Repressione in Tibet: 48 domande per Hu Jintao

In by Gabriele Battaglia

Il giudice spagnolo Ismael Moreno rivolge 48 domande all’ex presidente cinese Hu Jintao sulle politiche repressive da lui appoggiate in Tibet tra il 1988 e il 1992. Contro Hu in Spagna è già aperta una causa per genocidio. Un gesto clamoroso, che avrà ripercussioni sul rapporto tra i due paesi. Ismael Moreno, il giudice spagnolo che ha emesso mandati di arresto per l’ex presidente Hu Jintao e altri cinque importanti ex esponenti del governo cinese per il genocidio tibetano, rivolge 48 domande scomode all’ex presidente. In pratica vuole sapere se lui era consapevole che le politiche repressive applicate in Tibet tra il 1988 e il 1992.

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Efe, il giudice Moreno avrebbe rinnovato all’ex presidente le 48 domande su quanto successo in Tibet dopo il 1988 presentate a giugno dello scorso anno direttamente dalla parte offesa: il Comité de Apoyo al Tíbet e la Fundación Casa del Tíbet.

Si chiede dunque conto di ferimenti, torture, aborti, sterilizzazioni forzate e assassini avvenuti per mano delle forze dell’ordine cinesi quando Hu Jintao stava potere. Così come si chiede conto della legge marziale che Hu Jintao, come segretario del Partito comunista in Tibet, aveva ordinato il 7 marzo del 1989 a seguito di tre giorni di manifestazioni tibetane a Lhasa.

Una legge marziale che secondo i querelanti ha avuto come risultato 450 morti, 7mila feriti e 350 scomparsi. E si chiede se non era stato proprio lui a ordinare all’esercito di liberazione di pattugliare le frontiere e di incarcerare e torturare chiunque voleva lasciare il paese.

L’Alta corte penale spagnola, l’Audiencia, lo scorso ottobre ha deciso di riaprire una causa per “genocidio” contro Hu Jintao, l’ex presidente della Repubblica popolare cinese.

Il mese successivo ha emesso un mandato di cattura per violazione dei diritti umani nei confronti dell’ex presidente cinese Jiang Zemin e di altri quattro alti funzionari: l’ex primo ministro Li Peng, l’alto funzionario di polizia e intelligence Qiao Shi, l’ex segretario del Partito comunista in Tibet Chen Kuiyan e l’ex ministro della Pianificazione Familiare Peng Peiyun.

Si è trattato di un gesto clamoroso, che avrà sicuramente ripercussioni tra i due paesi. E che ricorda la vicenda dell’ex dittatore cileno Pinochet, arrestato a Londra su mandato spagnolo per "crimini contro l’umanità".

Di fatto i giudici della quarta sezione del tribunale hanno accolto il ricorso in appello dei legali del Comitato de Apoyo al Tibet (Cat), che ha sede a Madrid, e di Thubten Wangchen, direttore della “Casa del Tibet” di Barcellona, gruppo di attivisti pro-Tibet con sede nella capitale catalana.

Hu Jintao dovrà rispondere delle politiche repressive adottate nella regione autonoma della Cina occidentale tra il 1988 e il 1992, quando l’ex presidente cinese era qui segretario del partito.

Secondo il principio di universalità riconosciuto dal sistema legale spagnolo, chi è accusato di genocidio può essere giudicato fuori dal proprio paese. Per la Spagna il processo per genocidio può essere avviato solo se chi si dichiara vittima del reato è – come il tibetano Thubten – cittadino spagnolo.

Nell’ordinanza di arresto, emessa dal giudice Ismael Moreno, della seconda sezione dell’Alto tribunale, gli imputati sono accusati di azioni volte "a eliminare l’esistenza" del Tibet attraverso l’imposizione della legge marziale, la deportazione forzata della popolazione e "l’eliminazione progressiva della popolazione autoctona".

Viene descritta la repressione di polizia e militare in Tibet negli anni 1987, 1988 e 1989 e la politica di imposizione "di aborti e sterilizzazione forzata della popolazione tibetana". La Corte Penale Nazionale spagnola e il giudice Ismael Moreno hanno convalidato i mandati “sulla base di segni di partecipazione” in abusi “e data la responsabilità politica o militare di ognuno di loro, durante il lungo periodo in cui i fatti oggetto di indagine si sono verificati”.

Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo El Pais, il Cat ha manifestato apprezzamento per la decisione della Audiencia, che “presuppone un nuovo riconoscimento e una descrizione di fatti qualificati come genocidio”. Contraria ovviamente la Repubblica popolare: "Siamo fermamente contrari al fatto che un qualsiasi paese o persona tenti di utilizzare questo tema per interferire con gli affari interni della Cina", aveva dichiarato nel briefing con la stampa estera, il portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying.

In pratica, se Hu, Jiang o gli altri dovessero recarsi in Spagna o in qualche Paese che ha un trattato di estradizione con Madrid potrebbero essere arrestati. È opinione unanime che molto difficilmente questo accadrà, ma la vicenda ha comunque un forte valore simbolico per quanto riguarda la questione tibetana.

[Scritto per Lettera43; foto credits: ibtimes.co.uk]