L’organo italiano

In by Simone

(In collaborazione con AGICHINA24)
Un milione e duecentomila euro è il prezzo pagato dalla nuova sala concerti di Harbin per un organo da chiesa italiano. E l’azienda padovana sogna di conquistare il mercato cinese della musica classica.

Una ditta italiana sbaraglia la concorrenza e vende a una sala concerti cinese un organo a canne del valore di un milione e duecentomila euro: i Fratelli Ruffatti di Padova, protagonisti sul mercato statunitense, entrano in Cina e si assegnano l’appalto per lo strumento principale della nuova sala concerti di Harbin, nel nord della Cina.

Finora il mercato cinese era stato quasi monopolizzato dai produttori tedeschi e austriaci – spiega ad AgiChina 24 Liu Dong Lai, che ha svolto il ruolo di intermediario per l’azienda italiana – ma l’arrivo dei Fratelli Ruffatti può segnare finalmente un cambio di rotta”.

Liu, organista che ha studiato a Torino, racconta in che modo l’Italia sta riuscendo a ritagliarsi uno spazio: “La supremazia tedesca risale al 2000 circa, prima questi strumenti arrivavano principalmente dalla Repubblica Ceca, ma erano di scarsa qualità. Ma oggi il suono tedesco, più potente di quello italiano, in Cina si può ascoltare ovunque, e così organisti e compositori hanno iniziato ad avvertire l’esigenza di qualcosa di nuovo”.

Se gli organi tedeschi sono adatti alle sale da concerto, spiega Liu, la tradizione degli strumenti italiani è legata alle chiese. Un suono innovativo per le orecchie cinesi, che potrebbe farsi strada.

Inoltre – dice Liu – gli organi italiani sono molto più resistenti ai cambiamenti climatici cinesi perché sono realizzati in mogano. Quelli tedeschi, costruiti in rovere, non reggono le calde estati e i rigidi inverni della Cina, e necessitano di una manutenzione continua. Infine, se i fabbricanti tedeschi e austriaci progettano l’organo, ma spesso acquistano la componentistica altrove, ad esempio in nazioni della ex Yugoslavia, i fratelli Ruffatti realizzano tutto nei loro stabilimenti”.

La Fratelli Ruffatti aveva già partecipato a gare d’appalto in Cina nel 2001 e nel 2003, ma era stata sistematicamente sconfitta dalle maestranze austriache. Inoltre in molte gare d’appalto veniva posta la condizione di aver già lavorato in Cina, che blindava il mercato ai soliti noti.

Poi, nel 2009 la ditta padovana ha partecipato alla Fiera degli strumenti musicali di Pechino presso il padiglione organizzato dall’ICE, ed è riuscita ad aprire un primo canale con i cinesi. “L’organo costa 10 milioni di yuan, oltre un milione e duecentomila euro, ma nel prezzo sono comprese le tasse, molto alte in Cina per questo tipo di prodotti, e anche il trasporto e l’installazione – racconta Liu – e le sale da concerto cinesi si stanno rendendo conto che gli strumenti di lavorazione italiana richiedono meno costi di manutenzione”.

In Cina la musica classica si sta diffondendo sempre di più tra i ceti con maggiori disponibilità economiche: la Fratelli Ruffatti sta già trattando per altre sale da concerto? “Certamente – conclude Liu Dong Lai – ma è ancora presto per parlarne. Per ora, l’importante è essere riusciti a entrare sul mercato cinese”.