In Cina e Asia – Numeri contrastanti per il Singles’ Day

In Notizie Brevi by Redazione

Alibaba mette a segno un nuovo record. L’edizione 2018 dell’immancabile festa dell’ecommerce nota come Singles’ Day ha totalizzato quasi 31 miliardi di dollari, due volte gli scorsi Cyber Monday e il Black Friday messi insieme.  9,92 miliardi di dollari sono stati incassati soltanto nella prima ora di shopping, un aumento del 21% in più rispetto allo scorso anno, quando il colosso delle vendite online aveva incassato 57 miliardi di yuan. Tra i prodotti più venduti  smartphone, dispositivi elettronici, ma anche prodotti come latte in polvere e pannolini. Le statistiche di quest’anno sono quantomai importanti per tenere il polso di un’economia, scesa al 6,5% e in balia delle tariffe di Trump. Nonostante la cifra record infatti, l’incremento registrato dal Singles’ day è il più basso di sempre: appena un 27% in più su base annua. Mentre da gennaio la crescita delle vendite è rimasta stabile, le azioni di Alibaba sono scese del 16% a causa delle incertezze economiche legate alle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti.

Jack Ma è un dio

Quello appena terminato sarà ricordato come l’ultimo Singles’ day dell’era Jack Ma. Il patron di Alibaba lascerà gradualmente la guida del colosso dell’ecommerce al CEO Daniel Zhang. Tuttavia il mito del “golden boy” cinese difficilmente è destinato a tramontare. Dal 2015 a oggi infatti si è andato formando un vero e proprio culto del miliardario cinese, uno dei pochi a non aver ancora commesso passi falsi durante la sua carriera. Tanto che su Taobao sono acquistabili altari votivi e icone raffiguranti Ma in varie fogge. Il Singles’ Day è il momento in cui la devozione dei sui seguaci tocca l’apice. Tre anni fa, sul web era rimbalzata la foto di alcuni  commercianti del Guangdong in fase di preghiera per attrarre vendite prima del Singles’ Day. Ma per molti giovani il culto di Ma è più un rituale scaramantico con cui esorcizzare le difficoltà del futuro.

Weekend di arresti per gli attivisti marxisti

Continua il giro di vite contro il attivisti per la difesa dei diritti dei lavoratori. Almeno 10 persone, compresi studenti di alcune delle migliori università cinesi, sono stati arrestati nel weekend a Pechino, Guangzhou, Shanghai, Shenzhen e Wuhan. Le operazioni concertate avrebbero coinvolto anche un piccolo gruppo di ragazzi impegnati in una manifestazione soft davanti al negozio della Apple di Pechino. L’azienda è stata recentemente accusata di sfruttare nelle sue fabbriche cinesi il lavoro di tirocinanti. L’ultimo giro di vite arriva a pochi mesi da una massiccia campagna di arresti ai danni di giovani ferventi marxisti-maoisti. In agosto, 50 studenti erano scomparsi dopo un raid della polizia mirata a sedare le proteste in sostegno dell’istituzioni di sindacati indipendenti presso la società di Shenzhen Jasic Technology.  La reazione scomposta della leadership cinese mette in evidenza il gap crescente che separa la missione socialista di Pechino dalle diseguaglianze sociali innescate dal “modello Cina”. Un punto su cui Xi Jinping e compagni non tollerano paternali.

Dalla Cina il primo presentatore digitale

Si muove e parla come  il giornalista televisivo cinese Qiu Hao. E’ uno dei due presentatori interamente realizzati con la tecnologia AI dall’agenzia di stampa Xinhua e la società tecnologica Sogou Inc. Presentati in occasione della World Internet Conference organizzata dalla città di Wuzhen, gli anchormen digitali hanno “prospettive infinite” e possono essere utilizzati per generare notizie a basso costo per TV, web e servizi mobile. Ogni presentatore può “lavorare fino a 24 ore al giorno sul suo sito web ufficiale e varie piattaforme di social media, riducendo i costi di produzione delle notizie e migliorando l’efficienza, spiega l’agenzia”. Le vie dell’AI sono infinite e Pechino ha messo bene in chiaro di voler percorrerle tutte, dalla videosorveglianza alle auto senza conducente.

L’Asia verso la legalizzazione della marijuana per scopi terapeutici

Mentre Thailandia e Malaysia concorrono al titolo di primo paese asiatico a legalizzare la cannabis per scopi medici, altri paesi storicamente proibizionisti strizzano l’occhio a una progressiva apertura. La Corea del Sud sta valutando la possibilità di modificare le sue leggi in modo da legalizzare le importazioni di medicine infuse con cannabinoidi. In Giappone, dove l’uso di cannabis è illegale, circa 40 agricoltori hanno ottenuto le licenze necessarie alla coltivazione, mentre nello Sri Lanka il ministro della salute ha annunciato ad aprile che la coltivazione della cannabis medica inizierà entro la fine dell’anno. Persino nelle province cinesi dello Heilongjiang e Yunnan è già permessa una piccola produzione per fini commerciali. Il motivo è semplice. Secondo Grandview Research, nel 2025 il mercato della marijuana per scopi medici è destinato a raggiungere i 55,8 miliardi di dollari, pari a un terzo di tutto il commercio legale. D’altronde, fino al divieto internazionale del 1961, nel continente il consumo della cannabis era estremamente diffuso tanto nei rituali religiosi quanto nell’ambito delle usanze contadine.