La Cina e i fiori del male

In by Simone

Si cova,
dentro l’urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.

Chiamo questo fenomeno, scrittura castrata: sono un eunuco proattivo, mi sono già castrato ancora prima che il chirurgo sollevi il bisturi. Murong Xuecun è uno scrittore cinese: in un discorso all’Hong Kong’s Foreign Correspondents Club, ripreso dal Time, raccontava le esilaranti e tragicomiche avventure di uno scrittore alle prese con il suo editore, in una lotta dialettica a colpi di forbice su ogni passaggio ritenuto sensibile dal solerte controllore.

Xuecun lascia intendere quale sia la vera vittoria della censura cinese, quando intuisce che ormai il primo censore è divenuto lui stesso, in automatico, senza rendersene quasi conto. Fenomeni da psicologia sociale 2.0 che in Cina però funzionano alla grande. Anche perché senza autocensura, si passa direttamente tra le mani delle autorità, sempre pronte a intervenire al minimo sommovimento al di sotto della patina superficiale della Cina che avanza, del paese ormai seconda potenza mondiale, della nazione armoniosa. In questi giorni, mentre il mondo assiste alle rivolte del Mediterraneo, in Cina sta succedendo qualcosa. Di nuovo e di già visto insieme, in un consueto caleidoscopio sociale che rende il mondo del web in subbuglio e il mondo reale ancora più armonizzato.

I fatti

Domenica scorsa, 20 febbraio, in tredici città cinesi è andato in scena il tentativo di rivolta, denominata la “protesta dei gelsomini”. Poche persone, subito bloccate dalla polizia, nella vita reale. Nell’altra vita, quella di internet, un bombardamento di post sui microblog si è concentrato sulle ragioni e le motivazioni, nonché l’insuccesso, della rivolta dei gelsomini. Come già per Egitto e tante altre parole sensibili, moli hua – gelsomino in cinese –  è stato censurato in modo totale: anche il té al gelsomino risultava non accessibile nelle ricerche.

Del resto Fang Binxing, 50 anni e creatore del Great Firewall, il sistema di filtri del web cinese, ha confessato al Global Times di avere ben sei vpn (l’unico modo per ovviare alla censura, collegandosi ad un server fuori dalla Cina) installati sul suo computer, per poter capire come migliorare ogni giorno la sua creatura che tutto blocca e inibisce. Su Twitter si è anche rivisto in azione l’Esercito dei 50 cents, con alcuni user impegnati a sfoltire il numero di tweet inneggianti alle proteste del Mediteranneo, nel nome del gelsomino.

Nella vita reale intanto si proseguiva con le consuete retate alla cinese: vari attivisti arrestati per sovversione, rei semplicemente di avere fatto un forward, o un retweet su Twitter, del comunicato originale partito dal sito americano per cinesi boxun.com, rasato dopo circa 10 minuti da hacker pronti ad assecondare i voleri del governo cinese. Avvocati a cui è stato impedito di uscire dal paese, attivisti arrestati: la prima ondata.

Contemporaneamente la stampa ufficiale ha fatto partire la macchina del riaggiustamento delle notizie, bollando la protesta del gelsomino come il disegno di alcune forze occidentali ostili che tentano di dividerci (parole di Chen Jiping, vice segretario generale della Commissione politica e legale del Pcc, in un’intervista concessa il 21 febbraio all’Outlook Weekly – magazine in mandarino pubblicato dall’agenzia di stampa Xinhua). Non si sono risparmiati neanche interviste a passanti o lavoratori del McDonald, che hanno confermato la tesi governativa: non c’era niente, la gente si scattava delle foto

Ciliegina sulla torta, si introduce la vecchia teoria del complotto internazionale – senza complottisti con nome e cognome – e il pericolo delle notizie false penetrate nell’oasi cinese da fonti oltreconfine, con filippiche sull’inaffidabilità dei social network stranieri e sulla necessità di ricondurre la classe giornalistica nazionale ai buoni vecchi principi della teoria comunicativa maoista: la verità è una, ed è del Partito.

In questa situazione di controllo e sorveglianza, con il mirino politico cinese puntato sull’Assemblea Nazionale del Popolo – l’istituzione più vicina al Parlamento dell’attuale Repubblica Popolare cinese che si riunirà a partire dal 3 marzo – ecco il secondo comunicato dei gelsomini cinesi. L’invito a una manifestazione non violenta, contro la corruzione e per un bilanciamento dei poteri, viene lanciata in modo continuo: i cinesi sono invitati a protestare ogni domenica. Viene anche indicata una lista delle città, passate da 13 a 23, con i luoghi del raduno. A Pechino si decide di riunirsi di nuovo di fronte al Mc Donald di Wangfujing, la via dello shopping della Capitale.

Il potere reagisce ancora, tra surrealismo, commedia all’italiana in salsa cinese e tempismo da Truman Show. Ieri, proprio su Wangfujing, davanti al luogo deciso per l’incontro floreale spunta un cartello: lavori in corso. Miracolo delle costruzioni cinesi, efficienza della municipalità di Pechino. Nel frattempo altri incauti che avevano rilanciato il secondo comunicato, diretto all’Assemblea Nazionale del Popolo, fanno la fine del topo. E si tratta di arresti eccellenti, blogger in vista, conosciuti, in grado di raccogliere intorno a sé molto del mondo dell’attivismo cinese.

Il primo a fare le spese di un retweet di troppo è Zhang Jiannan, più noto come Secreteray Zhang, animatore del forum 1984, già chiuso dal Partito alcuni mesi fa. Il suo fondatore era già stato messo ai domiciliari. Lui stesso aveva raccontato: dopo quasi due ore di confronto presso la stazione di polizia di Ganjia kou, una volante mi ha riaccompagnato a casa. Nell’atrio un uomo in abiti civili dall’aria furtiva ha sporto la testa per identificare il numero dell’interno mentre mi apprestavo a entrare in casa.
Da quel giorno sono stato confinato dentro il mio appartamento. Sul pianerottolo, davanti alle scale, ci sono tre veterani che si danno il cambio per impedirmi di uscire. Le mie richieste di uscita devono passare per una telefonata al posto di polizia di zona, che a sua volta deve chiedere istruzioni al commissariato di polizia di Ganjia kou, che infine chiede istruzioni all’Ufficio di sicurezza municipale della Sicurezza nazionale.
(da Caratteri Cinesi)

Il secondo arresto illustre è quello di Ran Yunfei, blogger sichuanese molto noto nel web cinese. Ultimamente aveva scritto molto a proposito del Premio Nobel attribuito a Liu Xiaobo, mettendosi dalla parte dei cattivi, secondo il governo cinese. L’arresto è stato motivato da sospetto di sovversione, proprio a causa di un tweet di troppo: quello del secondo comunicato della protesta del gelsomino.

Domenica 27
Pechino quindi si muove su due fronti: all’interno tende ad ignorare completamente alcune componenti chiave delle sommosse del Mediterraneo – social network e rivendicazioni democratiche – sottolineando invece gli aspetti che più terrorizzano il cinese medio, pratico e venale. Instabilità sociale e perdite economiche. Presentate così nude e crude, come fenomeni di razzìa generalizzata ed ecatombe delle aziende nazionali quotate in borsa, le rivolte del Mediterraneo perdono completamente tutto il senso poetico e rivoluzionario che noi spettatori occidentali pavloviani, oramai automaticamente, attribuiamo alle sommosse fuori casa nostra.

L’esempio libico è lampante: non appena si è avuta la conferma dalla China National Petroleum Corp. che alcuni stabilimenti petroliferi cinesi in Libia sono stati attaccati dai rivoltosi, è partita la demitizzazione dei gruppi anti-governativi in marcia contro Gheddafi. Seminatori di morte e distruzione  che – citando le parole del Colonnello – stanno combattendo tra di loro ed assumendo droghe.

Dei 10mila morti e dei bombardamenti governativi non v’è traccia.
Con l’estero invece prevale l’anima più strafottente e presuntuosa dell’establishment cinese, schierando una serie di droni deumanizzati – siano essi portavoce del ministero degli Esteri o editorialisti – a recitare la solita cantilena: il popolo cinese non vuole la rivoluzione, non riuscirete a dividerci, ci sono alcuni problemi ma li risolveremo alla cinese, fino ad apici retoriche come il cestino della Storia è sempre pieno di coloro che aspirano al collasso della Cina, una perifrasi che ben riflette la sincerità armoniosa e di amicizia coi popoli di diverso background culturale che il governo cinese è solita sbandierare nei comunicati ufficiali.

Sempre sul Global Times, quotidiano progressista in lingua inglese, un editoriale non firmato ci spiega il motivo del fallimento della protesta di domenica 20 a Wangfujing: non era una manifestazione! Era una performance artistica della Rivoluzione dei Gelsomini interpretata da molti cinesi, avevamo tutti capito male!

In attesa del secondo atto della performance artistica di domenica 27, con coefficiente difficoltà aumentato dall’ingorgo dei lavori in corso, proviamo a fare alcune previsioni: tolto l’effetto a sorpresa, la stragrande maggioranza dei partecipanti sarà occidentale, giornalisti e curiosi, sempre che oltre al cantiere non chiudano anche al traffico tutta la zona – e le previsioni danno pure neve.

Moltissima polizia prevista, soprattutto in borghese, pronta a dissuadere gli eventuali coraggiosi attori che volessero lanciarsi in improbabili variazioni sul tema rispetto al flop preannunciato. Episodi di violenza speriamo e crediamo non ve ne saranno: una foto di un cinese malmenato dalla polizia sarebbe un clamoroso autogol per la politica mediatica intrapresa dal governo (come sembrava esserlo la chiusura di Linkedin, da oggi ritornato attivo, dopo lo spegnimento di una notte e una mattinata).

Dall’altra parte, ci si chiede che senso abbia continuare a sollecitare rivolte simili, che finora hanno solamente causato molti guai ai soliti attivisti, abituati purtroppo a continui black-out della loro libertà. Forse l’obiettivo è proprio quello di cogliere in fallo l’organizzazione di Pechino, nella speranza che la tensione salga così tanto da far saltare i nervi a qualche poliziotto: un giornalista spintonato, una macchina fotografica fracassata, un manifestante malmenato sarebbero episodi adatti per sollevare un coro di sdegno internazionale.

Attendiamo questa stramba domenica pechinese, registrando per altro che i siti on line che vendono fiori non sono stati censurati.

Mettete dei fiori, sui vostri censori.