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«La Cina militarizza lo Stretto». Ora Delhi non è più neutrale

In Asia Orientale, Cina, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

Domenica due incrociatori statunitensi hanno transitato davanti nello Stretto di Taiwan. Sul dossier taiwanese è intervenuta per la prima volta anche l’India, che finora non aveva criticato le esercitazioni militari ma nemmeno reiterato la politica dell’unica Cina.

«Nel 1996 avevano mandato un grande contingente della flotta del Pacifico, stavolta due incrociatori con le armi disattivate». Tra i taiwanesi c’è chi esprime sui social qualche perplessità sulla reazione degli Stati uniti a quella che molti definiscono “quarta crisi sullo Stretto”. Domenica sono transitate due navi da guerra americane attraverso «un corridoio nello Stretto che si trova al di là del mare territoriale di qualsiasi Stato costiero», come ha sottolineato la marina del Pacifico in quello che è stato definito un passaggio di «routine» che conferma «l’impegno per un Indo-Pacifico libero e aperto».

È STATO IL QUINTO transito del 2022, in linea coi 9 totali del 2021. Ma è il primo dopo la visita di Nancy Pelosi a Taipei che, unita alla rottura dei canali di comunicazione operata da Pechino, fa leggere ogni passo reciproco come un tentativo di testare le rispettive linee rosse o di alterare lo status quo. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha definito la mossa degli Usa una «provocazione» e «un deliberato sabotaggio della pace e della stabilità regionale». «Col pretesto della libertà di navigazione, le navi da guerra statunitensi esibiscono la loro forza».

MA I MEDIA CINESI snobbano la manovra. Il People’s Daily, edizione in inglese del Quotidiano del Popolo, definisce le due navi «vecchie» e ritiene che non rappresentino un deterrente per un’eventuale invasione di Taiwan. «Se la marina degli Usa vuole scoraggiare l’Esercito popolare di liberazione, navigare attraverso lo Stretto è in realtà inutile e privo di significato» si legge nell’articolo. Le doppie manovre, militari e diplomatiche, proseguono senza sosta. Ieri il ministero della Difesa di Taipei ha individuato al largo di Taiwan 8 navi e 37 aerei da guerra cinesi, con 12 jet oltre la “linea mediana” non riconosciuta ma rispettata da Pechino fino alla visita di Pelosi.

CONCLUSA LA VISITA della senatrice repubblicana Marsha Blackburn (che si è fatta fotografare di fronte al memoriale di Chiang Kai-shek facendo arrabbiare molti taiwanesi) e in attesa di quella di Mike Pompeo il prossimo 27 settembre (la seconda in sei mesi), Taipei ha annunciato l’invio di una delegazione bipartisan a Washington a metà del mese prossimo. Alla guida ci sarà il deputato del Guomindang Chen Yixin, a conferma del tentativo del principale partito d’opposizione di riaffermarsi come interlocutore sia per gli Usa sia per Pechino, considerando il viaggio appena concluso di una sua delegazione in Cina continentale.

Sul dossier taiwanese è intervenuta per la prima volta anche l’India, che finora non aveva criticato le esercitazioni militari ma nemmeno reiterato la politica dell’unica Cina come invece aveva richiesto la Repubblica Popolare. Nuova Delhi ha accusato Pechino di «militarizzazione dello Stretto». Ed è proprio quello indiano che rischia di diventare un altro fronte caldo per la Cina. La critica è arrivata non a caso dall’Alta commissione indiana nello Sri Lanka, paese conteso tra i due giganti asiatici. Un paio di settimane fa la nave cinese Yuang Wang 5 ha attraccato nel porto di Hambantota. L’India si è molto lamentata, sostenendo che l’imbarcazione fa parte di un gruppo di mezzi che monitorano i lanci di satelliti, razzi e missili balistici intercontinentali. La Yuan Wang 5 è ripartita una settimana fa, ma nei giorni scorsi l’ambasciata cinese a Colombo ha accusato l’India di usare le preoccupazioni per la sicurezza per «interferire sulla sovranità e l’indipendenza dello Sri Lanka».

L’INDIA ha da sempre una politica estera indipendente e non allineata. Corteggiata dagli Usa che la ritengono la pedina chiave per contenere la Cina in Asia, resta vicina alla Russia. Fa parte sia dei Brics sia del Quad, partecipa a esercitazioni militari sia con Mosca sia con Washington. A mantenere viva la tensione con Pechino la questione irrisolta del confine conteso, dove nel 2020 violenti scontri tra i due eserciti hanno provocato diversi morti. Nelle ultime settimane, Nuova Delhi ha “schierato” nel Ladakh il Dalai Lama. E a ottobre sono in programma test congiunti India-Usa a circa 50 chilometri dal confine. Test che il ministero della Difesa cinese ha definito «illegittimi».

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il manifesto]