Lo scorrere del tempo. Intervista ad Hai Bo

In Interviste by Simone

Scatti semplici ed eloquenti quelli di Hai Bo, per raccontare storie di gente comune ed esplorare i cambiamenti del fluire del tempo. Sintesi di emozioni e frammenti di quotidianità, che appartengono a un momento sospeso tra passato e futuro. L’intervista di China Files.

Hai Bo è nato a Changchun (Jilin, Cina) nel 1962. Attualmente vive e lavora a Pechino. Considerato uno dei più importanti fotografi concettuali, le sue opere sono esposte in numerose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Hai Bo è stato insignito del Martell Artist of the Year nel 2011 e del Chinese Contemporary Art Award nel 2000. 

La scelta dei soggetti e dell’istante da immortalare è, per Hai Bo, il risultato di un lungo processo di attesa e osservazione. La foto che accoglie i visitatori, alla mostra personale appena inaugurata negli spazi del Pace Beijing, sembra quasi un’immagine onirica.

Un carretto attraversa un’immensa landa anonima e desolata. Piccoli dettagli compongono gli scatti: tracce di umanità incorniciate in un’atmosfera sospesa tra il passato e il presente. Cieli plumbei, strade impolverate, alberi spogli, tutto è segnato dallo scorrere del tempo che fluisce come l’acqua e si alterna come le stagioni. L’insieme, malinconico e nostalgico, appare quasi come un vecchio pensiero sbiadito tra i ricordi. 

I tuoi scatti evocano un senso di realtà profonda e inevitabile, sono frammenti di storie. Qual è l’essenza della fotografia per te?
Dopo aver dipinto per molti anni, ho scoperto di non riuscire a esprimere quello che volevo dire attraverso quella forma d’arte. Gli aspetti tecnici della pittura sono troppo specialistici. La fotografia è invece un mezzo più semplice e più comune da avvicinare. Tutti possono far foto e chiunque può capirle, non ci sono ostacoli nella comprensione di uno scatto. Ancor più, il metodo della fotografia è adatto ai temi che voglio esprimere. Mi piace che l’arte sia un qualcosa di semplice e conciso, in cui fondere aspetti puramente estetici con l’esperienza ordinaria. Credo che la buona arte nasca da un equilibrio tra l’arte e il non arte. Questa è, per me, l’essenza della fotografia.

In Hai Bo, la percezione del mutamento è un elemento molto significativo che rimanda alla fragilità delle situazioni e alla distanza tra il passato e il presente.
 
Sono incantato dal profumo del tempo. È costantemente in movimento, scorre come l’acqua. L’unico modo possibile per interrompere questo fluire è fermare un attimo di tempo con la fotografia. Ma questo non è un concetto artistico, è più una questione personale. Il mio è un tentativo di controllare il passaggio del tempo e gli inevitabili mutamenti che lo accompagnano.

La mostra al Pace Beijing presenta vari lavori dell’artista, opere iconiche e scatti più recenti. La serie The Photography Diary mostra sparsi frammenti visivi di vita quotidiana. Gli scatti servono a registrare ricordi comuni che altrimenti sarebbero destinati a erodersi e scomparire gradualmente nel tempo: una sorta di diario visivo, per l’appunto. 
In risposta alla rapida trasformazione delle città, un numero sempre maggiore di artisti decide di ritornare alle proprie radici e raccontare la vita delle campagne. Che cosa significa per te ritornare ogni anno a Changchun?
Quando sono tornato a casa per la prima volta molti anni fa, sono rimasto scioccato da quante cose, che avevo conservato nella mia memoria, fossero scomparse per sempre. Ritornare a Changchun mi permette di ricordare la mia infanzia e la mia vita. Il processo di realizzazione delle foto può essere estremamente emozionante per me. Non importa da dove si venga, ognuno prima o poi deve confrontarsi con il tema della vita e del proprio passato.

Alcune delle foto della serie Untitled e Old Man sono state scattate in una casa di riposo a Changchun. Appaiono come un riflesso profondo della solitudine e della desolazione nella vita della gente anziana.

Le loro vite diventano veicoli per esprimere principi che vanno oltre il ritrarre un singolo individuo. Il loro oggi è il nostro domani. Quello che voglio esprimere attraverso questi scatti è, che in realtà, indipendentemente dal fatto che uno sia un eroe o una persona comune, rimane comunque insignificante di fronte al tempo.

Alla mostra è possibile ammirare anche l’ultima serie di Hai Bo, The Blind. L’artista ha scelto un indovino cieco come soggetto delle sue foto, per esplorare sia il desiderio umano di controllare il destino sia, realisticamente, la nostra impotenza. Hai Bo riflette sulla paura dello sconosciuto, il perseguimento di ricordi perduti e la conseguente, inevitabile tristezza che viene con il desiderio che alcune cose durino per sempre. 
Le tue foto sono semplici ed eloquenti, raggiungono le persone come una musica, nessuno può sottrarsi. Cosa ti piacerebbe trasmettere attraverso le tue foto?
Le emozioni e i pensieri che ho sperimentato in ogni momento della mia vita. Spero di creare opere che siano semplici, naturali, rispettose dell’ambiente e dei soggetti e che possano essere comprese al primo sguardo.

Che cos’è l’arte per te?
L’arte è un qualcosa che va oltre le tendenze del presente, è qualcosa che si fonde con la nostra quotidianità e che ci permette di condividere le nostre esperienze individuali con gli altri. Tutti noi artisti siamo come dei fiumi differenti: sono il tempo e le capacità a dare corpo ai nostri principi.

La scrittrice Susan Sontag scriveva nel suo saggio del 1973:
“La fotografia è l’unico “linguaggio” compreso in ogni parte del mondo e, superando tutte le nazioni e le culture, unisce la famiglia umana. Indipendentemente da qualsiasi influenza politica, dove la gente è libera, rispecchia la vita e gli eventi in modo veritiero, ci permette di condividere speranze e disperazioni altrui, chiarifica condizioni politiche e sociali”

Semplici ed eleganti le foto di Hai Bo offrono una riflessione molto personale sulla transitorietà del tempo e sulla natura degli individui, intesi come un qualcosa che può essere percepito ed esistere all’interno di uno spazio. Gli attimi si susseguono e fluiscono proprio come lo scorrere dell’acqua, ma quando vengono fermati negli scatti di questo grande artista, permanenza e immutabilità diventano i temi eterni.
 

[Foto credits: art.state.gov]
* Asia Ruperto, lucana di origine e romana d’adozione, si è laureata nel 2011 con il massimo dei voti in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi dal titolo Il Gruppo de Le Stelle e l’impatto sull’arte contemporanea in Cina. Da 5 anni si occupa dell’organizzazione del festival di cinema asiatico di Roma, AsiaticaFilmMediale. 
Attualmente è a Pechino dove collabora alla realizzazione di alcuni progetti di scambio tra arte italiana e cinese e si dedica all’insegnamento dell’italiano presso istituti pubblici e privati.