La Cina cyborg del Bookworm Festival

In Cina, Cultura by Simone Pieranni

Il festival di letteratura del Bookworm, ormai diventata una libreria storica di Pechino, segnala le tendenze in atto nel mondo letterario cinese. Non a caso quest’anno – nel vasto programma dell’edizione 2019 – erano presenti ben due incontri dedicati alla fantascienza. Se nel secondo talk uno dei protagonisti è stato Chen Qiufan (di cui i lettori del manifesto hanno già potuto leggere un’intervista) nel primo panel erano invece presenti tre giovanissimi scrittori di fantascienza, contrassegnati da alcune caratteristiche geografiche comuni, ovvero la provenienza da città «periferiche», e non dalle due metropoli al centro di trame culturali, oltre che politiche, Pechino e Shanghai.
Si tratta di tre autori che hanno vinto premi e sono stati tradotti in inglese (e in italiano) e che sono riusciti a distinguersi all’interno di un mondo che in Cina comincia a contare tanti attori: la fantascienza è, infatti, uno dei generi più in voga e nell’ampia produzione, che avviene inizialmente attraverso la pubblicazione di racconti on line, non tutto è rilevante o degno di nota.

LA LORO CAPACITÀ di distinguersi dal resto della produzione attuale è dovuta a diversi fattori; tra i più rilevanti c’è sicuramente la capacità di unire elementi futuristici a una contemplazione della condizione umana nell’odierna Cina. Nel bel mezzo di una trasformazione epocale alcuni scrittori cinesi si pongono domande sull’identità e l’umanità che rimane all’interno di un mondo sempre più tecnologico, sempre meno umano, all’apparenza.
Ad avere questa attenzione, questa tensione, è senza dubbio Peng Simeng, classe 1990, appartenente alla minoranza etnica tujia. Di recente, un suo racconto è stato pubblicato da Future Fiction, una casa editrice molto attenta al genere e unica, per ora, a pubblicare gran parte delle novità di fantascienza provenienti dalla Cina.

La sua è una storia particolare, perché intimamente connessa a quella corsa tecnologica che sta trasformando il paese; da ex dipendente della Tencent, il colosso che vale più di Facebook e Alibaba e che oltre a grandi affari nel mondo dei videogiochi è anche produttrice della «app delle app» WeChat (Weixin in mandarino), Peng rappresenta al meglio la cesura in atto tra rivoluzione digitale e la sua trasfigurazione letteraria: «Nel 2016, racconta, ero product manager alla Tencent, la più grande compagnia Internet cinese: ogni giorno il lavoro era molto pesante e ogni sera dovevo fare gli straordinari. Naturalmente, allo stesso tempo, potevo sfoggiare un buon reddito, una buona posizione sociale agli occhi degli estranei e buone prospettive. Ma dopo un lungo periodo durante il quale finisci per lavorare come una sorta di macchina, cominciano a sentirsi alcune emozioni nel proprio cuore che all’inizio non sono chiare, ma che via via crescono. La mia vita stava procedendo su azioni sempre più basilari: mangiare, bere, fare shopping e fare shopping. A quel punto ho deciso di uscire da questa vita: ho scoperto l’esistenza di un concorso di letterario su internet e ho partecipato, scegliendo come ambito la fantascienza».

HA COSÌ SCRITTO un racconto di fantascienza Beast Boxing (dopo essere rimasta folgorata da una biografia su Mike Tyson ed essersi iscritta a una scuola di boxe), sulla scalata al successo di una ragazza che vuole competere – come si legge nell’edizione italiana di Artificina, un’antologia di fantascienza contemporanea cinese in uscita il 9 maggio – per il titolo mondiale di «Beast Boxing, un’evoluzione futuribile della boxe del ventunesimo secolo, «tra realtà aumentata e pugili del passato ricreati tramite ologrammi». Da questo successo, per Peng è iniziata una nuova vita.

CHEN QIUFAN, scrittore ormai affermato, nella sua prefazione all’edizione di Artificina, raccoglie al meglio la «poetica» e la sfida di questi nuovi scrittori cinesi: «Soprattutto nella Cina odierna, dove le persone in qualche modo sono già cyborg e i telefoni cellulari e internet sono diventati un’estensione degli organi corporei, è impossibile immaginare che un individuo possa sopravvivere in una città cinese senza smartphone. Tutti i dati, i servizi, i controlli e i pagamenti sono strettamente interconnessi a questo piccolo dispositivo, e ne consegue che, per i nostri scrittori, la sfida maggiore sia quella rappresentata dall’immaginare il futuro in una società che già pullula di cyborg».

Nella placida atmosfera del Bookworm a Sanlitun, il quartiere noto per la movida ma ormai trasformato come tanti altri luoghi della capitale, insieme a Peng c’è anche Zhang Ran. Come il famoso Han Song (anch’egli intervistato su questo giornale), ha fatto il giornalista presso una nota rivista di economia cinese. E come Han Song, da reporter ha compiuto il balzo verso la scrittura di fiction: «il giornalista – racconta – è un osservatore della società e ha un grande vantaggio, quello di poter cercare la scintilla di luce nel lato oscuro della società: capisci l’aspetto della realtà e finisci per cercarne le note discordanti, come fa Neo in Matrix.

Ho cominciato a scrivere di fantascienza nel 2011, quando mi sono dimesso dalla rivista per cui lavoravo e ho cominciato a scrivere racconti su alcuni siti internet. In realtà ho provato diversi stili, quello distopico, quello focalizzato sull’intelligenza artificiale il thriller tecnologico, i viaggi nel tempo ma in generale mi piace scrivere di futuro anche nel passato, utilizzando eventi storicamente accaduti». Anche per lui grande rilevanza va affidata al luogo di provenienza: «Ho vissuto a Shenzhen, dove l’atmosfera è ormai fortemente influenzata dalla scienza e dalla tecnologia: tutto questo mi spinge a cercare una sorta di realismo aumentato, ma il mio luogo originario è lo Shanxi, un posto meno sviluppato in cui posso ragionare meglio sulla storia e pensare a vicende filosofiche in grado di passare dal passato, al presente, fino al futuro». Anche di Zhang Rang si può leggere un racconto in italiano, Etere (Future Fiction, traduzione di Francesca Secci).

INFINE, AL BOOKWORM, c’era anche un terzo autore, Bao Shu, già abbastanza noto e tradotto in inglese, anche per una sorta di sequel al romanzo ormai famoso in tutto il mondo, Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, il padre della new wave sci-fi cinese. Il suo obiettivo è molto chiaro: «Mi piace scrivere sui seguenti temi: tempo, alienazione e storia, in una parola esplorare le incredibili possibilità contenute nelle profondità dell’esistenza umana».
Bao Shu (un suo racconto è stato pubblicato su Sinosfera, di Future fiction) vive a Xi’an, antica capitale della Cina: «Quasi ogni strada ordinaria o una zona residenziale – racconta – è stata la casa di una famosa figura storica o di un evento importante. Queste caratteristiche favoriscono la scrittura di fantascienza, permettendomi di cogliere una tensione speciale e una dimensione più eterogenea: negli ultimi anni, infatti, la mia scrittura si è gradualmente trasformata in fantascienza di natura storica».

*

SCHEDA: «ARTIFICINA», UNA ANTOLOGIA SCI-FI

Artificina, Antologia di fantascienza contemporanea cinese (Future Fiction), appena pubblicata, contiene i seguenti racconti: Fan Yilun – «City Lights» (Un corpo di ballo composto da androidi e la sua lotta per ottenere il riconoscimento sociale sotto la minaccia di essere chiusi, dismessi e dichiarati illegali); Zhao Lei – «Una celebrità condivisa» (Quali compromessi deve accettare un attore per continuare a lavorare nel settore cinematografico? E fin sarà costretto a spingersi per continuare a essere se stesso e non vedere la propria identità svanire?); Gu Di – «Dipingere le ossa» (un giallo futuribile in cui si sviluppano i temi della creazione di esseri umani artificiali, il rapporto tra scienza e coscienza individuale, i limiti etici della ricerca scientifica e il rapporto con il diritto); Regina Kanyu Wang – «Il vigile del fuoco» (Un vigile del fuoco è impegnato a salvare vite umane, finché qualcosa rende il suo comportamento pericoloso. Cosa si nasconde dietro la sua vicenda personale? Una storia toccante di amore fraterno); Peng Simeng – «Beast Boxing». Prefazione dello scrittore Chen Qiufan (tradotto da Chiara Cigarini). Traduzioni dal cinese di Giorgio Bellobono, Clio Dalmasso, Milena Lazzaretti e Aurora Nori.

[Pubblicato su il manifesto]