La storia delle donne cinesi in un abito

In by Simone

Dai ruggenti anni Venti di Shanghai al restyling che piace alle donne occidentali, passando per il rigore della Rivoluzione Culturale. L’evoluzione del cheongsam, abito tradizionale tipico della Cina meridionale, racconta i cambiamenti della Cina e delle sue donne. Le sue caratteristiche? Pensate ai film di Wong Kar Wai.
Hong Kong anni Sessanta. In the Mood for Love. Maggie Cheung emerge elegantemente dalle tenebre. La sua figura snella è esaltata dall’abito che indossa. Passa di fronte a un giornalista che, neanche a dirlo, si innamora all’istante. Il regista hongkonghese Wong Kar Wai è un vero cultore del cheongsam. Solo in questo film la protagonista ne sfoggia 21 modelli. Secondo le orientali è un abito irrinunciabile. Comodo ed elegante, come recita un proverbio, è abbastanza pratico per essere indossato in cucina e non ti fa sfigurare nei salotti.

Le caratteristiche? Il colletto alto, in stile coreano, sensualmente abbottonato. Gli alamari fiorati scendono dalla base del collo fino all’incavo dell’ascella. La gonna è molto corta o, se lunga, ha spacchi laterali da capogiro. Non è mai passato di moda.

La sua storia segue e accompagna quella della Cina moderna. In cantonese, la lingua della Cina del sud, significa lunga veste. Fu l’abito delle prime femministe, quelle che partecipavano ai movimenti che volevano rovesciare l’impero. Prima della fondazione della Repubblica (1912) si chiamava qipao. Era una veste larga e dritta, che nascondeva le forme.

Ma il mondo stava cambiando e con esso le donne. Sempre più disinibite, coraggiose e sofisticate cominciarono a modificare l’abito secondo i propri canoni estetici. Se le vesti femminili di fine impero coprivano le gambe delle donne fino ai piedi, all’inizio del Novecento la loro rielaborazione divenne l’abito per antonomasia della femme fatale, quella dell’alta società del ricco sud della Cina.

Da allora il cheongsam si diffuse sempre di più. I primi modelli cadevano morbidi sul corpo, ma con il passare degli anni divennero sempre più stretti. Nella Shanghai degli anni Venti era un continuo interpellare il sarto affinché i nuovi abiti aderissero senza difetti al corpo diverso di ogni donna. Anche le stoffe privilegiavano sempre di più leggerezza e trasparenza. Negli anni Trenta il cheongsam era il biglietto d’ingresso per i party più esclusivi.

Ma la Cina sarebbe presto cambiata. Invasione giapponese, guerra civile, Lunga marcia e definitiva vittoria dell’Esercito di liberazione. Nel 1949 viene fondata la Repubblica popolare. Il lusso era da abolire, la borghesia un nemico da sconfiggere. La bellezza diviene improvvisamente sinonimo di valori decadenti: la donna non è un oggetto e il corpo non va mostrato. I sarti di Shanghai cominciarono a trasferirsi ad Hong Kong.

Così tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta anche Hong Kong scoprì l’epoca d’oro dei cheongsam. Almeno cento sarti abituati a vestire le mogli di politici e magnati cinesi si riversarono per le strade della colonia britannica.

Oggi la tradizione dell’abito cucito su misura è ancora nelle loro mani: il sarto più giovane ha già 64 anni. Ma il cheongsam è duro a morire. Shanghai Tang, il marchio di alta moda creato affinché lo stile cinese non si perdesse con la restituzione dell’ex colonia britannica alla Cina, li ha ridisegnati assecondando un gusto più moderno. E li sta esportando in tutto li mondo.

[Scritto per Pagina99; foto credit: antipasto.tv]