Playtime. L’arte come gioco

In by Gabriele Battaglia

A Pechino si è chiusa  Playtime, la rassegna di videoarte a cura di Cecilia Freschini presso gli spazi di Zajia. Sono stati presentati nove video realizzati da giovani artisti che hanno offerto una lettura alternativa del nostro presente. Il tutto attraverso, naturalmente, il gioco e l’ironia. Un tavolo, due sedie e la costante scomposizione delle loro simmetrie: è il video performativo Exercise#49, di Enrico Bressan, ad aprire la sequenza di Playtime. Con reiterazioni di gesti, ritardi e accelerazioni, l’artista mette in discussione norme concordate e accettate, indagando gli oggetti presenti sulla scena, alla ricerca di una loro connaturata instabilità. Dimensione fluida e in costante cambiamento, un gioco di ombre e ambiguità.

Il tema scelto dalla curatrice per la rassegna di video presentata all’ArtVerona, nello scorso mese di ottobre, e ora ospite presso Zajia lab a Pechino, è un modo per riflettere sulla quotidianità in maniera spontanea e ironica.

Quando si pensa all’arte contemporanea – spiega a China Files la curatrice dell’evento, Cecilia Freschini** – è probabile che, di primo acchito, non venga in mente quel filone imperniato su gioco, scherzi o ironia. Eppure tutto ciò non solo costituisce una parte molto importante del nostro quotidiano, ma rappresenta anche una ricerca artistica ben precisa.

"Si tratta di un’attitudine sociale, che in modo significativo riesce a combinare sapientemente spirito ironico e critico al contempo. Una ripresa consapevole dell’immaginario infantile, di giochi, favole, tradizioni o credenze assimilate, suggerisce un momento di evasione dalla routine prestabilita che soffoca e limita l’interiorità e ci porta in una dimensione più sincera. In Playtime i toni spesso irrazionali e disincantati evidenziano la concretezza di un presente incerto e imprevedibile”.

Ma scopriamo i singoli progetti. Sintesi video di un precedente progetto nato dalla collaborazione tra Arianna Carossa e i Ludiko (Andrea Ruschetti e Francesca Mendolia), Qui si tocca/only swim in your depth, ci catapulta in una realtà popolata da strane creature dalle forme antropomorfe. Sequenze d’immagini in cui il gioco del mascherarsi è accompagnato all’elemento dell’acqua, da sempre simbolo di vita e purezza, tratti comuni dell’essere bambino.

Gennaro Cicalese, a bordo di un veicolo avveniristico, ci conduce tra strade fatte di scontrini fiscali, biglietti vidimati e ricevute. Telecar starting view$, traccia un percorso che mostra una particolare visione della contemporaneità: un occhio attento a osservare scenari di una rete urbana in evoluzione.

Elaborazione animata di una vicenda realmente accaduta, Untitled#1, di Federica Cogo, è una metafora dell’impotenza e degli abusi di potere, dell’uomo verso l’animale, ma anche dell’uomo verso il suo stesso simile. Grafica semplice e stile diretto contribuiscono a rendere il video di forte impatto.

In How to make my Italian passport disappear, Girolamo Marri prova a fare sparire il suo passaporto con un semplice gioco di magia. Sospiri lunghi e profondi, grande concentrazione e forza di volontà. Tuttavia, dopo alcuni tentativi, l’artista si arrenderà all’evidenza del non riuscire nel suo trucco da illusionista.

Una riflessione radicata al proprio territorio d’origine accompagna La zappa, il video dell’artista siciliano Sebastiano Mortellaro. Tradizioni, costumi e consuetudini di un mondo contadino diventano messaggio universale. La bellezza dei paesaggi e la semplicità della gente del posto divengono protagonisti dell’opera, che nasconde una componente critica nei confronti delle trasformazioni subite dal territorio siciliano.

Risultato di una ricerca iconografica e storica sulla figura della prostituta, il video della performance urbana dell’artista Sabrina Muzi, nei panni di Ninetta, offre un’analisi originale e inconsueta di un fenomeno sociale solitamente oggetto di pregiudizi e moralismi. L’insolita vendita di un bacio, tra le strade del centro di Cremona, capovolge lo stereotipo dell’amore fisico relegato ai margini della città. Lavoro complesso, ricco di metafore e implicazioni sociali e politiche.

L’artista Maria Pecchioli si prende gioco delle leggi che regolano lo scorrere del tempo e il moto del mondo. Con Kidding Time l’uomo si impossessa delle strutture e ne ricalcola i confini e il ritmo: il tempo diventa, per una volta, asservito all’azione stessa.

Natalia Saurin nel suo video Happily even after prende in prestito la figura di Biancaneve e attraversa l’immaginario delle favole e della fantasia, proponendosi il superamento di quelle eroine fragili, emblemi di virtù e bellezza, dolcezza e sopportazione. Nel tentativo d’inventare un nuovo finale, l’artista ci propone una versione alterata di quell’icona di purezza e allontana il potere illusorio di un epilogo, che ha la funzione di anestetizzare angosce sul futuro.

A chiudere la sequenza è Blinding Plan, di Deborah Vrizzi. Le sale vuote di un museo diventano uno spazio in cui la gente si aggira in modo perplesso e con sguardo smarrito, alla ricerca del significato di opere in realtà non presenti. Il video evidenzia in modo semplice e ironico l’incapacità di vedere e capire l’arte che viene proposta e, allo stesso tempo, rivela la superficialità che spesso accompagna il pubblico nella fruizione dell’arte stessa.

L’ironia e il gioco, alla base di queste opere, offrono un modello espressivo in grado di avvicinarsi con maggiore disinvoltura al senso comune. La mente creativa, giocando con immagini esemplificate e collocandole in un contesto artistico, ci conduce in una dimensione che rivela gli aspetti contraddittori e ambigui del reale.

* Asia Ruperto, lucana di origine e romana d’adozione, si è laureata nel 2011 con il massimo dei voti in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi dal titolo Il Gruppo de Le Stelle e l’impatto sull’arte contemporanea in Cina. Da 5 anni si occupa dell’organizzazione del festival di cinema asiatico di Roma, AsiaticaFilmMediale. Attualmente è a Pechino dove collabora alla realizzazione di alcuni progetti di scambio tra arte italiana e cinese e si dedica all’insegnamento dell’italiano presso istituti pubblici e privati.

**Cecilia Freschini è una curatrice indipendente che vive e lavora a Pechino da alcuni anni. Si è trasferita in Cina nel 2004 dove si èi specializzata nell’arte contemporanea cinese. Nel 2009 ha curato il Padiglione Cinese alla Biennale di Praga, col progetto “China Box”. Nel 2010 ha fondato Lab-Yit/La Piattaforma per l’arte contemporanea italiana in Cina, un progetto indipendente che vuole avvicinare e far dialogare la comunità artistica italiana con quella cinese al fine di sostenere, promuovere l’arte contemporanea italiana in Cina.