Negli ultimi tre anni le entrate nel settore del lusso sono cresciute annualmente con una media superiore all’11 per cento grazie al boom del mercato cinese. Ma grazie alla nuova politica contro corruzione e "stravaganza" della nuova leadership guidata da Xi Jinping, quest’anno le vendite dovrebbero scendere al 4 per cento.
La giacca storta come un qualsiasi contadinotto. Secondo molti intellettuali cinesi è stata questa l’arma segreta che ha portato al potere della seconda economia mondiale Xi Jinping, un uomo che fino a un paio d’anni fa era meno conosciuto della moglie. E il presidente della Repubblica popolare non si è smentito. Da un anno a questa parte ha dichiarato guerra alla corruzione, agli sprechi e, in generale, alle “stravaganze”. Le aziende leader del mercato del lusso tremano.
Negli ultimi anni hanno goduto dell’incredibile boom dell’economia cinese. Il mercato della Grande Cina (in cui si includono Taiwan, Hong Kong e Macao) vale oggi un quarto delle entrate di Louis Vuitton, il 35 per cento di quelle Cartier e addirittura il 45 per cento di quelle di Omega. Hermes ha recentemente stimato che i consumatori cinesi potrebbero rappresentare più della metà delle sue vendite globali nei prossimi anni. Un totale che copre l’imbarazzante percentuale del 31 per cento dell’intero settore.
Ma ovviamente questo tipo di “consumatori” non coincide con la gran parte della popolazione cinese. Di fatto il 2012 è stato costellato da scandali, il più delle volte esplosi online. Troppo spesso i funzionari pubblici indossavano articoli di lusso che mai si sarebbero potuti permettere con il loro salario. Il non plus ultra si raggiunse a ridosso del congresso che a novembre dell’anno scorso ha scelto l’attuale leadership.
Gli internauti cominciarono a postare immagini di funzionari che nelle occasioni ufficiali non portavano più orologi. Sui loro polsi spiccava l’impronta bianca dei rolex evidentemente indossati fino al giorno prima. Ed ecco Xi Jinping e il suo famoso discorso di gennaio. Annuncia di voler colpire “sia le mosche che le tigri” e chiede al paese uno “stile” improntato alla frugalità e nemico di ogni “stravaganza” perché “le pratiche indesiderabili possono diventare un muro invisibile tra il Partito comunista e il popolo”.
Gran parte degli oggetti di lusso acquistati in Cina, infatti, fanno parte delle regalie ai potenti che a loro volta alimentano la corruzione nel mondo degli affari e della politica. All’epoca la crescita del mercato del lusso cinese stimata per quest’anno sarebbe dovuta assere almeno del 23 per cento. Ma al volgere dell’anno le stime sono gravemente ribassate (+4/8 per cento contro il +19 del 2012).
C’è da sottolineare però che anche così le vendite dovrebbero superare i 25 miliardi di euro, rendendo il mercato cinese del lusso secondo solo a quello statunitense. Con buona pace della “frugalità” voluta dal nuovo Presidente.
[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: asiasociety.org]