Pechino a Congresso

In by Simone

In Dongzhimenwai, zona della ambasciate e della movida di Sanlitun a Pechino, ieri improvvisamente il traffico è sparito. Nella corsia che porta al terzo anello erano posizionati uomini in giacca scura e cravatta, fascia rossa al braccio e auricolare bene in vista. Impettiti, quelli fermi, in arrivo a gruppi e di corsa, gli altri. A comandare le squadre un ragazzo vestito allo stesso modo, ma dotato di una bicicletta, per spostarsi agevole tra le strade. Dietro di loro, sui marciapiedi, tanti poliziotti in borghese e in divisa passeggiavano fingendo distrazione. Una ragazza che passava di lì, si è tolta gli auricolari e guardando il movimento di persone, ha annunciato, «zhèngfu», il Governo, salvo aggiungere, poco  prima di andarsene: «staranno andando a mangiare».

Ieri sono cominciati i lavori della sessione annuale del parlamento, ma in generale i cinesi non sembrano essere troppo concentrati sull’evento, nonostante esso sia proiettato su tutti gli schermi giganti sparsi per la città: accade tutti gli anni, del resto. Al massimo può esserci curiosità su quanto il parlamento deciderà per quelli che sembrano essere i temi caldi della stagione cinese: crisi economica, disoccupazione, corruzione. Per rimediare, appunto, ci sono i politici e i cinesi aspettano pazientemente le decisioni, prima di esprimere dei giudizi. In generale però c’è poca attenzione e fiducia per valutazioni che sembrano riguardare un mondo ristretto, privilegiato, completamente staccato dal resto della società viva. Anzi, per molti pechinesi i lavori del parlamento costituiscono un fastidio logistico non  da poco: la città va in tilt, Tian’anmen non è percorribile dalle auto da giorni, la limitazione alle macchine private si è fatta ferrea, mandando in delirio la quotidianità lavorativa della capitale. L’ufficialità dell’evento, unita al rischio di potenziali problemi legati alle scadenze di marzo in relazione al Tibet, ha riportato Pechino all’ansia di sicurezza del periodo pre olimpico. «Per chi lavora e ha necessità di consegne, spedizioni, è impossibile fare qualsiasi cosa», dice un ragazzo che lavora in un’agenzia di viaggi. Quanto al contenuto politico dell’evento: «non mi interessa. Decideranno per loro e per noi non cambierà niente. La società cinese è complicata, sa essere anche crudele. E non si cambia certo in un anno».

Anche nel mondo dell’internet cinese tutto tace. E tutto, come nella vita vera, è strettamente sotto controllo: da ieri la navigazione on line è lenta e spesso non porta a nessun risultato. Youtube è giù e molti siti stranieri difficilmente sono visibili interamente. Niente deve trapelare, a meno che non sia ufficiale. Di contrasto infatti, le agenzie governative riportano gli stralci del discorso di Wen Jiabao, in una sorta di diretta costante dai lavori. Sui siti in cui spesso si affrontano anche temi sensibili per la realtà cinese, invece, si discute di altro, in attesa che escano le prime potenziali indiscrezioni. Si celebra dunque il 5 marzo come la giornata di Lei Feng, il mitico soldato dell’esercito cinese esempio supremo esempio di obbedienza e altruismo, e poco altro.

Il Governo del resto sembra conoscere molto bene la disaffezione e il disinteresse della sua popolazione per gli affari politici. Per questo motivo il Giornale del Popolo, da giorni, strilla in prima pagina la possibilità per i lettori di inviare via internet una domanda ad un politico e vederne poi la risposta pubblicata sul giornale. Allo stesso modo sabato scorso il premier Wen Jiabao ha risposto alle domande dei cinesi, chattando on line. «Non potrò rispondere a tutti ma risponderò con il cuore in mano», è stata la premessa del premier cinese, «chiamato Baobao, (il bimbo, ndr), dai suoi fans», come specificato da Xinhua. E Wen Jiabao che ha conquistato il cuore di molti cinesi per il suo tempestivo arrivo nelle zone del terremoto dello scorso anno in Sichuan, ha provato per tre ore a stabilire un dialogo con i suoi compagni di chat. Temi economici, sociali, tra citazioni di Adam Smith e tante promesse. Prima di lui già il presidente Hu Jintao aveva invitato tutti i membri del partito comunista cinese a migliorare la propria conoscenza di internet, e studiarlo allo stesso modo con il quale si studia l’arte di governo.

[Pubblicato da Il Manifesto del 6 marzo 2009]

[foto da Xinhua]