La tesi Ying’er di Gu Cheng, si può parlare di Chengloumeng? mette a confronto l’opera di Gu Cheng con il Sogno della camera rossa e mette in evidenza il complicato rapporto del giovane poeta con il genere femminile e la sua incapacità di crescere. Proprio come nel romanzo classico del XVIII secolo.
Nato a Pechino nel 1956, Gu Cheng è uno dei poeti più noti della Cina contemporanea, conosciuto e ammirato in special modo per i contributi che diede negli anni Ottanta alla neonata corrente della poesia oscura. I suoi componimenti hanno ottenuto consensi e sono stati tradotti e pubblicati in diversi paesi, ma la stessa sorte non è toccata al romanzo autobiografico a cui si dedicò nel 1993: Ying’er.
Scritto a Berlino, esso racconta gli ultimi tre anni di vita di Gu Cheng e, in un insieme di confusi ricordi e sensazioni, rivive il periodo che egli trascorse in Nuova Zelanda insieme a sua moglie Xie Ye e alla sua amante Li Ying. Oltre all’analisi dell’opera, il presente lavoro mira ad analizzare il dialogo originale e contraddittorio che Gu Cheng istaurò con uno dei capolavori della letteratura cinese, cioè Il sogno della camera rossa, e come questo dialogo emerga dal suo romanzo.
La maggior parte delle trattazioni relative a questo paragone sembra tralasciare due fattori: in primo luogo alcune importanti considerazioni sul vissuto di Gu Cheng la sua esperienza personale, il momento storico cruciale in cui visse; in secondo luogo il fatto che, nel romanzo Ying’er, esiste un Gu Cheng “personaggio”, che è sì frutto della sua stessa penna, ma non è reale. È vero che si tratta di un’opera autobiografica e che i suoi contenuti corrispondono in gran misura alla realtà, ma leggendo Ying’er e Il sogno della camera rossa ci muoviamo nello stesso ambito: quello della finzione letteraria. Ciò mette Jia Baoyu e Gu Cheng sullo stesso piano, ed è questo che ne permette il confronto. Spesso si tende a omettere tale riflessione e Ying’er viene lasciato da parte. Qui, invece, lo sguardo è sempre puntato su Ying’er, nel tentativo di comprovare ogni affermazione con riferimenti all’opera e citazioni.
IL RAPPORTO CON IL MONDO FEMMINILE
Il numero di fanciulle di cui Gu Cheng si circonda non è certo tanto numeroso quanto quello di Baoyu, ma non è da circoscrivere alle figure di Ying’er e Leimi (pseudonimi di Li Ying e Xie Ye). Non è un caso, infatti, che la maggior parte dei vicini di casa e degli amici che l’autore nomina in diverse circostanze sia di sesso femminile.
La presenza di un gran numero di donne costituisce un elemento in comune tra Ying’er e l’Hongloumeng, ma non può bastare a mettere in relazione i due romanzi. Per far ciò, sembra necessario valutare il rapporto tra i due protagonisti e il mondo delle donne, esaminandolo a due livelli: quello “teorico” e quello “pratico”.
Quanto alla teoria, in un’intervista del 1992 rilasciata a Marian Galik, il poeta, facendo eco alle parole che Jia Baoyu pronuncia nell’Hongloumeng, si lancia in una vera e propria “ode alla donna”, nella quale sembra trovarsi in perfetta sintonia con le opinioni di Baoyu, arrivando persino a considerare le due donne più importanti per il ragazzo, cioè Lin Daiyu e Xue Baochai, come il prototipo della perfezione femminile.
Tuttavia, se si prende in esame Ying’er, questo netto parallelismo cambia completamente prospettiva: la “romantica venerazione” che Gu Cheng aveva espresso nel dialogo con Galik lascia il posto a opinioni ben diverse. Sfuggenti, intriganti, dispotiche e frivole sono solo alcuni degli aggettivi che l’autore utilizza per descrivere le donne, e in generale le sue parole sembrano sempre colme di risentimento.
Il brusco cambio di opinioni di Gu Cheng si riflette, in Ying’er, sul comportamento che il poeta attua nei confronti della moglie e dell’amante. Il passaggio dall’adorazione per le sue donne all’odio per Li Ying e alle provocazioni lanciate a Xie Ye riempie le pagine del libro, tra minuziose descrizioni di rapporti sessuali con la prima e la trasformazione dell’altra in una donna esautorata da ogni ruolo: non più moglie e non più madre, poiché il poeta aveva anche allontanato Samuel per godere di tutte le sue attenzioni. Gu Cheng è un marito che detta legge, che destituisce la moglie, che rifiuta suo figlio e si procura una giovane “concubina”: più che somigliare a Jia Baoyu, sembra simile al padre o ad uno dei tanti altri uomini de Il sogno della camera rossa.
WAIHEKE E IL GIARDINO DELLA VISTA FIORITA
L’isola di Waiheke e il Giardino della Fiorita Vista sono i luoghi dove Gu Cheng e Jia Baoyu vivono la maggior parte gli eventi narrati nelle due opere. Sebbene esteticamente molto diversi (una terra di aborigeni con case fatiscenti l’una e una lussuosa dimora costruita per la concubina imperiale l’altra), il ruolo simbolico che svolgono è estremamente simile: essi costituiscono lo spazio delle donne, in cui Cheng e Baoyu sono gli unici esseri di sesso maschile; le attenzioni delle fanciulle si concentrano completamente su di loro; sono posti lontani dal resto del mondo, anzi, sono veri e propri mondi a parte; e sono, infine, i luoghi della giovinezza, del gioco e della poesia.
Felicità e benessere di Gu Cheng e Jia Baoyu dipendono completamente da ciò che accade tra quelle mura. Non solo: a dispetto dell’idilliaca visione che ne avevano Gu e Baoyu, proprio quegli spazi meravigliosi si trasformano, in poco tempo, in luoghi di abbandono e di morte. E per quanto Gu Cheng avesse voluto imitare Baoyu, forse non immaginava che perfino l’epilogo del suo nü’er guo fosse come quello del ragazzo.Il silenzio e la disperazione piombano inesorabili sui due luoghi, spingendo i protagonisti ad un dialogo sempre più serrato con la morte.
IL RUOLO DELLA POESIA
Basta scorrere velocemente il romanzo di Cao Xueqin per rendersi conto della moltitudine di componimenti poetici che l’autore vi inserì: la maggior parte dei personaggi, almeno una volta nell’opera, si esprime attraverso una poesia, e sono in particolar modo Jia Baoyu e Lin Daiyu a manifestare i loro sentimenti in questo modo. La grande quantità di composizioni, oltre a dar prova della maestria dell’autore nel comporre versi in stili, lunghezze, linguaggi differenti, dimostra la multifunzionalità del mezzo poetico. Semplificando molto un tema che meriterebbe uno spazio più ampio in una trattazione apposita, si è cercato di raggruppare i ruoli della poesia nell’Hongloumeng in quattro ambiti: la poesia come espressione dei sentimenti dei protagonisti; come mezzo di descrizione e di commento; come linguaggio proprio del mondo religioso; e, infine, come diletto.
Quanto a Gu Cheng, comporre versi era, per lui, una specie di necessità: una raccolta del 2007, partendo dal 1968 fino all’anno della sua morte, conta più di 200 poesie. Anche in Ying’er egli non rinunciò al mezzo poetico, e molti dei capitoli dell’opera sono anticipati da qualche verso composto appositamente per introdurre quella parte di testo, oppure tratto da componimenti precedenti. Avvolte da una pesante aura di negatività e presentando sempre figure di demoni, mostri, ombre o assassini, sembrano rime scritte appositamente per far presagire i futuri tragici eventi che assaliranno l’autore. Vi è una poesia, infine, che merita particolare attenzione e che costituisce un intero capitolo di Ying’er: si tratta di Gui jin cheng you jin cheng [Uno spettro entra e rientra in città], vera e propria metafora della vita dell’autore e del suo tentativo fallito di restare al sicuro nel suo nü’er guo, lontano dal resto degli uomini e della società tutta.
INFANZIA: L’AMORE COME GIOCO
Negli anni ‘80, all’apice della sua carriera poetica, Gu Cheng veniva chiamato “il poeta bambino” (tonghua shiren, lett. Il poeta delle fiabe). Questo soprannome era dovuto alla semplicità artistica del poeta: i suoi versi, spesso ispirati alla natura e alla quotidianità, possedevano un linguaggio e dei termini così semplici che chiunque sarebbe stato in grado di leggerli. Paradossalmente, però, questa chiarezza sintattica non si rifletteva sul piano semantico, e per questa ragione i suoi testi vennero a buon diritto inseriti tra quelli degli altri poeti oscuri.
Ma le caratteristiche della sua “poetica di fiaba” non corrispondono a quelle della prosa: leggendo Ying’er si nota che l’abbandono, da parte di Gu Cheng, della dimensione infantile riguardo al modo di scrivere non coincide con un cambiamento del suo modo di percepire la realtà. In altre parole, alla “crescita” artistica dal punto di vista letterario non sembra far seguito una crescita psicologica.
L’amore è, per il poeta, vissuto in una dimensione estremamente puerile e ciò è testimoniato dagli epiteti con cui Gu si riferisce a Ying’er: ragazzina (guniangjia), bambina (nü’er, xiaonüzi o nühaizi), tesoruccio (wode baobei) e mai donna (nüzi o nüren). Proprio come se si trattasse di un rapporto tra due bambini, inoltre, Gu descrive l’amante come ting haowande (molto divertente), zhen shi haowan (davvero divertente), nühai zhen haowan (una bambina divertente), cioè utilizzando il carattere wan: gioco.
In moltissime pagine del’opera, Gu Cheng rifiuta di percepire Li Ying come una donna adulta e, nel tentativo di sottolineare di continuo che Ying’er “semplicemente sembra sempre una bambina”, non fa che paragonare la sua situazione a quella di Jia Baoyu. Il ragazzo, le sue sorelle e le sue cugine rimangono bambini per quasi tutto il romanzo e quelli sono gli anni della felicità, della spensieratezza, della poesia. Baoyu è fermamente convinto del fatto che, una volta cresciute e in età da marito, tutte le “sue” donne lo abbandoneranno per seguire il loro triste destino, ed è per questo che, nonostante le pressioni del padre, evita di interrogarsi sul suo futuro.
Lo strenuo tentativo di Gu Cheng di perpetuare gli anni della giovinezza in età adulta e l’instaurarsi di una relazione amorosa tanto infantile non possono essere visti soltanto come sforzi per avvicinarsi alla figura di Jia Baoyu. Le motivazioni di questi suoi comportamenti vanno ricercate negli anni della sua infanzia: in primo luogo i segni di squilibrio che caratterizzarono tutta la sua vita e che lo tormentarono fin da bambino, seguiti dai vari tentativi di suicidio noti a tutti coloro che lo conoscevano. In secondo luogo, le atrocità della Rivoluzione Culturale che lo avvilupparono da quando aveva solo dieci anni. Infine, il difficile rapporto coi suoi genitori, troppo occupati nelle fila del Pcc per poterlo aiutare.
L’AFFETTO MATERNO
Anche Jia Baoyu ha un rapporto burrascoso con i genitori: suo padre lo terrorizza e non esita a picchiarlo ad ogni sgarro, mentre la madre si lamenta spesso di aver perso il suo primogenito, di certo migliore di Baoyu sotto ogni aspetto. Lui e Gu Cheng sperimentarono entrambi la mancanza dell’affetto materno, ma laddove il ragazzo aveva una moltitudine di servette e sorelline pronte a consolarlo, Gu decise che, una volta sull’isola, si sarebbe ripreso quell’affetto che gli era mancato da piccolo, rimpiazzando la figura della madre con quella di Xie Ye, sua moglie. Questa decisione sembra essere appoggiata, in Ying’er, non solo da Li Ying, che iniziò a percepire la donna come importante punto di riferimento; ma, stranamente, da Xie Ye stessa: nelle sue pagine dell’opera (l’ultima parte del romanzo è scritta da lei), la donna sembra spiegare che la rinuncia a suo figlio Samuel, per quanto dolorosa, è stata necessaria per il bene del suo “figlio adottivo”: Gu Cheng.
LA SOCIETA’
Per rapporto con la società si intende il tipo di relazione che Gu Cheng e Jia Baoyu stabiliscono con il mondo esterno ai loro nü’er guo. Caratteristica comune è l’odio nei confronti del genere maschile, che sembra provenir loro da una disposizione naturale; molto diverso è però il modo con cui i due protagonisti reagirono al disprezzo nutrito per gli uomini: se si volesse riassumere in una sola parola il rapporto tra Gu e il mondo maschile, quella parola sarebbe rabbia. Al contrario, un termine adeguato alla situazione di Jia Baoyu potrebbe essere indifferenza. In tutto il romanzo, ma in particolare nella più delirante prima parte, Gu Cheng manifesta senza remore il livore che prova per gli uomini, mentre Baoyu sembra “autoescludersi” dal mondo esterno al Giardino, quasi come preludio al suo allontanamento finale e decisivo, che lo porterà in un convento buddista, distaccato da ogni affanno mondano.
LA DIMENSIONE ONIRICA
Il termine “onirico” è qui da intendere in duplice significato: sia come il sogno che avviene mentre si è addormentati, sia come sogno ad occhi aperti, cioè l’illusione. Moltissimi sono i sogni che Gu riporta in Ying’er, ma tutti hanno una caratteristica in comune: essi sono la trasposizione onirica di ciò che è accaduto con la sua amante, sono cioè conseguenza della sua vita reale. Ciò presenta una differenza sostanziale con i sogni di Jia Baoyu: rivelando al ragazzo il suo futuro e quello delle sue cugine, essi si fanno origine della sua intera esistenza.
Uguale è, invece, il sogno ad occhi aperti che anima le azioni dei due protagonisti. Tanto Gu Cheng quanto Jia Baoyu vivono nell’irrealizzabile desiderio di un eterno mondo di fanciulle, che non tiene conto dello scorrere del tempo né del mondo esterno, ma soltanto della poesia, della giovinezza e dei propri desideri. Il sogno/illusione di un mondo irreale, impossibile, irrealizzabile costituisce il filo rosso tanto dell’Hongloumeng, quanto di Ying’er.
*Francesca Gesù 835557[@]stud.unive.it è una neolaureata presso l’Università Ca’Foscari di Venezia, corso di laurea magistrale in Lingua e cultura dell’Asia Orientale (cinese).
** Questa tesi è stata discussa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia: relatore prof. Paolo Magagnin; correlatore prof.ssa Nicoletta Pesaro.
[La foto di copertina è di Federica Festagallo]