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In Cina e Asia – L’Ucraina chiede alla Cina di mediare

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

I titoli di oggi:

  • L’Ucraina chiede alla Cina di mediare
  • La Cina e il primo discorso di Biden sullo Stato dell’Unione
  • Ucraina: Ue sfiduciata nei confronti della Cina
  • Ucraina: sospese le importazioni di carbone russo, ma think tank cinesi minimizza le sanzioni
  • Iran: le importazioni cinesi di petrolio superano i livelli pre-sanzioni
  • Cina: scarcerato l’avvocato Yu Wensheng
  • Singapore: la Corte d’appello conferma criminalizzazione del sesso omosessuale

 

La Cina ha invitato l’Ucraina e la Russia a trovare una soluzione al conflitto attraverso negoziati. L’appello è avvenuto ieri durante un confronto telefonico tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, su richiesta di quest’ultimo. Secondo la Xinhua, Kuleba avrebbe invitato Pechino di mediare nei negoziati per un cessate il fuoco. Mantenendo il consueto linguaggio ambiguo il capo della diplomazia cinese ha affermato che la Cina sostiene “tutti gli sforzi internazionali per raggiungere una soluzione politica” e ha chiesto “il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i paesi.” Tuttavia, Wang ha per la prima volta mostrato preoccupazione per i civili e ha definito “guerra” la crisi in cui verte l’Ucraina. Fino ad oggi nei comunicati ufficiali l’invasione russa era sempre stata menzionata con l’eufemismo di “missione militare speciale”.

Siamo davanti a una svolta? Troppo presto per dirlo. Dopo il ferimento di un primo cittadino cinese negli scontri, sembra che Pechino faccia fatica a mantenere l’usuale compostezza. Ciononostante, siamo lungi dall’assistere a una condanna formale di Mosca. Wang ha ribadito “che la sicurezza di un paese non dovrebbe andare a scapito della sicurezza di altri paesi, tanto meno  la sicurezza regionale dovrebbe essere garantita rafforzando o addirittura espandendo i blocchi militari”. Chiaro riferimento alla marcia verso Est della NATO. E la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying ha con la sua proverbiale delicatezza ha commentato su Twitter: “Every life is precious, anywhere and everywhere. More should be done to avoid loss of life in #Ukraine. Meanwhile don’t forget the nearly 1 million lives lost to #COVID19 & 45,000 lives taken by gun violence in the #US last year alone.” Salvo colpi di scena, Pechino continuerà il suo delicato equilibrismo diplomatico, senza arrivare ad accusare direttamente la Russia, “partner in crime” nella ridefinizione di un nuovo ordine internazionale.

La Cina e il primo discorso di Biden sullo Stato dell’Unione

“La libertà trionferà sempre sulla tirannia”. Lo afferma il presidente americano Joe Biden nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione. Un discorso in buona parte dominato dall’invasione russa dell’Ucraina e in cui la Cina è stata citata solo due volte. Segno di come – nonostante le rassicurazioni di Kurt Campbell e la visita diplomatica in corso a Taiwan –  in questo momento tra la crisi ucraina e le elezioni di midterm, l’Indo-Pacifico abbia forse perso un po’ della sua centralità nell’agenda presidenziale. Ciononostante, la Cina rimane un tema ricorrente quando si prendono in esame le politiche economiche. Lo dimostra la richiesta al Congresso di velocizzare l’approvazione del pacchetto di investimenti destinato alle infrastrutture e ai semiconduttori. In gioco c’è la  “competizione economica del 21° secolo”, ha dichiarato Biden.

La Cina si è guadagnata diverse menzioni anche nel rapporto annuale dell’Ufficio del rappresentante del commerciale degli Stati Uniti (USTR). Passati due anni dalla firma dell’accordo di fase uno, “abbiamo gli occhi aperti su come la Cina stia insistendo nei suoi dannosi abusi commerciali ed economici. Stiamo anche prendendo in considerazione tutti gli strumenti esistenti – e potenzialmente ne cercheremo di nuovi se necessario – per combattere i danni delle pratiche statali e non di mercato della Cina”. L’agenzia americana preannuncia un rafforzamento delle azioni concertate con gli alleati occidentali e asiatici: “La capacità di difendersi dalle pratiche sleali cinesi richiede che le economie di mercato agiscano insieme per affrontare politiche e pratiche che sono fondamentalmente in contrasto con un sistema commerciale globale basato sulla concorrenza di mercato”. Tra le righe si intravede però la volontà di rimettere mano alle tariffe introdotte da Trump a causa degli “effetti” negativi denunciati dalle aziende americane.

Ucraina: Ue sfiduciata nei confronti della Cina

Alla luce della crisi ucraina, come evolveranno invece le relazioni tra Pechino e Bruxelles? Nell’attesa che il 1 aprile si tenga l’atteso meeting tra i vertici cinesi e Ue, un funzionario tedesco riassume così lo stato d’animo nel Vecchio Continente: “Oggi è la Russia. Domani potrebbe essere la Cina. Non possiamo più essere ingenui. Dobbiamo dire addio al nostro vecchio modello. Ha funzionato per molto tempo. Ma non più”.

Ucraina: sospese le importazioni di carbone russo, ma think tank cinesi minimizza le sanzioni

Uno degli aspetti più interessanti della crisi ucraina riguarda l’apparente impreparazione dell’intelligence e degli analisti cinesi. Fino a pochi giorni prima dell’invasione russa, alcuni degli accademici più popolari avevano rigettato pubblicamente il rischio di una guerra. Fonti del NYT e del WSJ sostengono che, nonostante gli avvertimenti dei servizi americani, la leadership cinese abbia preferito credere a Putin, anche perché mal consigliata dai suoi esperti in relazioni internazionali. Ora un noto think tank molto vicino al ministero della Sicurezza dello Stato (la CIA cinese) avverte che le sanzioni internazionali più che a Mosca nuoceranno ai paesi occidentali. Tra i vari elementi a sostegno della propria tesi il China Institutes of Contemporary International Relations cita il probabile arrivo di rifugiati nei paesi Ue dove l‘immigrazione è già un problema molto sentito. Dopo i precedenti errori di valutazione, sono affermazioni che suscitano non poche perplessità. Tanto più che cominciano a manifestarsi le prime ripercussioni anche per la Cina. Secondo Reuters, le aziende cinesi starebbero riducendo le importazioni di carbone dalla Russia dopo che le banche statali hanno sospeso l’emissione di lettere di credito utilizzate per l’acquisto di commodities. Proprio il carbone era stato protagonista di uno degli accordi siglati durante l’ultima visita di Putin a Pechino.

Intanto la guerra in Ucraina minacciare anche la Belt and Road. Tre giorni fa Zyxel, un produttore taiwanese di router e switch, ha interrotto il trasporto merci lungo la tratta ferroviaria gestita da China Railway che collega la Cina all’Europa passando attraverso la Russia e la Bielorussia. Non è una buona notizia per nessuno, considerati i problemi già riscontrati nella supply chain globale a causa del Covid.

Iran: le importazioni cinesi di petrolio superano i livelli pre-sanzioni
Mentre continuano i negoziati sull’accordo sul nucleare iraniano, le importazioni cinesi di petrolio dal paese degli Ayatollah hanno superato i livelli pre-sanzioni. Secondo le stime di tre navi cisterna, a gennaio la Cina ha acquistato da Teheran i 700.000 barili al giorno (bpd), più del picco di 623.000 bpd registrato dalle dogane cinesi nel 2017, ovvero prima che Donald Trump introducesse nuovamente le misure punitive contro Teheran nel 2018. Lo shopping massiccio della Cina, che avviene principalmente attraverso le teapot, piccole raffinerie indipendenti, potrebbe avere pesanti conseguenze per gli ex acquirenti di greggio iraniano, come India e Ue che avranno a disposizione meno forniture nel caso in cui le sanzioni venissero rimosse. In queste ore ci si chiede se Pechino rispetterà le misure contro Mosca.  Il caso del petrolio iraniano è di suggerimento. Le dogane cinesi hanno ufficializzato le importazioni dall’Iran solo lo scorso dicembre.
Cina: scarcerato l’avvocato Yu Wensheng
Incredibilmente, abbiamo anche una bella notizia: il noto avvocato Yu Wensheng è stato rilasciato . Yu era stato arrestato nel 2018 e condannato a quattro anni di detenzione ufficialmente per aver “incitato al sovvertimento del potere statale”. Negli ultimi anni, il suo attivismo e le richieste di riforme politiche lo hanno reso più volte bersaglio delle autorità giudiziarie cinesi.
Singapore: la Corte d’appello conferma criminalizzazione del sesso omosessuale

Ieri la Corte d’appello di Singapore ha rifiutato la richiesta di abolizione di una legge che criminalizza i rapporti sessuali tra uomini. La legge, conosciuta come Sezione 377A, è stata promulgata nel 1938 durante il dominio britannico e, sebbene generalmente poco applicata, potrebbe comportare fino a due anni di carcere per atti “indecenti” tra uomini – mentre i rapporti lesbici sono consentiti. Al gruppo di tre persone vicine alla comunità LGTBQ che ha intentato la causa per l’abolizione, sostenendo che la legge perpetua la discriminazione in ogni aspetto della vita quotidiana, arrivando perfino a compromettere l’accesso a servizi vitali come l’assistenza sanitaria, il tribunale superiore ha risposto con una sentenza secondo cui il governo si è impegnato a non applicare la normativa e, quindi, i querelanti non hanno affrontato “alcuna minaccia reale e credibile di perseguimento”. Secondo la corte è il Parlamento che si deve far carico di queste genere di cambiamenti sociali.

Nel 2007 il Parlamento ha votato per abrogare la Sezione 377 originale e legalizzare il sesso orale e anale tra adulti consenzienti, ma ha lasciato invariata la Sezione 377A. La recente sentenza è stata definita dagli attivisti della piccola nazione insulare come un “colpo devastante”, e Pink Dot SF, importante gruppo a difesa della comunità LGBTQ, si è definito “profondamente deluso” da quanto deciso, dopo essere stato ispirato da quanto accaduto in India, dove una legge simile conosciuta come 377, sempre di memoria coloniale, è stata abolita dalla Corte Suprema del paese nel 2018. Non basta che la legge non sia applicata, avvertono gli attivisti: gli omosessuali potrebbero essere ancora costretti ad affrontare le indagini della polizia. E, inoltre, l’impegno del governo a non applicarla potrebbe venir meno in qualsiasi momento.

A cura di Alessandra Colarizi; ha collaborato Vittoria Mazzieri