La crisi idrica e il pallino di Pechino per la stabilità sociale

In Uncategorized by Simone Pieranni

Nel 2005 il ministro delle Risorse idriche cinesi aveva messo in chiaro il problema: i cinesi dovranno «combattere per ogni goccia d’acqua o morire, questa è la sfida della Cina». L’ex premier Wen Jiabao aveva dichiarato che la penuria d’acqua minaccerebbe «la stessa sopravvivenza della nazione cinese».

La Cina di Xi Jinping lanciata a bomba verso il futuro, tra intelligenza artificiale, robotica e impressionanti progetti geopolitici come la Nuova Via della seta, deve fronteggiare alcune problematiche storiche del Paese: la scarsità e la qualità dell’acqua, ad esempio, costituiscono due rischi per la stabilità sociale non da poco.

Ci si è interrogati circa la tenuta della leadership di Xi Jinping, evidenziando alcune resistenze provenienti da ambienti universitari e facenti riferimento principalmente alla classe media e a questioni legate alle ricchezze e alle libertà individuali. Ma i veri problemi per Pechino potrebbero arrivare dalle popolazioni che negli anni stanno soffrendo una mancanza cronica d’acqua. Immaginiamo Pechino senza acqua: come reagirebbe la classe media, sempre più abituata a standard di vita alti, o come reagirebbero gli agricoltori senza acqua per le proprie coltivazioni?

Come racconta il Financial Times, «Negli ultimi 25 anni sono scomparsi 28.000 fiumi. Il flusso del Fiume Giallo è un decimo di quello che era negli anni ’40 e spesso non riesce a raggiungere il mare. Nel 2017 l’8,8 per cento dell’acqua era inadatta anche per uso agricolo o industriale».

Quindi: c’è poca acqua, soprattutto nelle regioni settentrionali, quelle a maggior impatto agricolo, e quella che c’è è inquinata al punto da non poter essere utilizzata neanche per scopi industriali.

Già Mao aveva segnalato il problema idrico cinese, suggerendo che se al nord avessero avuto problemi di acqua, il sud avrebbe potuto «prestarne un po’ della sua» e aveva ragione, perché il problema idrico cinese ha a che fare soprattutto con la distribuzione: come segnalano Paul A. Davies e R. Andrew Westgate in China Faces Serious Water Supply Problems, pubblicato nel giugno 2018, «L’80% dell’approvvigionamento idrico della Cina si trova nella Cina meridionale. Ma questa acqua non può essere utilizzata dalla popolazione di 12 province cinesi che rappresentano il 41% della sua popolazione totale, il 38% dell’agricoltura cinese, il 46% della sua industria e il 50% della sua produzione di energia. Otto di queste province stanno attualmente vivendo una scarsità acuta di acqua, mentre in quattro province l’acqua è semplicemente scarsa e due province sono in gran parte deserte. Inoltre, il problema sta peggiorando, e l’appetito cinese per l’acqua continua a crescere, con previsioni di consumo che saliranno a 670 miliardi di metri cubi all’anno nei primi anni del 2020».

Xi Jinping e l’attuale leadership cinese hanno presente il problema, tanto da dedicare risorse e progetti per risolverlo soprattutto nell’immensa area di Pechino – Tianjin – Hebei, ma le risorse idriche dei 112 milioni di persone che vivono in questo territorio sono inferiori al consumo annuo di acqua dell’Arabia Saudita.

Di fronte a questa potenziale crisi, si è parlato di “economia dei cammelli”, ovvero della necessità da parte della Cina di ragionare e modellare i propri modelli di sviluppo regionale sulla base della scarsità di acqua. Si profila infatti una crisi, scrive il Financial Times, «con conseguenze economiche, sociali e politiche potenzialmente molto più gravi della demografia, del debito e della riduzione della leva finanziaria».

Alcuni esempi di emergenze legate alla questione dell’acqua sono diventati oggetto di molti articoli apparsi sui media internazionali: nella città di Lintao, ad esempio, «i residenti nei grattacieli devono trasportare l’acqua nei loro appartamenti». A Taiyuan, capitale della provincia dello Shanxi (35 milioni di abitanti), nel principale hotel internazionale, «gli ospiti sono stati informati che l’acqua per il lavaggio era disponibile per un’ora al giorno». L’aumento previsto della popolazione di Zhengzhou entro il 2020, che dovrebbe aggirarsi in 3-4 milioni di nuovi abitanti, potrebbe creare immensi problemi: c’è acqua solo per uno dei sette nuovi impianti di depurazione.

Quindi, si chiedono molti osservatori, «perché la scarsità d’acqua non è una caratteristica centrale degli studi sulle prospettive economiche della Cina?». È un argomento, infatti, che spesso viene ignorato anche perché la Cina negli anni è corsa ai ripari con uno dei suoi tipici mega-progetti, ovvero il South North Water Transfer Project (Snwtp), il più grande sistema di trasporto di acqua, dal sud a nord, attraverso canali, dighe e aquedotti: 15mila chilometri, per un trasporto di 44 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno.

Ma secondo gli esperti, l’urbanizzazione e l’inquinamento minano anche questo progetto immaginato da Mao e diventato realtà negli anni duemila: potrebbe non essere sufficiente.

[Pubblicato su Eastwest]