La Cina alle Maldive

In Uncategorized by Simone

 Il parlamento delle Maldive ha votato una legge che permette per la prima volta agli stranieri di comprare terreni (cioè isole) nell’arcipelago sinonimo di “luna di miele con scuola di sub, tutto compreso”. Tuttavia, la notizia ha immediatamente suscitato preoccupazioni per una possibile razzia – si parla addirittura di land grabbing – da parte di compagnie cinesi. Le Maldive rappresentano per altro una zona strategica dell’Oceano Indiano.
Decine di imprese straniere gestiscono resort di lusso nelle isole Maldive, che al momento sono date in concessione per 99 anni. La nuova legge consente agli stranieri che investono più di un miliardo di dollari di possedere i lotti in perpetuo, a condizione che almeno il 70 per cento dei terreni siano recuperati dall’Oceano. La mente corre subito alle bonifiche che la Cina sta compiendo nel Mar Cinese Merdionale (non è l’unica, a onor del vero). Così, parlamentari dell’opposizione hanno espresso il timore che la normativa possa aprire la strada ai cinesi per creare basi nelle Maldive, che si trovano al crocevia di rotte navali internazionali est-ovest estremamente strategiche. Anche l’India drizza le orecchie ed è preoccupata per una maggiore presenza cinese nella zona, che considera propria sfera di influenza.

La deputata Eva Abdulla, del Partito democratico all’opposizione, ha dichiarato di temere che il Paese diventi la prima linea di una potenziale lotta di potere tra Pechino e Delhi“Non possiamo ignorare il fatto c’è una guerra fredda montante tra India e Cina", ha detto Abdulla.
“È nel nostro interesse il mantenimento di pace e stabilità nell’Oceano Indiano. L’India è il nostro vicino più prossimo e non siamo un Paese nel Mar Cinese Meridionale”, ha detto, riferendosi alle dispute territoriali che dividono la Cina da diversi Paesi nell’area.

Da parte sua, il governo ha detto che la nuova legge non minaccerebbe la sovranità delle Maldive ed è necessaria per attirare investimenti stranieri. In particolare, si cerca l’appoggio cinese per costruire un ponte di circa 1,4 chilometri che dovrebbe collegare Malè, la capitale, con la vicina isola dove si trova l’aeroporto. Secondo l’esecutivo, gli investimenti stranieri saranno solo su base commerciale e non militare o strategica. In base ai calcoli dello stesso governo, gli stranieri potranno acquistare circa il 10 per cento dei 298 chilometri quadrati che costituiscono le terre naturalmente emerse. La speranza è che capitali provenienti dall’estero convergano nelle zone economiche speciali istituite appositamente dal presidente Yameen per rendere l’economia meno dipendente dal turismo“Non abbiamo intenzione di vendere la terra ad altri Paesi, che si tratti della Cina o dell’Arabia Saudita”, ha sottolineato il vicepresidente Ahmed Adeeb.

Le Maldive, un arcipelago di 1.192 isolette coralline sparse attorno all’equatore, persero circa il 62 per cento del PIL quando lo tsunami del dicembre 2004 ne distrusse le poche infrastrutture e colpì duramente il turismo. In quell’occasione, solo nove isole rimasero illese, anche se l’onda anomala non superò mai i 4 metri d’altezza per via della particolare conformazione dei fondali (108 furono i morti accertati).
Sono una repubblica presidenziale afflitta dai disordini politici dal febbraio 2012, quando il primo presidente eletto democraticamente, Mohamed Nasheed, fu rovesciato in un golpe orchestrato da polizia e militari. Ex attivista contro il cambiamento climatico, Nasheed è stato condannato a tredici anni di reclusione per “terrorismo” lo scorso marzo, in un processo ritenuto irregolare da più parti.

[Scritto per Lettera43; foto credits scmp.com]