Ultima tavola rotonda all’Istituto Italiano di Cultura con una discussione incentrata sul rapporto Storia e storie personali nei romanzi.
La serata e’ stata aperta dall’Ambasciatore Sessa che ha nominato la vincitrice del premio per la migliore traduzione dall’Italiano al Cinese: Shen Emei per la sua traduzione de “Il nome della rosa”.
Protagonisti dell’incontro tre scrittori la cui vita personale e’ stata toccata da eventi storici di dominio pubblico e che di conseguenza hanno portato nei loro romanzi il rapporto che esiste fra la visione pubblica di un evento storico e ciò che esso comporta nelle dinamiche di una famiglia.
“Accanto alla tigre” di Lorenzo Pavolini e’ un romanzo autobiografico circa una esperienza collettiva. Pavolini scopre difatti di essere nipote di un gerarca fascista di spicco a a scuola.
In famiglia l’argomento era un taboo che eventi esterni gli hanno consentito di frantumare, ed il suo scriverne e’ stato una sorta di terapia familiare che lo ha portato ad analizzare come la storia attraversi una famiglia. La sua ricerca e scrittura e’ una indagine circa le vicende che portarono un giovane intellettuale di buona famiglia ad abbracciare una convinzione fino alle estreme conseguenze, storia emblematica del rapporto di scontro e legittimazione reciproca del potere con la classe intellettuale.
Anche la vita di Li Er e’ stata segnata da familiari che hanno avuto un ruolo importante nella recente storia cinese. In lui il desiderio di indagine sul rapporto fra la sua famiglia e la collettività nasce il giorno in cui il nonno legge la sua copia di “Cento anni di solitudine” , lo convoca insieme al padre per rammentargli che se lui avesse scritto quel tipo di vicende sarebbe stato problematico per la famiglia ed il suo “buon nome”.
La storia di Edoardo Affinati rappresenta l’altro lato dello specchio rispetto a Pavolini: un nonno capo partigiano che venne fucilato ed una madre che riusci’ a scappare da un treno diretto ad Auschwitz.
Nel 1995 Affinati ripercorre le tappe del Venezia – Auschwitz che la madre avrebbe dovuto compiere e ne riporta le emozioni in “Campo del Sangue”. La madre era stata sempre schiva a raccontargli le vicende di quegli anni e lui le ha dato un supporto per trovare le parole (parole difficili da rimembrare anche a se stessa), il “ parlare per chi non può farlo” e’ difatti uno dei fini della scrittura a suo parere.
Inoltre lo sforzo che la scrittura può compiere a distanza di anni, grazie a ferite che non sono più grondanti di sangue, e’ quello di una riappacificazione con il proprio passato nazionale, il rancore e vivo dolore col tempo lasciano spazio alla “pietas” e le tinte leggere dei ricordi fatti storia personale possono aiutare.
I tre autori concordano sulle libertà letterarie che si possono concedere nei romanzi, il loro fine e’ “intensificare l’esistenza” dei lettori, che avvenga attraverso un genere e’ semplicemente una scelta di stile personale, ma quel che si nota oggi e’ la tendenza globale di superare i generi, nei romanzi si inseriscono elementi documentaristici, saggistici.
In linea con queste ultime riflessioni dell’intera settimana la Direttrice Alighiero ha annunciato il tema del convegno dell’anno prossimo: Letteratura e Fumetto.