire la personalizzazione del trattamento in relazione al singolo reo e al contesto locale considerato.

Nella Repubblica popolare cinese la conciliazione ha sede all’interno del processo civile per danni da reato, dove l’adesione alla procedura conciliativa è rimessa ad un esplicito consenso da parte della persona offesa che, in forza del pentimento del reo e delle condotte riparatorie da questi poste in essere nei suoi confronti, può accettare, con l’avallo dell’accusa, una proposta conciliativa la quale costituirà causa di esclusione della punibilità al termine del processo penale.

Sebbene la normativa statale non preveda un intervento diretto dei People’s Mediation Committees nella procedura, non è raro che le singole amministrazioni si appoggino alla grande esperienza sviluppata da questi organismi per la materia civile al fine di elaborare forme più organiche e spesso originali di conciliazione penale in ambito locale.

Nella Cina di Taiwan il meccanismo conciliativo, pur simile a quello della Cina continentale, si basa su un diverso espediente giuridico: il codice penale dell’isola contiene un duplice ordine di attenuanti, il cui utilizzo congiunto consente, nel caso in cui ci si trovi di fronte a un colpevole che dimostri “vero pentimento” per le proprie azioni criminose, una diminuzione della pena fino alla sua completa esclusione. Il percorso di conciliazione fra vittima e reo a Taiwan è seguito e incoraggiato da appositi conciliation board pubblici, ed usualmente il raggiungimento di un accordo è confortato in giudizio dall’applicazione di entrambi gli ordini di attenuanti, così da annullare il trattamento sanzionatorio.

Il successo di tali pratiche porta infine a ritenere che probabilmente nella realtà cinese esista qualcosa di più rispetto al semplice scambio economico (compensazione-sconto di pena) a fondamento del meccanismo della xingshi hejie: un elemento in grado di qualificare la diade scuse-perdono alla base della conciliazione penale e che va forse ricercato proprio nella millenaria tradizione confuciana, che fa dell’armonia fra gli uomini il massimo dei valori.

A sostegno di questa ipotesi vi è l’introduzione della xingshi hejie nel novero delle pratiche di restorative justice, teoria del diritto secondo la quale i diritti della vittima e il recupero del reo alla società dovrebbero trovare un ruolo più centrale all’interno del procedimento penale.

John Braithwaite, uno dei massimi teorici della giustizia ristorativa, riconosce nel celebre filosofo cinese Confucio il pensatore probabilmente più influente nella materia, e riporta a sostegno della sua tesi una significativa frase dei suoi Dialoghi:

One of Confucius’s best-known views is that “if the people be led by laws, and uniformity sought to be given them by punishments, they will try to avoid the punishment, but have no sense of shame” (Confucius 1974, p.161). In opposition to his contemporaries, he was against capital punishment (pp. 92-93, 98). Reciprocity, mutuality, and harmony were central to his ways of seeing.”

Alla luce di queste premesse nell’elaborato viene esaminato il ruolo della tradizione, in particolare quella confuciana, nel formare e nel determinare il successo di questo istituto essendo ancora da molti dibattuta l’influenza reale della tradizione giuridica cinese sugli istituti attuali di giustizia riparativa e in particolare sulla conciliazione in ambito penale; la ricerca può aiutare a comprendere quanto la moderna xingshi hejie debba alla tradizione, in particolare alla filosofia confuciana e ai suoi principi.

Data la scarsità di fonti in materia è stata pertanto posta in essere una ricerca sul campo, che ha portato alla realizzazione di sei interviste nel giugno del 2010 a Taipei, presso la National Taipei University, e a Nanchino, presso la Nanjing University. Le interviste hanno consentito di approfondire in particolare i temi del ruolo della tradizione nella disciplina della moderna xingshi hejie, delle motivazioni che spingono la vittima e il reo a scegliere questo procedimento mediativo e delle prospettive future riguardo questo istituto. Oltre a ciò le interviste si sono rivelate un utile strumento per conoscere più a fondo la realtà della conciliazione penale taiwanese, riguardo alla quale è stato scritto molto poco in una lingua diversa dal cinese tradizionale.

Nell’elaborato vengono inoltre prese in considerazione ulteriori esempi rilevanti e originali di mediazione in ambito penale nonché infine la situazione italiana, esaminando le differenze ed i punti di contatto rispetto fra quest’ultima e realtà orientale.

Da ultimo si esaminano ulteriori le sfide che il futuro riserva agli istituti esaminati, in particolare è necessario domandarsi se le trasformazioni sociali ed economiche che sta oggi affrontando la società cinese possano minare i legami comunitari che sono alla base del successo dei meccanismi di conciliazione penale, oppure se l’esempio cinese sopravvivrà ai cambiamenti, proprio in ragione del ruolo che in esso svolge la tradizione giuridica cinese, di cui si sottolinea ancora una volta l’importanza nel concludere; con i suoi principi di armonia sociale e la sua “cultura del perdono” è proprio questa tradizione a fare da perno e stimolo per strumenti giuridici quali la xingshi hejie.

*Riccardo Berti riccardo.berti.vr[@]gmail.com Laureato in giurisprudenza all’Università degli studi di Trento nel 2010 con tesi dal Titolo "La conciliazione penale negli ordinamenti giuridici cinese e taiwanese" valutata 110/110 con lode, nel dicembre 2011 ho partecipato al 3rd Asian Criminological Society annual meeting Taipei presentando un paper dal titolo “Xingshi Hejie: criminal conciliation in People’s Republic of China and in Taiwan”.

** Questa tesi è stata presenta all’Università di Trento. Relatore: prof. Ignazio Castellucci

[La foto di copertina è di Federica Festagallo]