In Cina e Asia – L’ascesa cinese preoccupa l’Asia

In Notizie Brevi by Gian Luca Atzori

Secondo uno studio condotto da Pew in 34 paesi, la percezione della comunità internazionale nei confronti del crescente peso economico della Cina si mantiene complessivamente abbastanza positiva. Ma se si prende in esame nello specifico il continente asiatico, i sondaggi dimostrano una crescente diffidenza tra l’opinione pubblica, con Giappone, Australia, Filippine, Indonesia, India e Corea del Sud a guidare il calo più netto per il periodo 2002-2019. Sebbene la crescita cinese venga considerata di reciproco vantaggio, in tutti e sei i paesi gli investimenti elargiti da Pechino sono accolti con timore, sopratutto nel Sol Levante, dove il 75% dei rispondenti considera i finanziamenti uno strumento con cui il gigante asiatico punta a esercitare maggiore influenza nell’arcipelago. Il sentimento di sfiducia permane anche quando di prende in esame l’operato di Xi Jinping, accolto favorevolmente da appena il 29% degli intervistati. [fonte: SCMP]

Cina: si estende la repressione sulle minoranze

Negli ultimi anni sono stati diversi i tentatativi cinesi di affrontare la “questione etnica”. Da una parte, si sono affermate misure di integrazione che prevedeano trattamenti agevolati di inserimento sociale. Dall’altra, l’assimiliazione forzata e la repressione del dissenso hanno visto orde di cinesi Han venire delocalizzati nei pochi territori in cui le minoranze vivevano ancora in maggioranza, fino alla vera e propria implementazione di regimi di massima sicurezza e “campi di rieducazione” nello Xinjiang. L’azione del governo di Pechino prosegue e mira a colpire decine di etnie, partendo dalla rimozione dei sussidi e da una maggiore durezza per i gruppi e per gli ufficiali che infrangono la legge. Parliamo di 110 milioni di persone, quasi il doppio della popolazione italiana, i quali sono stati per anni al centro di un dibattito a proposito dei beinifici sociali al quale erano soggetti. Benefici che agli occhi di alcuni ricercatori del Ministero del Commercio cinese come Mei Xinyu sono etichettati come “discriminazione inversa” nei confronti della maggioranza Han. Diverse minoranze, a seconda della regione di origine, possono ricevere punti-extra nei concorsi pubblici o negli esami accademici; godono di incentivi e regimi fiscali agevolati, così come vengono trattati con un occhio di riguardo nei confronti della legge. Spesso questa leva è stata utilizzata dal governo per dissipare le tensioni con le frange separatiste o autonomiste, a tal punto, da lasciar prosperare la corruzione tra le alte cariche di diverse province. In un discorso a Settembre il presidente Xi Jinping si è esposto sulla questione per la prima volta dal 2014, ricercando l’affermazione di “modelli nazionali” per l’unità delle minoranze e dichiarando: “dobbiamo essere sicuri che tutti siano trattati egualmente di fronte alla legge, assicurarci che i cittadini dei gruppi etnici godano di pari diritti e performino pari doveri”. [fonte: SCMP]

Pakistan: 629 spose vendute come mogli e deportate in Cina

I nomi scorrono pagina dopo pagina. Per le indagini pubblicate dall’Associated press, sono 629 le donne vendute come mogli dal Pakistan e deportate in Cina, in un traffico umano proveniente dalle zone più povere della regione. La lista, nonostante sia il documento più concreto per dare un’idea del fenomeno, è ovviamente parziale perché riporta solo i nomi delle donne rinvenute negli schemi di traffico dal 2018 a oggi. Lo scorso ottobre è saltato il più grande caso investigativo sulla questione. La corte di Faisalabad ha accusato 31 cinesi di traffico umano, ma le donne che inizialmente testimoniarono, si rifiutarono in seguito per paura di ritorsioni. Le uniche due che parlarono lo fecero sotto anonimato. Il cartello è composto da intermediari cinesi e pachistani, ma sono anche coinvolte autorità religiose provenienti dalle chiese cristiano-evangeliche che vengono retribuite per spingere il proprio gregge a vendere le figlie. Gli intermediari guadagnano intorno ai 10 milioni di rupie -circa 126 mila euro- mentre le famiglie appena 200mila rupie, corrispendenti ad appena 2500 euro. [fonte: AFP]

Cina: maiali mutanti per scongiurare la peste suina africana

Ha già ucciso più di 100 milioni di suini nella sola Cina, ma sta mettendo a rischio un quarto degli allevamenti a livello globale. La peste suina africana ha portato l’inflazione alle stelle ma è anche oggetto di una “corsa agli armamenti” bioteconologici tra superpotenze. Gli ibridi di suino allevati a Pechino sono fortificati con un gene per regolare il calore capace di renderli meno esposti al gelo ipotermico del nord cinese, ma questo è solo uno delle dozzine di casi riguardanti allevamenti di “super-maiali”. Da anni la sfida della ricerca è rendere i suini maggiormente salubri, fattore che da una parte ha condotto allo sviluppo di biotecnologie che si contendono il mercato con Europa e Stati Uniti, mentre dall’altra si rivela come una delle possibili chiavi di volta della piaga pestilenziale. In Ricerca e Sviluppo la Cina è seconda solo agli Usa, investendo 400 miliardi di euro nel 2017, più di 15 volte la spesa italiana. Un dato che preoccupa Washington, non solo da un punto di vista bioetico e di leadership tecnologica, ma anche per questioni di privacy: divenire dipendenti da tecnologie sanitarie e agroalimentari cinesi significa essere esposti a problemi di sicurezza informatica legati a dati sensibili come la sequenza del nostro DNA. [fonte: Bloomberg]

Cina: 25 miliardi per coccolare gli animali domestici

La legge del figlio unico aveva creato un vuoto affettivo per nonni e genitori con un solo figlio o nipote, insieme ad una pressione estrema sulle spalle del ragazzo. Il paese però invecchia, calano le nascite e si abolisce la legge. Nel mentre, la classe media è ormai in crescita, l’economia mira a trasformarsi da società manufatturiera a società di consumi, aumenta il prezzo e la qualità dei servizi pubblici e sempre meno famiglie in carriera sono disposte a permettersi degli eredi. In compenso però la popolazione cinese di animali domestici cresce a ritmi vertiginosi. La Cina vanta oggi la più grande popolazione di cagnolini e gattini al mondo sorpassando gli Usa nel 2018 con la cifra record di 188 milioni di esemplari. La spesa per gli coccolarli cresce nonostante un trend di calo dei conumi generico e non è da escludere che il fenomeno sia legato proprio alle numerose famiglie con uno o nessun figlio. Parliamo di un aumento del 19% nell’ultimo anno e di una spesa che, secondo uno studio di Gourmin.com, sorpasserà i 25 miliardi di euro nel 2019.

Giornalisti cinesi non pagati per un intero anno

Circa 200 giornalisti del gruppo editoriale Jixi News non sono stati pagati per diversi mesi, alcuni per l’intero anno. Il gruppo con sede nello Heilongjiang, afferma di affrontare difficoltà finanziarie legate alla competizione digitale, dichiarando in un comunicato: “Se l’intero gruppo di impiegati desidera terminare il contratto di lavoro, la città rimborserà i vari arretrati in un’unico versamento e provvederà una compensazione finanziaria in linea con la Legge sui Contratti di Lavoro”, e aggiungendo in seguito “qualora lo staff non si registrasse per tempo, perderebbe automaticamente i propri diritti”. Il Gruppo Jixi e i suoi dipendenti non sono gli unici a sperimentare gli effetti nefasti della transizione mediatica ed editoriale. Oggi, secondo la Renmin University, meno dell’1% dei cinesi legge giornali cartacei e circa 3 utenti su 4 ricevono news su Wechat, “l’app tuttofare” e principale competitor globale di Whatsapp. “E’ possibile che gli editori che hanno chiuso abbiano compensato quanto dovuto ai propri dipendenti in diversi modi” afferma Geoffrey Crothall, direttore del China Labour Bulletin, “ma di sicuro” prosegue, “se non sei stato pagato per un anno o più, organizzare una protesta collettiva è l’unica opzione che ti rimane”. [fonte: SCMP]

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