L’imprevedibile Pyongyang mette in allarme Tokyo

In by Gabriele Battaglia

L’anno nuovo, come si suol dire, è iniziato “con il botto”. Il 6 gennaio scorso l’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana Kcna dava notizia di un “evento stupefacente degno di essere ricordato nella storia nazionale lunga 5mila anni”. Il primo test di una bomba all’idrogeno nordcoreana era andato a buon fine

In un attimo la notizia ha attraversato il Mar del Giappone ed è arrivata a Tokyo. “Questo atto è una minaccia seria alla sicurezza del nostro paese e danneggerà in maniera significativa la pace e la sicurezza in Asia nordorientale e nella comunità internazionale”, ha dichiarato a caldo il primo ministro giapponese Shinzo Abe. “Prenderemo tutte le possibili misure per assicurare la pace e la sicurezza del nostro paese e di quella dei nostri cittadini, e per essere preparati alle circostanze più imprevedibili”.

La notizia del quarto test nucleare nordcoreano negli ultimi dieci anni ha causato un riorientamento della strategia giapponese di distensione con la Corea del Nord avviata ad aprile 2014. Allora il governo di Tokyo aveva deciso di allentare alcune sanzioni dirette al "Regno eremita" — divieto di ingresso in Giappone per i cittadini nordcoreani, divieto di attracco nei porti giapponesi per le navi di Pyongyang e embargo sui movimenti di capitale tra i due paesi — dopo che Pyongyang aveva dichiarato la propria disponibilità a riaprire il fascicolo dei rapimenti di alcuni cittadini giapponesi da parte di agenti del regime nordcoreano tra gli anni ’70 e gli anni ’80 .

La riapertura non ha finora portato a risultati sensibili. A maggio 2015, il governo giapponese, per bocca della ministra incaricata della questione Eriko Yamatani, era tornato a fare pressioni sulla Corea del Nord perché venisse fatta luce sulla questione.

Nel 2002, Pyongyang aveva ammesso di aver rapito tredici cittadini giapponesi. Tokyo ribadisce che i rapimenti accertati sono diciassette e vuole chiarezza. Con il governo Abe è ripartita una campagna di sensibilizzazione sulla questione che da due decenni trova spazio sui principali media nazionali e nei luoghi pubblici. Non è raro, ad esempio, imbattersi in manifesti come questo nelle stazioni ferroviarie dell’arcipelago.


Un manifesto di sensibilizzazione sulla questione rapimenti con l’attore Masahiro Tsugawa.

Secondo l’agenzia nazionale di polizia sarebbero oltre 800 i cittadini scomparsi probabilmente portati in Corea del Nord.

Shinzo Abe sperava di poter arrivare alla soluzione della questione. Ma la vicenda della bomba H riporta tutti all’inizio del giro. È probabile che il Giappone infatti ripristini le sanzioni alla Corea del Nord ed è già decisa a cooperare con la Corea del Sud con la quale le relazioni sembrano ora essere più amichevoli.

A fine dicembre, Tokyo ha promesso un finanziamento da circa 8 milioni di euro per una fondazione pubblica sudcoreana a sostegno delle ex donne di conforto — poco più di quaranta donne di età compresa tra gli 80 e i 90 anni, tra le 200 mila costrette a prostituirsi durante la seconda guerra mondiale per l’esercito giapponese — in quella che i vertici di Tokyo e Seul hanno definito una risoluzione “definitiva e irreversibile”. Soldi che non faranno felici le donne superstiti e gli attivisti per i diritti umani, ma che sembra accontentare il governo Park, che ora, dopo anni di polemiche a distanza, anche sulla questione nordcoreana sembra andare a braccetto con Tokyo.

Anche se oggi i vertici della difesa giapponese sminuiscono sulla bomba H, la minaccia nucleare nordcoreana — ma soprattutto l’imprevedibilità del Regno Eremita — ha certamente innalzato i livelli di allerta in Giappone. Sempre a maggio del 2015 il ministro della Difesa Gen Nakatani aveva annunciato la possibilità di una risposta armata giapponese a un eventuale attacco missilistico nordcoreano diretto a Washington. La revisione delle leggi di sicurezza nazionale di fine settembre va proprio in questo senso: favorire l’impiego di mezzi e uomini in caso di attacco contro una potenza alleata aggirando l’articolo della costituzione giapponese che sancisce la rinuncia alla guerra come metodo di risoluzione delle controversie internazionali.

Il Giappone, insieme a Cina e Corea del Sud, è tra i paesi che più sarebbero coinvolti da un’eventuale crisi nella penisola coreana con conseguente crollo del regime di Pyongyang. Il riarmo di Tokyo può essere interpretato anche in questo senso. Ma a ricordare questo rischio, forse più della bomba H, sono le imbarcazioni, probabilmente pescherecci, giunte cariche di corpi senza identità alla deriva sulla costa di Fukui, Giappone occidentale, a metà novembre. Uno spettacolo a cui gli abitanti del luogo sono da qualche anno abituati.

[Scritto per East online; foto credit: scmp.com]