In Cina e Asia – Pechino abbandona il target di crescita fisso

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Per la prima volta, quest’anno Pechino non perseguirà un obiettivo di crescita preciso, lasciando che la ripresa economica post-covid si assesti su valori sufficienti ad assicurare la stabilità sociale. Lo ha rivelato questa mattina il premier cinese Li Keqiang, aggiungendo che si punterà piuttosto a mantenere la disoccupazione urbana al 6% rispetto al 5,5% del 2019 con 9 milioni di nuovi posti di lavoro contro gli 11 milioni dell’anno scorso, mentre il deficit fiscale è stato portato al 3,6%, ai massimi da 10 anni. La cura proposta dal governo cinese prevede un massiccio piano di investimenti nelle cosiddette “nuove infrastrutture”, dal 5G all’industria 4.0. Nonostante le incertezze economiche, aumenterà – sebbene a un passo più contenuto – la spesa militare, prevista al 6,6%, il tasso più basso dal 1991 e sempre inferiore al 2% del Pil. Confermate anche le indiscrezioni su Hong Kong. La prossima settimana, l’Assemblea nazionale del popolo discuterà l’istituzione di una cornice normativa con cui introdurre una legge sulla sicurezza nazionale nella regione amministrativa speciale, senza dover passare per il Consiglio Legislativo, il parlamento locale. Come spiegato da Li, la decisione risponde alla necessità di “salvaguardare la sicurezza nazionale nelle due regioni amministrative speciali (Hong Kong e Macao) e permettere che i rispettivi governi assumano le loro responsabilità costituzionali”. Chiaro riferimento alle proteste che dallo scorso anno scuotono l’ex colonia britannica. Gli Stati Uniti valutano sanzioni. Intanto, la popolazione di Hong Kong si prepara a scendere in strada, mentre nelle ultime ore la richiesta di VPN, software che permettono di camuffare l’identità degli utenti in rete, è aumentata vertiginosamente. Una menzione è andata anche ai cittadini di Taiwan, invitati a promuovere la riunificazione delle due Cine. “Con questi sforzi, possiamo sicuramente creare un bel futuro per il ringiovanimento della nazione cinese”, ha sentenziato il primo ministro che tuttavia non ha fatto riferimento al “consenso del 1992” alla base del principio “una sola Cina”  [fonte: Strait Times, Bloomberg, SCMP]

Atteso il primo codice civile cinese

Tra i vari dossier al vaglio dell’Assemblea nazionale del popolo spicca l’approvazione del primo codice civile. Work in progress dal 2014, la bozza – che copre tra gli altri il diritto di proprietà , sezione sul matrimonio e sul diritto di famiglia – mira ad assicurare maggiore tutela al settore privato in un momento di particolare instabilità economica a causa dell’epidemia. Ma gli esperti tendono a ridimensionare la portata rivoluzionaria dell’iniziativa sottolineando come il codice sia perlopiù una fusione di leggi già esistenti e dall’applicazione incerta considerando che i tribunali rispondono al partito comunista. Non solo. Coprendo solo le controversie civili, il nuovo codice non contribuirà a proteggere i diritti di proprietà in caso di sequestro di beni da parte dello stato, una delle preoccupazioni più ricorrenti tra gli imprenditori cinesi. [fonte Reuters, People’s Daily]

Washington preoccupato dalla Huawei della genomica

Qualcuno l’ha già soprannominata la Huawei della genomica. Proprio come il colosso tecnologico di Shenzhen, anche BGI Group, società specializzata nel sequenziamento del genoma, è finita nel mirino di Washington. A preoccupare è soprattutto il recente attivismo in Medio Oriente, dove l’azienda cinese ha istituito il più grande laboratorio per test e monitoraggio del virus al di fuori della Repubblica Popolare. Secondo Bloomberg, Washington ha già messo in guardia gli alleati regionali dei possibili rischi, primo tra tutti la possibilità che l’azienda – un tempo controllata dal governo cinese – raccolga informazioni riservate per condividerle con paesi rivali. Leggi: l’Iran, uno dei principali partner cinesi nel quadrante. [fonte: Bloomberg]

Giro di vite contro le bacchette

Covid-19 cambierà le nostre vite? In Cina, usi e costumi sono già stati riadattati alle nuove esigenze. In alcuni casi si tratta di una vera e propria rivoluzione. Un esempio: l’abitudine di condividere le pietanze con i vari commensali attingendo dagli stessi piatti con le proprie bacchette. Nuove direttive contro le “usanze incivili” richiedono per la prima volta vengano fornite posate da portata (gongkuai) così da limitare il rischio di nuovi contagi. Intanto in scuole e uffici i pasti vengono consumati individualmente dietro paraventi di plastica e cartone. In Cina più che altrove mangiare rappresenta da sempre un momento di condivisione sociale. Difficilmente la campagna “dividi il cibo non l’amore” – abbracciata da star e ristoranti – farà breccia anche nelle case dei cinesi. [fonte: Guardian]

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