Oggi in Cina – Picco di utilizzo di carbone entro il 2020

In by Gabriele Battaglia

Picco di utilizzo di carbone entro il 2020 o la Cina non raggiungerà gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030. I mingong (migranti) sono un sesto della popolazione cinese. La giornalista Gao Yu, accusata di diffusione di segreti di Stato all’estero sarà processata a porte chiuse. Scontri a Hong Kong. AMBIENTE: IL PICCO DEL CARBONE
La Cina ha bisogno di raggiungere il picco dell’utilizzo di carbone entro il 2020, se vuole adempiere al proprio impegno di porre fine alla crescita delle emissioni di carbonio per il 2030. Lo dice l’Istituto di Ricerca Energetica (IRE), un think tank vicino al governo cinese.
La Cina si è impegnata per la prima volta ad abbattere le proprie emissioni di carbonio entro il 2030, in uno storico accordo sul clima stretto con gli Usa a margine del vertice Apec della scorsa settimana. Ha anche promesso di aumentare la quota di combustibili non fossili nel proprio mix energetico fino al 20 per cento entro quella data.
Si consideri che il carbone conta ancora per il 70 per cento nel mix energetico cinese e che, secondo i calcoli dell’IRE, per corrispondere agli impegni la sola Pechino dovrebbe ridurne l’uso del 99 per cento entro il 2030.

245 MILIONI: I NUMERI DELLA MIGRAZIONE
Alla fine del 2013, i mingong (migranti) cinesi avevano raggiunto i 245 milioni, cioè oltre un sesto della popolazione totale della nazione. Alla fine del 2012 erano 236 milioni. Sono numeri ufficiali, diffusi ieri da un documento della Commissione Nazionale per la Salute e la Pianificazione Nazionale. I migranti continuano a muoversi verso le grandi città, ma l’età media è aumentata. Sono in gran parte ex contadini che si recano in città per aprire piccole attività o fornire manodopera a basso costo, nella speranza di una paga più alta e di una vita migliore. Oltre il 62 per cento di bambini tra i 6 e i 15 anni delle coppie migranti si sono trasferiti con i genitori.

GIORNALISTA A PROCESSO
Venerdì, una corte pechinese processerà la giornalista Gao Yu a porte chiuse, per imputazioni relative alla sicurezza dello Stato. Lo riporta Radio Free Asia citando gli avvocati di Gao come fonte.
Sarà un processo a porte chiuse, perché si tratta di segreti di Stato”, ha detto l’avvocato Mo Shaoping. “Saranno presenti solo i pubblici ministeri, i suoi avvocati, la stessa Gao Yu, giudici, il personale giudiziario e qualche agente del tribunale”. Gao, 70 anni, ha assunto Mo – un noto avvocato per i diritti civili – per difenderla contro le accuse di "avere diffuso all’estero segreti di Stato", dopo il suo arresto del 24 aprile a cui ha fatto seguito una formale imputazione il 30 maggio. In seguito, la donna era comparsa su Cctv – la tv di Stato – dove aveva confessato di avere ottenuto un documento altamente confidenziale e di averlo inviato ad un sito straniero. 

INCIDENTI A HONG KONG
Un gruppo di persone mascherate ha assaltato la sede del consiglio legislativo di Hong Kong (LegCo) nelle prime ore di mercoledì, mentre sono in corso gli sgomberi dei principali sit-in del movimento Occupy. Negli incidenti, la polizia ha fatto ricorso a spray urticante e almeno tre persone sono state arrestate. Gli assaltatori del LegCo hanno utilizzato spranghe di ferro e mattoni e hanno mandato in frantumi una delle porte di vetro all’ingresso dell’edificio. Poche ore prima era stato sgombrato il sit-in più vicino alla sede del governo cittadino, quello di Admiralty. Gli sgomberi fanno seguito a un’ingiunzione ottenuta da parte di alcune compagnie di trasporti private, che si reputavano danneggiate dalle manifestazioni. I leader studenteschi negano ogni responsabilità ma riconoscono implicitamente di non essere in pieno controllo del movimento, mentre un sondaggio istantaneo del South China Morning Post rivela che l’82 per cento dei votanti considera gli incidenti di stanotte come la fine del principio di non violenza proclamato dal movimento.

[Foto credit: bwbx.io]