In Cina e Asia – Un anno di trade war è costato a Cina e Usa 20 miliardi di dollari

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Nella giornata di ieri Stati Uniti e Cina hanno ripreso le negoziazioni con una telefonata “costruttiva” (versione americana). Ma le sorti dell’accordo commerciale – abortito lo scorso maggio – sono tutt’altro che chiare, nonostante la tregua annunciata da Trump e Xi Jinping a margine del G20. L’unica certezza sta nelle perdite reciproche. In un anno, la trade war è già costata all’export di entrambi i paesi circa 20 miliardi di dollari. Lo sostiene un report del Nikkei Asian Review, secondo il quale nello specifico le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti  sono calate del 14% per un totale di 18 miliardi, pari al 3% delle spedizioni annuali totali della Cina verso gli Stati Uniti. Più pesante il contraccolpo incassato dalla prima economia mondiale, il cui export verso il paese di mezzo è crollato del 38%, ovvero di 23 miliardi. Ma la batosta per la Cina dovrebbe ancora arrivare. non solo perché le merci cinesi sottoposte a tariffe – soprattutto prodotti industriali – hanno cominciato a risentire delle sanzioni con vari mesi di ritardo rispetto ai prodotti statunitensi sotto dazi. Dopo aver soprasseduto pazientemente, il perdurare delle tensioni commerciali sta ora spingendo le aziende straniere e cinesi a delocalizzare fuori dal paese asiatico la propria produzione [fonte: Nikkei, Reuters]

La banca centrale cinese sfida Libra

La banca centrale cinese ha avviato, con l’approvazione del Consiglio di Stato, un progetto di ricerca per sviluppare una moneta digitale centralizzata in grado di competere con la criptovaluta di Facebook Libra. Il piano, vagheggiato fin dal 2014, pare abbia riportato una netta accelerata da quando l’azienda di Mark  Zuckerberg ha svelato le proprie intenzioni. “Dal punto di vista del governo, prestiamo maggiore attenzione alla sua influenza sui servizi finanziari, le politiche monetarie e la stabilità finanziaria”, ha riferito lunedì il vicedirettore della People’s Bank Ma Changchun, senza nascondere qualche preoccupazione per il possibile effetto domino sul mercato mondiale: “trattandosi di una risorsa crittografica convertibile, Libra può fluire liberamente attraverso i confini e non sarà sostenibile senza il supporto e la supervisione delle banche centrali”. Le autorità cinesi temono che la criptovaluta finisca per essere utilizzata per investimenti speculativi. Ma sono soprattutto le possibili ripercussioni sullo yuan e il suo processo di internazionalizzazione a motivare la diffidenza [fonte: Bloomberg]

Narcotraffico, la Cina è il nuovo Messico

Un potente oppiaceo sintetico in arrivo dalla Cina sta lasciando senza lavoro migliaia di coltivatori di papavero messicani, fino a poco fa impegnatissimi a produrre la resina alla base dell’eroina consumata negli Stati Uniti. Nell’ultimo anno e mezzo i prezzi della materia prima sono crollati del 90% a causa delle giacenze accumulate in seguito al cambiamento dei gusti degli americani, sempre più diretti verso il fentanyl, un analgesico oppioide sintetico 100 volte più potente della morfina. Con il risultato che molti coltivatori messicani sono stati costretti a trasferirsi in California e in altre zone agricole degli States, andando ad aggravare il fenomeno dell’immigrazione clandestina a cui Trump ha dichiarato guerra [fonte: NYT]

Una nuova trade war tra Giappone e Corea del Sud 

L’intesa tra Trump e Shinzo Abe è cosa nota. Ora pare che il premier nipponico abbia persino deciso di emulare la strategia trumpiana della “massima pressione” adottata contro la Cina, strumentalizzando ritorsioni economiche per fini politici. Lo scorso giovedì, Tokyo ha introdotto restrizioni sulle esportazioni alla Corea del Sud di materiali indispensabili nella produzione di semiconduttori – per cu ora è richiesta l’emissione di licenze speciali – assestando un ulteriore colpo alla catena di distribuzione globale già compromessa dalla guerra commerciale tra Washington e Pechino. L’offensiva giapponese giunge mentre in Corea del Sud divampa il malcontento per le misure inadeguate intraprese da Tokyo per sanare le ferite storiche inferte durante la colonizzazione della penisola nella prima metà del XIX secolo. Secondo l’Asahi Shimbun, Seul avrebbe deciso di liquidare il fondo stanziato in collaborazione con il governo nipponico per ricompensare le “donne di conforto”, mettendo in discussione l’accordo “finale e irreversibile” raggiunto tra le due parti nel 2015 [fonte: Bloomberg]

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