Lo Shanghai-Hong Kong Stock Connect è considerato una pietra miliare nel processo di liberalizzazione del mercato cinese dei capitali. Contribuirà all’internazionalizzazione del renminbi e rafforzerà il ruolo dell’ex colonia britannica. Un progetto che, se darà i risultati previsti, potrà essere esteso alla borsa di Shenzhen e, forse, a quella di Osaka.
Attesa da sei mesi, la super borsa cinese che connette tra loro i listini di Shanghai e Hong Kong sarà finalmente operativa. Il debutto per la piattaforma che unirà le due piazze è stato fissato per oggi il 17 novembre. Il via libera è arrivato la settimana scorsa con una nota congiunta della China Securities Regulatory Commission e della Securities and Futures Commission, equivalenti della Consob a Pechino e nella regione amministrativa speciale.
Il programma pilota lanciato dal premier cinese, Li Keqiang, lo scorso aprile permetterà agli investitori stranieri un maggiore accesso alle azioni quotate a Shanghai. La partenza del meccanismo è considerata una pietra miliare nel processo di liberalizzazione del mercato cinese dei capitali.
Nelle intenzioni, lo Shanghai-Hong Kong Stock Connect contribuirà inoltre all’internazionalizzazione del renminbi e rafforzerà il ruolo dell’ex colonia britannica in questo processo. Ad oggi soltanto selezionati gestori di fondi erano stati in grado di investire nei mercati cinesi, attraverso un sistema complesso di scambi.
Le nuove regole daranno invece agli investitori stranieri la possibilità di negoziare 568 titoli quotati sul listino di Shanghai. Mentre sulla piazza di Hong Kong l’aggregazione riguarderà 266 titoli. Lo schema prevede comunque limitazioni. I flussi di scambi su Shanghai avranno un tetto giornaliero di 13 miliardi di yuan, pari a circa 1,7 miliardi di euro e un tetto aggregato di 300 miliardi di yuan (39 miliardi di euro). Viceversa su Hong Kong la quota giornaliera è stata fissata a 10,5 miliardi di yuan (250 miliardi a livello aggregato, pari a 32 miliardi di euro).
L’effetto dell’annuncio si è tradotto nell’immediato rialzo del 2,3% per il listino di Shanghai e dello 0.8% per l’ex colonia. A breve, scrive Bloomberg, arriveranno anche le nuove regole in materia fiscale, uno dei nodi ancora da chiarire del progetto e tra le ragioni del rinvio deciso nelle scorse settimane.
La data di partenza era infatti prevista per fine ottobre. Sullo slittamento si ritiene abbiano pesato anche le manifestazioni in corso a Hong Kong, per chiedere a Pechino elezioni realmente democratiche. Se darà i risultati previsti lo schema pilota sarà esteso anche alla borsa di Shenzhen, forse entro i prossimi due anni.
E anche fuori dalla Cina si guarda con interesse all’operazione. L’ad della borsa nipponica di Osaka, Hiromi Yamaji, non ha fatto mistero di voler far parte dell’aggregazione. Parole che hanno preceduto lo storico incontro tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il premier giapponese, Shinzo Abe, a Pechino per il vertice Apec. Primo faccia a faccia dopo due anni di tensione per le dispute territoriali trai due Paesi, suggellato tuttavia da una fredda stretta di mano.
[Scritto per Milano Finanza]