Per la Cina l’indagine sulle origini del Covid è ancora prematura

In Cina, Economia, Politica e Società by Simone Pieranni

Doveva essere una specie di resa dei conti tra Cina e resto del mondo, l’Assemblea mondiale della sanità, organo decisionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Non a caso è stata preceduta da settimane di scontro tra Usa, in prima linea, e altri 121 paesi contro Pechino, in nome di un’inchiesta internazionale in grado di fare luce sulle origini del Covid. Richieste legittime ma i cui toni hanno finito per creare un senso di accerchiamento su Pechino, e prodromo, solitamente, di risposte rabbiose da parte della sponda cinese.

AD APRIRE L’ASSEMBLEA è stato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, secondo il quale «alcuni paesi nel mondo hanno ignorato le indicazioni dell’Oms», creando situazioni drammatiche. Dello stesso avviso il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus che, riferendosi alle «ripartenze» di molti paesi dopo il duro periodo di lockdown, ha messo in guardia da facili entusiasmi: «La maggior parte della popolazione mondiale è ancora in pericolo, il rischio è alto e la strada è ancora lunga», ha sottolineato, «I Paesi che stanno meglio sono quelli che hanno applicato tutte le misure, non esiste la bacchetta magica, non esiste una panacea: il virus è veloce e fatale. Si muove come un incendio. Dobbiamo trattarlo con attenzione e rispetto». Politicamente, però, a tenere banco era la richiesta di indagine sulle origini della pandemia che chiamava in causa la Cina.

La bozza di risoluzione è stata appoggiata da 122 paesi su iniziativa dell’Australia per un’indagine sull’origine del coronavirus e sulla gestione delle prime fasi della pandemia da parte dell’Oms. La bozza di per sé non nomina mai né la Cina né Wuhan ma i riferimenti sono piuttosto espliciti (e Pechino ha già «punito» a suo modo l’Australia alzando i dazi su alcuni prodotti) Nei giorni precedenti l’assemblea Pechino aveva attaccato l’iniziativa, tanto che il testo iniziale era stato «ammorbidito». Per questo il discorso di ieri di Xi Jinping, il presidente cinese, era forse il più atteso.

XI HA SCELTO TONI PACATI e ha rilanciato sulla possibilità che la Cina metta a disposizione di tutti l’eventuale vaccino prodotto al di là della Muraglia. Ma sull’indagine – pur riconoscendone la necessità – ha posticipato il problema: «Ci vorrà un’indagine esaustiva sul Covid-19 basata su scienza e eseguita con professionalità – ha sottolineato il presidente cinese – ma solo quando l’emergenza sarà sotto controllo». Xi ha anche annunciato che la Cina donerà «2 miliardi di dollari» all’organizzazione per combattere il coronavirus e che se Pechino dovesse trovare un vaccino contro il Covid-19 ne farebbe «un bene pubblico mondiale». Tra i tanti desiderata espressi da Xi, anche la possibilità di procedere alla sospensione dei pagamenti a servizio del debito per i paesi più poveri. «La Cina – ha detto Xi in video conferenza come tutti gli altri partecipanti – è anche pronta a collaborare con la comunità internazionale per rafforzare il sostegno ai paesi più colpiti, in modo che possano superare le attuali difficoltà».

NELL’OCCASIONE, Xi ha sottolineato la necessità di aiutare in particolare i paesi africani a contrastare la pandemia. «La Cina – ha ricordato – ha inviato un’incredibile quantità di aiuti medici a oltre 50 paesi dell’Unione africana. Cinque team di esperti medici cinesi sono stati inviati nel continente, 46 squadre cinesi sono di base in Africa e contribuiscono agli sforzi locali per il contenimento della pandemia». Durissima la posizione americana e non poteva essere altrimenti considerate le premesse espresse da Trump nei giorni scorsi: «L’Oms ha fallito in modo clamoroso nel fornire le informazioni sulla pandemia, questo non può accadere di nuovo. L’Oms deve diventare più trasparente».

OGGI LA RISOLUZIONE su Covid-19 verrà votata ma necessita del sostegno di due terzi dei 194 membri dell’assemblea e non è detto che i promotori riescano a convincere chi al momento non è convinto di un atto che pare più «geopolitico» che effettivamente collegato alla volontà di indagare sull’origine del virus.

[Pubblicato su il manifesto]