La Cina sono io. Intervista a Xiaolu Guo

In Interviste by Simone

Xiaolu Guo, è una 41enne cinese che vive in Gran Bretagna e si divide tra la carriera di registra e quella di scrittrice. Il suo ultimo romanzo La Cina sono io (Metropoli d’Asia, 16,50 ), è stato inserito dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post tra i dieci migliori libri sulla Cina del 2014. China Files l’ha intervistata.
Sono ossessionata da  Aleksandr Solzhenitsyn”. E’ più o meno così che si presenta Xiaolu Guo, 41enne cinese che si divide tra la carriera di registra e quella di scrittrice. Eppure, in maniera un po’ acida aggiunge: “le recensioni che ho ricevuto sono molto buone. Sono tutti molto gentili con me, ma le domande che mi fanno sono simili tra loro. Mi chiedono molto di politica e poco di letteratura. Ma io sono una scrittrice, dopo tutto”. Ha all’attivo una decina tra film e documentari e altrettanti romanzi, di cui gli ultimi cinque scritti in inglese.

Il suo ultimo romanzo La Cina sono io (recentemente edito in Italia da Metropoli d’Asia), è stato inserito dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post tra i dieci migliori libri sulla Cina del 2014. E’ una storia d’amore che attraversa tre decadi e tre continenti. A Londra, nei giorni nostri, c’è una giovane e inquieta traduttrice. Iona viene contattata dall’editor di un’importante casa editrice  e si trova tra le mani un plico contenente lettere e stralci di diario scritti in cinese.

Di recente, durante una delle sue rarissime apparizioni a una festa del mondo editoriale, dove si era trattenuta il tempo di due rapidi drink ed era stata per lo più ai margini della ressa – la sua gonna era troppo lunga, troppo impegnativa la sua conversazione – Iona aveva sentito quella stessa editor dichiarare: «Una volta pubblicavamo biografie di personaggi illustri, come il Dalai Lama, ma oggi non interessano più a nessuno. Attirano maggiormente le figure di secondo piano, soprattutto se collegate a qualcosa di grosso».

Lentamente emerge la storia di Kubilai Jian, musicista punk di Pechino incarcerato e poi allontanato dalla Cina per le sue attività “antirivoluzionarie”. Non solo per il nome, il personaggio in questione ricorda molto il padre del rock cinese. “Sì, è ispirato a Cui Jian– ci conferma Xiaolu Guo – ma il mio personaggio è costretto all’esilio e condurrà in Occidente una vita estrema. Questo, ovviamente, è solo fiction”.

Appare sin da subito anche la sua ragazza, Mu. Aspirante poetessa che verrà trasformata in cantante da un produttore senza scrupoli sinoamericano. Lotterà con la perdita di un figlio, la perdita del padre dilaniato da un tumore e la perdita dell’uomo che amava, costretto all’esilio dalla sua passione politica.

Ovviamente c’è molto della mia vita personale in questo libro, ma non è un diario. La forma diaristica limiterebbe me e la portata narrativa delle mie opere” ci spiega Xiaolu Guo, che ha la stessa età dei suoi personaggi e ha perso il padre per un tumore. Aveva fatto però in tempo a documentare il viaggio dei suoi genitori in Europa nel delizioso We Went to Wonderland. Due cinesi che hanno vissuto il comunismo e che non possono fare a meno di criticare ogni aspetto dell’Occidente.

Nonostante la regista e scrittrice ci tiene a sottolineare la sua distanza dalla politica e dal giornalismo, La Cina sono io ripercorre sentimenti e desideri della generazione perduta di Tian’anmen. “La Cina sono io. La Cina siamo noi. Il popolo. Non lo Stato.” conclude il manifesto che sottotraccia guida tutto l’intreccio narrativo e che da il titolo al libro. Stando alle sue dichiarazioni, questa è forse l’ultima opera narrativa in cui l’autrice scaverà nel suo passato. E in quello della sua Cina.

[Scritto per Lettera43. La foto di copertina è gentilmente concessa dall’autrice]