Iran e Cina/ Dalla via della Seta, all'”altro asse”

In by Simone

– La crisi iraniana apre scenari geopolitici di rilievo nell’area medio orientale. E la Cina ha un ruolo da protagonista. Di seguito la prima parte di una ricerca sulla storia delle relazioni tra i due paesi, per aiutare la comprensione di equilibri fondamentali per la regione –

Le relazioni Cina-Iran hanno una lunga storia che risale alla dinastia Han (汉朝202 a.C. -220 d.C.), quando l’esploratore Zhang Qian (张骞), in missione per conto dell’imperatore (138 a.C.-126 a.C)., si spine fino in Medio Oriente. I dettagliati resoconti di questo viaggio contribuirono all’apertura della Cina al mondo esterno attraverso quella che sarebbe poi stata chiamata la Via della Seta (丝绸之路). A distanza di secoli questi rapporti sono diventati un fattore cruciale della politica estera di entrambi i Paesi, i cui interessi economico-politici li hanno resi ottimi alleati.

Ripercorrendo gli sviluppi di queste relazioni a partire dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese si possono rintracciare le ragioni che fanno del rapporto Cina-Iran non una semplice relazione commerciale, ma un legame più complesso nel quale le ragioni politiche e strategiche giocano un ruolo importante.

Nel primo decennio successivo alla proclamazione della nuova Cina, le tensioni tra i due stati erano piuttosto vive a causa dello scontro in atto tra il blocco sovietico e i paesi della Nato. L’Iran dello shah Reza Pahlavi allineato alla politica occidentale e fortemente legato agli Stati Uniti, riconosceva come legittimo governo della Cina la Repubblica di Taiwan; la Cina, dal suo canto, appoggiava il Fronte Popolare iraniano e la politica di nazionalizzazione del petrolio del primo ministro Mossadeq Muhammad. I margini per rapporti diplomatici erano quindi inesistenti, e il colpo di stato che depose il premier iraniano nell’agosto del 1953, ordito dallo shah e dagli Stati Uniti, non fece che peggiorare la situazione.
 
Bisognerà attendere gli anni 60, quando, in seguito alla rottura dei rapporti tra Cina ed Unione Sovietica, la Repubblica Popolare intraprese una nuova politica estera che la portò ad una graduale normalizzazione dei rapporti con l’Occidente. La distensione con gli Usa favorì anche il miglioramento dei rapporti con l’Iran visto come ottimo alleato in chiave antisovietica. In quegli stessi anni anche la politica estera iraniana iniziò un nuovo corso, e la Repubblica Popolare cominciò ad essere considerata come potenziale alleato per le nuove esigenze politiche dell’Iran.

Il mutare degli equilibri internazionali che si andò determinando in quegli anni, aveva infatti spinto l’Iran ad intraprendere una politica diplomatica che le permettesse di essere maggiormente indipendente dalle interferenze dei paesi occidentali, specie per il normalizzarsi delle relazioni Usa-Urss, che rappresentavano una minaccia per gli interessi iraniani. Cina e Iran intravidero la possibilità di poter giocare un ruolo più incisivo nella scena internazionale: questo favorì il loro riavvicinamento. Restarono aperte alcune questioni cruciali come l’ammissione della Repubblica Popolare all’ONU e i rapporti che l’Iran continuava ad avere con Taiwan, tuttavia i primi accordi commerciali furono siglati, e gli scambi tra i due paesi si fecero crescenti.

Fu negli anni 70 che, con il crescere della minaccia egemonica di Stati Uniti ed Unione Sovietica nell’area del golfo persico, i rapporti tra Pechino e Teheran fecero un consistente passo in avanti. Il 16 agosto del 1971, ad un mese dall’annuncio della visita di Nixon in Cina, l’Iran e la Repubblica Popolare siglarono un comunicato congiunto con il quale Teheran riconosceva la Repubblica Popolare come l’unico legittimo governo della Cina, e quest’ultima si impegnava a contribuire alla salvaguardia delle risorse naturali iraniane.

La svolta definita arrivò però negli anni che vanno dal 1979 alla fine degli anni 80, quando la politica di entrambi i paesi fu travolta da profondi cambiamenti. Nel gennaio 1979 l’Iran è investito dalla rivoluzione islamica che costrinse lo shah ad abbandonare il paese, e nell’aprile dello stesso anno venne proclamata la Repubblica islamica iraniana. In Cina intanto l’11esima sessione plenaria del PCC era già stata conclusa, e le politiche di riforma ed apertura, definite come “seconda rivoluzione”, muovevano i loro primi passi. La Repubblica Popolare riconobbe immediatamente il nuovo governo di Teheran, segno evidente che la politica ideologia del periodo maoista era stata definitivamente superata e il pragmatismo sostenuto da Deng Xiaoping trovava spazio anche nella politica estera.

Superati i dissapori ideologici in nome della crescita economica, la strada verso lo sviluppo di rapporti stabili venne però ostacolata dallo scoppio della guerra Iran-Iraq (1980-1988). La Cina si mantenne neutrale, auspicando una pacifica risoluzione delle contese. Un atteggiamento del tutto comprensibile data la delicatezza della situazione internazionale e il ruolo ancora marginale che Pechino aveva sulla scena internazionale. Ad ogni modo, nel 1985 i due paesi firmarono un “protocollo di collaborazione economica, commerciale e scientifica”, preludio a tutta la serie di accordi che sarebbero poi stati siglati a partire dalla fine della guerra.

Si arriva così ad oggi: la Cina è diventata il primo partner commerciale dell’Iran con una crescita degli scambi che nel periodo tra il 2000 e il 2005 è stata del 360%.
I fattori che hanno permesso la formazione di questi importanti rapporti sono molteplici: dal punto di vista della politica estera Cina ed Iran condividono lo stesso atteggiamento nei confronti delle questioni internazionali. Entrambi fautori di una politica di non allineamento – che dopo la caduta dell’Unione Sovietica si è tradotta nella politica della pacifica coesistenza tra gli stati e nel rifiuto delle ingerenze esterne – reclamano un ruolo più attivo per i paesi in via di sviluppo.

Inoltre sono molte le questioni comuni per le quali i due paesi vengono spesso criticati dalla comunità internazionale, e di fronte alle quali le loro posizioni sono simili. Si pensi ad esempio ai problemi legati ai diritti umani e alla libertà di espressione. Ovviamente gli interessi di Pechino e Teheran, anche a fronte di accordi economici, da un punto di vista politico, non possono essere considerati completamente comuni e condivisi. La Cina ha un grande bisogno energetico e per soddisfarlo, in veste di crescente potenza internazionale che già ricopre ruoli importanti all’interno di organismi internazionali, si impegna per la coesistenza pacifica assumendo un atteggiamento necessariamente diplomatico poiché il terreno in cui ci si muove è molto delicato.

Dietro questa facciata si nasconde una scelta politica accuratamente elaborata che si può rintracciare in tutta la politica estera cinese nei confronti dei paesi in via di sviluppo: l’ascesa verso un ruolo dominante fatto a suon di investimenti e collaborazioni, che permettono alla Cina di conquistare la fiducia internazionale in quanto potenza matura e allo stesso tempo le garantisce il soddisfacimento delle necessità economiche.

Ed è questo stesso atteggiamento che spinge l’Iran ad aprirsi al gigante asiatico. Teheran vede in Pechino la possibilità di contrastare la politica statunitense in Medio Oriente e di creare rapporti amichevoli con i paesi confinanti, nonché, l’opportunità di avere un partner che favorisca la crescita economica senza interferenze nella politica interna.

A questo si aggiunge il fatto che le economie dei due paesi sono in un certo qual modo complementari. Da un lato la Repubblica Popolare nel pieno dello sviluppo economico, con una grande disponibilità di mano d’opera ed una crescente capacità tecnologica, soprattutto per quanto riguarda l’esplorazione e l‘estrazione di risorse naturali, ma una ridotta disponibilità energetica, dall’altro l’Iran ricco di risorse naturali ma con un gap tecnologico ancora considerevole ed un’economia che, se si esclude la vendita di petrolio, è ancora in una fase arretrata a seguito degli 8 anni di guerra con l’Iran e le sanzioni imposte dagli organismi internazionali.

Tutti questi elementi mostrano quanto sia importante per i due paesi mantenere stabili queste relazioni, e di fronte agli avvenimenti che investono l’Iran in questi giorni, si capisce la preoccupazione che Pechino nutre per questa vicenda. Una minaccia di crisi in un’area nella quale, con molta attenzione, cerca di ricoprire un ruolo da protagonista.