In libreria: Brand Tibet

In by Simone

Quello del Tibet è un tema che continua a far parlare di sé, una questione politica aperta che negli anni ha ispirato innumerevoli prese di posizioni tutt’altro che concilianti. La notizia del prossimo viaggio del Dalai Lama negli Stati Uniti e le polemiche che sono derivate da parte cinese sono solo l’ultimo tassello di una vicenda che dal 1950 ad oggi è passata per un’occupazione militare, fenomeni di risentimento e di repressione, spaccature diplomatiche e polemiche mediatiche.

Brand Tibet ancor prima di essere un libro sul Tibet si propone di raccogliere e contestualizzare immaginari contrastanti che ruotano attorno all’altopiano tibetano. Da Hollywood all’Italia, da Dharamsala a Pechino viene ripercorso il tentativo compiuto in Occidente, in Cina e nella comunità esule di appropriarsi, razionalizzare e propagare distinte riformulazioni della storia tibetana, ognuna delle quali è supportata da un codice di riferimento familiare al proprio pubblico.

A monte c’è la volontà di rispondere ad assunti troppo spesso dati per scontati, a quelle verità prefabbricate che ricercano un’auto-legittimazione nel fatto, armonizzando valori ed interessi particolari al corso storico degli eventi. Abbiamo scelto di partire dal fazionalismo di casa nostra, diviso tra una maggioranza di sostenitori del marchio free-Tibet e una minoranza di scettici anti-Tibet, ricercando riscontri negli ambienti politici della più diversa estrazione e nel mondo del marketing, dove la causa tibetana è andata sempre più definendosi in un lifestyle fatto di impegno pacifista o per l’autodeterminazione dei popoli, con velleità intellettuali vanificate da un semplicismo di fondo.

Il mito-Tibet ha però radici lontane, che risalgono all’epoca coloniale, quando l’inaccessibile e misterioso altopiano tibetano si presentò agli occhi di avventurieri e viaggiatori occidentali come un completamento spirituale del mondo occidentale, superiore ed evoluto, ma pur sempre imprigionato nel materialismo e nel razionalismo scientifico delle società industriali. Proprio a questa immagine mitizzata del Tibet si è richiamata la politica del governo in esilio del Dalai Lama, che ha compiuto una vera e propria riformulazione dell’identità tibetana, intraprendendo una direzione nazionalistica sulla base di valori e ideali delle società moderne occidentali.

L’immagine indipendentista e “occidentalizzata” del Tibet è divenuta così parte attiva nello sviluppo di una pericolosa dicotomia, che contrappone il nazionalismo tibetano a quello cinese. Ognuno con la sua scala di valori e ognuno con pericolose derivazioni propagandistiche, l’una in senso liberale e l’altra socialista. È dall’isolamento, l’analisi e la demistificazione di queste prospettive che si può risalire infine a un’unica matrice della contesa, riconducendola a uno dei tanti nodi lasciati insoluti dal colonialismo europeo e, attraverso il ricorso ad una prospettiva post-coloniale, restituendola a modelli relazionali politico-culturali peculiari asiatici, come possibile alternativa all’ordine internazionale contemporaneo.


Brand Tibet, La causa tibetana e il suo marketing in Occidente, Derive e Approdi, 7 euro