Tema del terzo giorno del convegno di letteratura, che ha visto ospiti due scrittori cinesi, Hong Ying e Ning Ken e la scrittrice italiana Sandra Petrignani, è stato l’incontro e il rapporto tra Oriente e Occidente. La discussione si è allargata quindi al rapporto personale degli autori con il viaggio inteso come esperienza di vita e con la scrittura e la creazione letteraria, che nelle vicende personali scaturiscono direttamente dal contatto col mondo esterno.
Hong Ying, scrittrice cinese che ha vissuto a lungo in Inghilterra, paragona il contatto tra il mondo occidentale e quello orientale al rapporto tra l’occhio destro e l’occhio sinistro, “la mancanza di uno o dell’altro non permette una visione perfetta del mondo”. Stimolo fondamentale per perseguire una visione quanto più completa del mondo è la curiosità, “Il viaggio è un’avventura costante, un’avventura che arricchisce l’essere umano”. Hong Ying ha cominciato a viaggiare a diciotto anni, innamorata della Yourcenar, che aveva letto in traduzione cinese. “Di quella scrittrice avevo l’immagine di una stanza con una valigia sempre pronta posata a terra, come se fosse sempre pronta a partire per un posto nuovo, per poi tornare a casa e scriverne un romanzo”.
L’ultimo romanzo di Hong Ying, Ananda, è ambientato nell’India sognata per anni ma che non ha mai potuto visitare, per le vicende giudiziarie connesse con la pubblicazione di un altro romanzo, K l’arte dell’amore, ispirato alla reale storia d’amore tra un insegnante inglese e una scrittrice cinese nella Cina del 1935. Il romanzo è stato poi pubblicato in Cina col titolo L’amante inglese (Yingguo qingren) ed ha avuto un grande successo di pubblico, dovuto anche al clamore mediatico delle avventure legali. “vuoi sapere le reali motivazioni per cui hanno proibito il mio libro? Le oscenità descritte, o le offese ai familiari dei protagonisti, non sono motivi reali per censurare un libro”. Contrariamente ai romanzi cinesi tradizionali, “in cui è l’uomo al centro di relazioni amorose, il mio libro andava a offendere l’uomo e la virilità, perché la mia storia rovescia il tradizionale rapporto uomo donna, è il primo romanzo che descrive una donna in grado di padroneggiare gli incontri amorosi”.
Ripensando al proprio rapporto con l’Oriente, Sandra Petrignani ricorda Manganelli e il suo libro
Cina e altri Orienti, fondamentale per la formazione della scrittrice. La sua porta per l’Oriente è stata Istanbul, visitata a quindici anni, “quando era ancora una città completamente orientale”. Poi è stata la volta dell’India, raccontata nel romanzo Ultima India. “Il viaggio per me è un pellegrinaggio. Quando viaggio mi scelgo un luogo, una ragione, un personaggio importante che vado a conoscere attraverso le sue memorie, mi pongo degli obbiettivi”. Un pellegrinaggio che non è necessariamente in un luogo sacro o ad un tempio, un pellegrinaggio che può portare in India a riscoprire la memoria di Teresa di Calcutta o in Europa, nelle case museo di scrittrici del Novecento europeo, raccontate in La scrittrice abita qui.
Per Ning Ken, che ha vissuto in Tibet dal 1984 al 1986, il viaggio rappresenta “una fonte di scrittura, il Tibet ed i luoghi che ho visitato hanno lasciato tracce indelebili sulla mia scrittura e sul mio carattere. Anche ora che sono tornato a Pechino, a distanza di anni, sento dentro di me il fascino del ‘luogo straniero’”. Ning Ken racconta quindi delle sue esperienze di vita e di scrittura, dividendo la sua attività di scrittore in una fase iniziale, che va dal periodo universitario alla partenza per il Tibet, “in quel periodo scrivevo di tutto”. “Poi nel 1989 c’è stata come una rottura, quell’anno molti scrittori posarono la penna. Molti intellettuali lasciarono la scrittura. E anche io mi fermai”. “Gli anni successivi, di accelerazione dello sviluppo economico, ma anche di profonda perplessità, sentivo che la letteratura non poteva essere più l’unico modo per esprimere la mia personalità. Agli inizi degli anni ‘90 sono diventato un giornalista professionista, e quindi direttore in un’agenzia pubblicitaria, in cui restai per otto anni. Un periodo, durato fino al 1997, in cui misi da parte i sogni e gli ideali. L’azienda non era male, forniva un’automobile, il cellulare, viaggi all’estero, insomma mi dava motivi validi per continuare a lavorare. Sebbene la mia fu un’esperienza di successo, allo stesso tempo sentivo come una persona dotata di sentimenti stesse diventando un animale economico, non riuscivo più a pensare. Era molto doloroso”. Questa esperienza ha rappresentato per Ning Ken uno strato emotivo su cui il Tibet si è posato come un miracolo. Il momento culminante fu il 1997, quando la musica di Zhu zheqin (cantante conosciuta in Occidente col nome di Dadawa) lo riporta al Tibet. “E mentre mi toglieva qualcosa, sentivo che quella musica mi stava restituendo qualcos’altro. Non riuscivo a sentire quell’album per intero. Ci misi un anno a lasciare il lavoro. Riscoprii una vita diversa, rallentata, e ricominciai a prendere il pullman, la bicicletta a cui non ero più abituato. Anche se stavo a Pechino, quella musica mi riportava al Tibet, sentivo quella musica e scrivevo. Così è nato il mio primo romanzo La città velata”.
Il convegno si è concluso con riflessioni sul rapporto degli autori con la realtà e sul loro relazionarsi con l’atto creativo della scrittura. Sandra Petrignani è consapevole che per poter scrivere ha bisogno della realtà, “di toccare con mano, perché le cose hanno un’anima e parlano. Per questo molti amici mi definiscono animista ”. “Un personaggio viene fuori da tanti particolari reali che mi colpiscono, ma durante la scrittura, un autore deve pur rispettare le leggi della narrazione, ed in qualche modo ‘tradire’ la realtà”.
Ning Ken, che è anche vice direttore della rivista letteraria Ottobre (Shi Yue), è convinto del ruolo insostituibile della letteratura sull’esperienza umana nella nostra epoca. Il lettore si riconosce nelle sensazioni e nelle emozioni trasmesse dalla lettura, esperienza che non può trovare in altri mezzi mediatici.
“Gli scrittori sono tutti esseri umani”, afferma Hong Ying, “ma i lettori sono spesso troppo curiosi, pretendono delle risposte dagli scrittori sulle loro psicosi”. È dalle vicende umane che scaturiscono le storie: “Ogni persona è un libro, ogni esperienza è materia per un romanzo”.