Il miliardario cattolico alla sbarra

In by Simone

Corruzione, affari illegali e aggiotaggio. Chiuso nella sua cella del Centro di detenzione numero uno di Pechino, il miliardario Huang Guangyu ha finalmente visto formalizzate le accuse nei suoi confronti. La notizia è arrivata alla vigilia di Chunjie, la festa di primavera con la quale la Cina celebra l’inizio del nuovo anno lunare.

Una data che per Huang potrebbe rappresentare la fine della sua carriera da imprenditore. Un’ascesa rapida e sorprendente, che in pochi anni ha visto assurgere il figlio di una povera famiglia di contadini al ruolo di uomo più ricco della Cina, fondatore e presidente della Gome, la più estesa catena di prodotti elettronici della Repubblica popolare. Una scalata alla quale la magistratura cinese ha messo fine 15 mesi fa, quando Huang venne arrestato con l’accusa di aggiotaggio per aver manipolato le oscillazioni dei prezzi del mercato borsistico, favorendo così una delle aziende possedute da suo fratello Huang Junqin.

Nel bene e nel male la vita Huang Gaunyu (conosciuto anche con la pronuncia cantonese del suo nome, Wong Kwong Yu) è l’immagine della Cina degli ultimi trent’anni, forgiata dalla fin troppo abusata massima denghista  «arricchirsi è glorioso». Tracciare una biografia del miliardario è però molto difficile a partire dalla sua stessa data di nascita. Che si tratti del 1969 o del 1970 non è ancora ben sicuro, mentre andando avanti si rischia addirittura di cadere nell’agiografia. È invece certa la forte educazione cattolica ricevuta dal ragazzo, nato in una povera famiglia contadina di Shantou – nella provincia costiera del Guangdong. A sedici anni, abbandonati gli studi, parte per Pechino dove grazie ad un investimento di qualche centinaio di dollari mette su una bancarella dove vende radio, orologi e altri prodotti elettronici. Uno spiccato senso degli affari e i contatti con la provincia natia, considerata oggi la fabbrica della Cina, fanno il resto.

Huang compra i prodotti direttamente dal Guangdong per poi rivenderli a Pechino. Un commercio sempre più redditizio grazie al quale crea il suo impero economico: la Gome. Oltre 1300 negozi in 182 città della Cina e una fortuna personale, prima dell’arresto, che oscillava tra i 2  miliardi di euro (secondo le stime dalla rivista Forbes) e i 6,3 miliardi secondo l’autorevole Hurun Rich List, che posizionava Huang al primo posto  tra gli uomini più ricchi della Cina.

Un patrimonio che non è servito a evitargli il carcere. Troppo deboli i suoi legami politici, spiega una fonte anonima del Financial Times vicina all’establishment militare del sud della Cina. Ma non solo. Secondo il quotidiano britannico l’impero commerciale di Huang, con le sue migliaia di negozi e milioni di posti di lavoro, sarebbe diventato troppo importante all’interno del sistema economico cinese e troppo grande per essere affidato alle mani di un privato cittadino. Diversa l’opinione dei comuni cittadini.
Secondo un sondaggio condotto dal China Daily, il 91percento dei cinesi pensa che i nuovi ricchi abbiano beneficiato dei loro rapporti con i funzionari governativi e solo uno scarso 16 percento considera l’intelligenza e il duro lavoro le ragioni del loro successo. «La tragedia di Huang Guangyu è dovuta ai suoi legami con i funzionari – scrive un utente sul sito del Quotidiano del Popolo – è la prova che senza questi legami molti imprenditori andrebbero in rovina». Una rabbia «giustificata» spiega al China Daily il professor Cai Jiming, direttore del Centro di economia politica dell’università Tsinghua, citando una ricerca del 2007 del Boston Consulting Group secondo la quale lo 0,4 percento della popolazione cinese deterrebbe il 70% della ricchezza del paese. Un divario che allarma il governo, ma lentamente va riducendosi. In Cina, tra il 2005 e il 2007 il coefficiente di Gini – dove lo 0 indica l’eguaglianza perfetta e 100 la disuguaglianza – è passato da 41 a 40.8. «Credo -conclude il professor Cai – che se guidata e con una maggiore supervisione, l’economia privata possa fare bene alla nazione».

[Pubblicato su Il Riformista il 17 febbraio 2010]

[Foto da China Daily]