L’Iran e le ragioni della Cina

In by Simone

Mentre nei giorni scorsi infuriavano le discussioni circa le sanzioni all’Iran, la Cina concludeva un accordo per lo sviluppo del giacimento di petrolio iraniano di South Azadegan. circa 2,5 miliardi di dollari di investimento. Ed ecco che l’ottimismo da Washington, segnalato da molti osservatori, circa la possibilità di punire finalmente il bugiardo Amaninejhad, vacilla di fronte ai fatti compiuti. La verità è che la Cina è contraria alle sanzioni, ha il potere di veto all’Onu e in questo momento la posizione non pare negoziabile. Le ragioni sono tante nonostante le premesse potessero lasciare presagi scenari più ovvi.

Alcuni pensavano che la Cina avesse di fatto accettato l’esito delle elezioni iraniane, per bloccare le intrusioni Usa in un ambito sentito come proprio, ma anche per avere un Amaninejhad  più malleabile, al termine delle proteste per il voto truccato e di fronte al rischio di perdere il proprio potere. I giornali cinesi avevano sottolineato l’evidente irregolarità delle elezioni, richiedendo però calma e stabilità, lanciando la propria volata alla vittoria di Amaninejhad. Non cìera bisogno di scossoni, hanno pensato a Pechino. Si pensava che in quel modo il leader iraniano sarebbe stato più disposto ad accettare condizioni dagli amici cinesi, che ben sono a conoscenza dei brogli. Dal punto di vista cinese la situazione appariva la migliore: un leader iraniano meno forte e più bisognoso degli aiuti cinesi.

La Cina, infatti, pur difendendo l’Iran nelle sedi internazionali, più volte si è mostrata disposta a trattare a proprio modo, per porre un freno alle ambizioni nucleari di Tehran. L’asse con Iran e Russia è qualcosa che in questi tempi va oliato e gli assetti strategici rischiano di subire piccole modifiche ogni giorno, a causa di scricchiolii e di fronti che si aprono in continuazione (come ad esempio la vicenda legata al petrolio nigeriano). La situazione internazionale è fluida, in evoluzione. “La Cina chiede una soluzione del problema attraverso negoziati”, ha ribadito il ministero degli esteri cinese, senza specificare però percorsi pratici. Solo supposizioni e la volontà che le sanzioni non vadano a mettere gli occhi su business consolidati (petrolio e gas su tutti). Le sanzioni, ha ribadito tanto per essere chiari Jiang Yu, il portavoce degli esteri, e le pressioni, non sono una opzione”. Che ci siano vie diplomatiche ancora praticabili, lo conferma al Science Monitor Tao Wejiao, esperto di affari estri per l’Accademia delle scienze sociali cinese. “C’è ancora tempo per evitare le sanzioni”, ha precisato.


Gli interessi economici di Pechino in Iran sono tanti, troppi per mollare la presa. La Cina importa il 15% del suo petrolio dall’Iran. Inoltre le compagnie petrolifere statali cinesi hanno stretto accordi per miliardi di dollari per lo sfruttamento di gas e petrolio, in modo da annientare la possibile concorrenza. "L’Iran ha abbondanti risorse energetiche, le sue riserve di gas naturale sono le seconde più grandi del mondo, e tutte sono fondamentalmente sotto il suo controllo", ha scritto l’ex ambasciatore cinese a Teheran Sun Bigan nell’ultimo numero di Asia e Africa Review, pubblicata da un importante think tank del governo. La Cina è diventata inoltre partner del gasdotto tra Iran e Pakistan. L’India è uscita di scena e, tanto per chiarire le proprie strategie energetiche, la pipeline è già pronta a dirigersi dal Pakistan alla Cina.

Fino ad ora l’alleato cinese è stato quello scontato, la Russia, tanto in relazione all’Iran, quanto alla Corea del Nord. Medvedev ha recentemente espresso pareri che hanno lasciato aperta la porta a ripensamenti, ma difficilmente la Russia abbandonerà la Cina su una questione di così tanta importanza. Tao Wejiao ha la sua idea al riguardo: "la Cina non dovrebbe necessariamente essere influenzata dalla posizione russa. Non vi è ancora alcuna prova che il programma iraniano sia volto all’armamento nucleare: fino a quel momento le sanzioni non sono praticabili”.

E dopo i festeggiamenti del primo ottobre, al via la scalata alla risoluzione della prima patata bollente internazionale all’ordine del giorno: la Corea del Nord. Poi sarà la volta dell’Iran.