Segnali di crisi

In by Simone

La crisi globale non risparmia neppure la Cina, la cui vorticosa crescita è stata trainata per decenni dalle esportazioni. Alla vigilia del decimo anniversario dell’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio, la Cina pubblica il Libro bianco sul commercio estero.
Due i fattori che stanno mettendo il freno alla seconda economia mondiale: l’aumento del costo del lavoro e il calo delle domanda, in particolare nei Paesi sviluppati, che ha costretto Pechino a cercare nuovi mercati.

Le “grandi sfide” che il Dragone si troverà ad affrontare nei prossimi anni sono analizzate nel libro bianco sul commercio con l’estero diffuso il 7 dicembre dal governo alla vigilia del decimo anniversario dell’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio.

Tra il 2000 e il 2009 si legge nel documento le importazioni e le esportazioni cinesi sono cresciute in media rispettivamente del 15 per cento e del 17 per cento l’anno. 

Lo sviluppo del commercio con l’estero non ha semplicemente accelerato la modernizzazione dell’economia e migliorato le condizioni di vita della popolazione. Ha dato anche un importante contributo alla crescita mondiale”, continua.

Il Paese si avvicina al decennale con lo spettro del calo dell’export nel mese di novembre. Per avere i dati ufficiali bisognerà attendere sabato, ma la conferma di un rallentamento è arrivata dallo stesso ministero del Commercio, secondo cui i numeri sono stati inferiori a quelli di ottobre.

Allora la Cina chiuse il mese con un più 15 per cento, facendo toccare il record negativo degli ultimi due anni. Rispetto a un anno fa le esportazioni verso gli Stati Uniti sono scese del 5 per cento, addirittura del 9 per cento quelle con l’Europa.

Se il tasso totale continua a mantenersi poco sotto il 16 per cento è soprattutto per i boom della domanda dai paesi dell’America Latina. “Questi cali, in particolare quello europeo, tengono in apprensione il governo”, ha spiegato alla Bbc l’economista Michael Pettis dell’Università di Pechino, “La crescita cinese dipende ancora troppo dagli investimenti domestici e dalle esportazioni”.

A complicare il quadro il calo del settore manifatturiero, il più massiccio dal marzo del 2009, e le previsioni negative dell’Accademia cinese per le Scienze sociali.

Secondo il centro di ricerca  il prossimo anno l’economia cinese subirà la più brusca frenata da più di un decennio.

Nel 2012 il Pil crescerà dell’8,9 per cento contro il 9,2 del 2011, mentre l’Indice del prezzi al consumo scenderà al 4,6 per cento, in calo rispetto al 5,5 di quest’anno, ma ben al disopra della soglia psicologica del 4 per cento stabilita da Pechino.

“Non prevedo miglioramenti nei Paesi occidentali”, ha detto il direttore del dipartimento esteri del ministero del Commercio, Wang Shouwen, “Tuttavia la crescita di alcune economia emergenti è incoraggiante. Ed è a loro che dobbiamo guadare per le nostre esportazioni”.

Anche se, nota Pettis, sostituire velocemente Europa Usa, e Giappone, che da soli contano i due terzi dei consumi globali, con nuovi paesi, seppure in crescita, sarà dura, almeno nel breve periodo

Al contrario, sottolineano da Pechino, la Cina difficilmente incrementerà le importazioni dall’Europa e dagli Stati Uniti. Appena il mese scorso, il presidente statunitense Barack Obama, aveva esortato Pechino a un più rapido apprezzamento della propria moneta.

Per Washington, il tasso di cambio dello yuan è mantenuto provocatoriamente basso dalla per concedere un vantaggio commerciale ai prodotti made in China.

Un tema in agenda nel colloquio di lunedì 11 tra l’ex segretario Usa al tesoro, Henry Paulson, e il vicepresidente cinese e futuro capo di Stato, Xi Jinping, che ha invitato la sua controparte a non politicizzare le questioni economiche e un rilassamento delle restrizioni per l’importazione di tecnologia statunitense oltre la Muraglia.

A quest’ultimo punto i cinesi imputano lo squilibrio a loro favore della bilancia commerciale con gli Stati Uniti. “Non manipoliamo il tasso di cambio. Come si può vedere in questo momento sta fluttuando come sulle onde, a seconda dei cambiamenti del mercato e della domanda”, ha risposto alle critiche il ministro del Commercio, Chong Quan.

[Pubblicato sul Riformista]