Miseria e amore, Li Kunwu racconta sua madre. E la nuova Cina che nasce

In Cina, Cultura by Lorenzo Lamperti

“Se lei fa lezione, maestro Lu, io la seguo”. Kunming è da tempo bersaglio delle bombe giapponesi. E lo sarà per sei, lunghi, anni. La piccola Xinzhen è rimasta da sola in classe con il suo insegnanti. I compagni sono scomparsi, uno dopo l’altro. Lu lǎoshī le chiede: “Che si fa? Continuiamo”. Lei risponde che sì, vuole andare avanti. E il suo maestro allora suona un brano per erhu (violino cinese), “La luna si riflette nel lago”. Dall’alto, però, non arrivano bagliori notturni ma i bombardieri nipponici.

Forse si tratta di uno dei passaggi più intensi di Mia madre, la nuova graphic novel di Li Kunwu (李昆武) appena pubblicata da add editore. “Passati i quarant’anni, ho scoperto l’importanza di accompagnare mia mamma nei suoi spostamenti, di camminare insieme a lei, contemplare le montagne, i laghi, osservare gli alberi dietro casa, il cielo e le nuvole. Durante quelle passeggiate parlavamo di tutto e di niente, ma anche della sua infanzia”. Il grande fumettista cinese, classe 1955, racconta nell’introduzione come è arrivato a comporre quest’opera.

Un’opera così personale, eppure così universale, che è una sorta di prequel rispetto a Una vita cinese, la trilogia tradotta in 16 lingue che si svolge su 60 anni di storia cinese, dal 1950 al 2009. Vale a dire dall’alba della Repubblica Popolare al successo dei Giochi Olimpici del 2008 di Pechino, ideale parabola di un Dragone sulla via del risveglio. Qui, invece, Li va indietro agli anni Trenta e alla nascita di sua madre, per arrivare poi alla fine della guerra civile e alla vittoria dei comunisti sui nazionalisti del Kuomintang.

E lo fa attraverso una storia piena di bellezza e bruttezza, come se l’una non potesse fare a meno dell’altra. A partire da un incipit crudo, in cui la disperazione fisica e psicologica si impadroniscono in modo epidermico delle tavole. “Il segno nervoso e spesso deforme del pennello di Li Kunwu non fornisce al lettore alcuno strumento per difendersi da scene di sofferenza e miseria talmente estreme da diventare disturbanti”, scrive Giada Messetti (autrice di Nella testa del Dragone) nella sua prefazione. “Eppure, tutto è funzionale alla narrazione e alla restituzione della memoria di un periodo in cui la Cina si trovava in condizioni di grave indigenza e debolezza, quasi a suggerire che la fame di successo e le ambizioni che caratterizzano oggi il Dragone trovino la loro origine negli anni in cui è nata e cresciuta la piccola Xinzhen”.

Studiare, magari un giorno fare l’infermiera. Resistere alle sofferenze della guerra, magari un giorno dimenticare la povertà e costruire un futuro radioso. La fame e l’ambizione di Xinzhen sono la fame e l’ambizione di una Cina costretta a sputare il cibo già masticato nelle bocche dei propri fratelli per provare a tenerli in vita. Grazie e repulsione coesistono miracolosamente in un racconto che accompagna con delicata violenza il peregrinare di Xinzhen tra la tanto desiderata città e la dura campagna, tra un padre e una madre non in grado di amarsi, manifestazione plastica di un paese diviso, caotico e instabile, tormentato dalle frammentazioni interne così come dalle aggressioni esterne.

Il tutto in un mondo nel quale le donne sono costrette a un destino che non si sono scelte e a cui vengono legate dalle loro stesse madri. Li tratteggia con amore filiale le scelte, compiute o subite, di Xinzhen, “Appena mia madre è apparsa sulla carta, mi è stato molto difficile controllare le emozioni. E mentre disegnavo la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua giovinezza, non c’era modo di rimanere semplice spettatore. Mi riusciva impossibile continuare a disegnare”, scrive Li nella sua introduzione, redatta così come tutta l’opera a poco più di un anno dalla morte della madre. “non potevo accettare che quella ragazzina piena di vita mi avesse già lasciato e fosse ormai così lontana da me”.

Così lontana, così vicina, in pagine di “un documento crudo e straziante, che costituisce un tassello fondamentale per il processo sempre più urgente di conoscenza del Celeste Impero e della sua storia”, scrive Giada Messetti nella sua prefazione. Pagine dalle quali talvolta la piccola Xinzhen sembra voler provare a uscire, insieme alle sue gote rosse. Quasi a ricordare che oltre la miseria e la disperazione può esserci di più, deve.

Li Kunwu (李昆武) è un fumettista (漫画家, manhuajia) cinese. Nato nel 1955 nella provincia dello Yunnan, è tra i pochi artisti della sua generazione a essersi potuto dedicare esclusivamente al fumetto, incluso il cartoon di propaganda. Per trent’anni il suo lavoro è stato pubblicato in Cina su numerose riviste illustrate, come il «Lianhua Huabao» e «Humo Dashi».

In Italia add editore ha pubblicato Una vita cinese, la trilogia tradotta in sedici lingue con cui ha raggiunto il successo internazionale (vol. 1 Il tempo del padre, vol. 2 Il tempo del Partito, vol. 3 Il tempo del denaro) e Mia madre. È stato il primo fumettista cinese a essere invitato come ospite d’onore a Lucca Comics & Games.