Ripensamenti sulla pena di morte

In by Simone

In cima alla lista dei Paesi dove vige ancora la pena capitale, la Cina potrebbe ridurre il numero dei reati per cui è prevista la condanna a morte. Attualmente sono 68, tra cui 44 non violenti. Si va dall’omicidio al traffico di droga, dalla corruzione alla rapina. La bozza, ha riferito ieri il China Daily, sarà discussa ad agosto dai deputati del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo. La notizia della proposta di revisione circolava però da alcuni giorni. “Non c’è bisogno di avere così tanti crimini puniti con la morte”, aveva spiegato il professor Chu Huaizhi, criminologo dell’Università di Pechino, intervistato venerdì dal settimanale di Canton, Southern Weekly. “Non serve a combattere la criminalità”, ha aggiunto.

Il dibattito si è riaperto un anno dopo le dichiarazioni di Zhang Jun, vice presidente della Corte suprema del popolo, il più alto organo giudiziario della Repubblica popolare. Dodici mesi fa Zhang disse che l’obiettivo della Cina è arrivare a un numero ridotto di esecuzioni e commutarle con pene detentive. Dal 2007 tutte le sentenze di condanna a morte emesse dai tribunali locali devono passare per la Corte suprema. E arrivate a questo grado di giudizio le sentenze si rivelano spesso infondate. Nel solo 2008 il 15 per cento è stato annullato.

Pechino, tuttavia, continua a detenere il triste primato nelle esecuzioni. Nell’ultimo anno, secondo Amnesty International sono state migliaia, più di tutte quelle avvenute nel resto del mondo. Conoscere le cifre reali è però impossibile perché coperte da segreto di Stato.

L’ultima vittima in ordine di tempo di cui si conosce l’identità fu Wen Qiang, uno degli imputati ‘eccellenti’ nel maxi-processo contro le organizzazioni mafiose di Chongqing voluto da Bo Xilai, l’ambizioso segretario del Partito comunista della megalopoli. L’ex vicecapo della polizia fu giustiziato il 7 luglio per corruzione, accusato di aver accumulato illegalmente 12 milioni di yuan (1,4 milioni di euro). Ma è stato il caso di un altro funzionario, questa volta nel Guangdong, a far capire che qualcosa si stia muovendo in tema di pena capitale.

L’esecuzione di Chen Saoji è stata sospesa per due anni. Il sessantacinquenne ex capo della polizia e presidente della Conferenza politico consultiva della ricca provincia costiera è accusato di aver ricevuto tangenti per favorire le attività dell’imprenditore Huang Guangyu, fondatore del colosso degli elettrodomestici Gome, condannato a 14 anni di carcere per aggiotaggio. Trascorsi due anni la condanna sarà riconsiderata e molto probabilmente convertita in ergastolo.

“Per la legge chi riceve tangenti per oltre 100mila yuan (10mila euro) rischia la pena capitale”, ha detto Tong Zhiwei, professore dell’università Jioatong di Shanghai. “Le sentenze variano e non sempre sono eque”, ha aggiunto, “si può essere giustiziati per aver preso molto meno”. Tong è tra i giuristi favorevoli all’abolizione delle condanne a morte per i reati non violenti. Un cambio di rotta condiviso da molti studiosi, a patto che le condanne per certe tipologia di reato superino i vent’anni di carcere.

“Non possiamo essere contrari all’abolizione della pena di morte per i crimini non violenti o almeno a limitarne l’applicazione”, ha sottolienato Liu Renwen , ricercatore dell’Accademia cinese per le Scienze Sociali. A preoccupare Liu è però la reazione dell’opinione pubblica. “Non è pratico abolire l’esecuzione per tutti i 44 crimini non violenti, dal momento che la corruzione è molto diffusa in Cina ed ha un grave impatto sociale”, ha detto al China Daily.

Se non è ancora chiaro quanti e quali saranno i reati esclusi, nella bozza di emendamento, secondo quanto riferito dal Southern Weekly, la pena di morte è  però definita “inadeguata” per i detenuti anziani. Chi ha superato i settant’anni potrebbe avere salva la vita. Un dibattito iniziato nel 2003, per la condanna di un uomo di 88 anni, giustiziato nella provincia centrale dell’Henan. Per Gao Mingxuan, noto criminologo della Renmin University a Pechino, la proposta è in linea con la storia del Celeste Impero. Sin dai tempi della dinastia Zhou (1045-256 a. C.), ha spiegato, gli anziani e i più giovani hanno avuto un “trattamento di favore” nei processi. Così come la legge vieta di giustiziare i minorenni, lo stesso dev’essere per gli over 70. “Forse non molte persone potranno beneficiare di queste riforme”, ha concluso Gao, “Ma è una prova di come la legge sia rispettosa dell’uomo. Un’espressione di civiltà e di progresso della società”.

[Anche su Il Riformista del 25 luglio 2010] [Foto da http://images.china.cn]