India – Padri della Patria: un album di figurine vuote

In by Simone

Qualche giorno fa ho letto un bel pezzo di Shivam Ji pubblicato su Scroll.in, si intitola "Perché è così semplice per Modi appropriarsi di icone a lui opposte (e perché gli indiani comprano il Mein Kampf)" e mi sono frullati per la testa un po’ di ragionamenti.
Il pezzo, prima di tutto, lo potete – e dovreste – leggere in inglese qui. Per i pigri o eccessivamente impegnati, provo a fare un riassunto ultra condensato.

Secondo Shivam Ji, il mischione di icone nazionaliste che oggi come in passato imperversa nell’immaginario collettivo indiano, si è costruito così com’è poiché l’India vive una cultura in cui l’iconofilia va per la maggiore: adorare o elevare a feticcio pop delle immagini (fisiche o astratte, sfruttando l’effetto dell’associazione mentale) alla lunga spogliate della loro complessità. Shivam Ji spazia dal figlio dell’imprenditore indiano chiamato Che, in onore di Che Guevara, all’appropriazione della destra ultranazionalista hindu di figure come Bhagat Singh, rivoluzionario indiano ateo e comunista.

L’appiattimento di un personaggio storico ad icona, sempre secondo Shivam Ji, permette anche la presenza del Mein Kampf sulle bancarelle di libri in vendita, non come endorsement politico ma, quotando, dal pezzo, poiché chi compra il libro "è attratto dalla figura umana di Hitler", poi il Mein Kampf nemmeno se lo legge. (Figura umana nel senso, presumo, di uomo forte al potere, l’Uomo del Fare).

Questo pezzo mi ha ricordato un certo sbigottimento iniziale quando, anni fa, vidi nelle bancarelle del Bengala Occidentale un poster celebrativo della Festa della Repubblica in cui erano raffigurati diversi Padri della Nazione, tutti assieme. C’erano il Mahatma Gandhi, Nehru Gandhi, BG Ambedkar (di cui avevo parlato in contrapposizione a Gandhi, qui), Subas Chandra Bose, Bhagat Singh, Rabindranath Tagore (elencando solo quelli che "conosco", approssimativamente), in un mix che ho trovato – e continuo a trovare – curioso.

Ovvero: si è riuscito ad appiattire in modo tremendamente efficace una serie di personaggi complessi e opposti (penso anche solo Bose, generale filo-giapponese durante la Seconda Guerra mondiale, e Bhagat Singh, che si leggeva Lenin) sul concetto di opposizione ai britannici, e da lì si è costruita una retorica svuotata, un album di figurine sul quale ora – dopo che l’aveva fatto il Congress – il Bjp e la destra Rss fa scorribande culturali, arraffandosi tutto quello che può nella sua opera di appropriazione iconografica.

Ho provato a pensare ad altri esempi nella storia recente ma non mi vengono. Non mi viene in mente nessun altro paese in cui figure così distanti vengono fatte passare come insieme di un tutto, soprattutto coperti dal marchio di garanzia di "amici di Gandhi".

Pare, secondo quanto mi dicono amici indiani qui, che nelle scuole venisse insegnato che Bhagat Singh era, mutatis mutandis, un "compagno che sbagliava", cioè lottava la stessa battaglia di Gandhi ma con metodi sbagliati che Gandhi criticava, ma siccome al Mahatma piaceva, allora è ok, lo possiamo ricordare (e oggi uno come Bhagat Singh sarebbe definito un terrorista filo-naxalita).

Storici, antropologi, indologi, nerd e fissatoni, vi viene in mente qualcosa di simile altrove? O siamo davvero di fronte all’ennesimo unicum indiano?

[Scritto per East online]