In Cina e Asia – La tratta di essere umani dalla Cina all’Europa

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Non ci sono ancora prove certe sulla nazionalità dei 39 cadaveri (38 adulti e un adolescente) ritrovati mercoledì nel rimorchio di un tir a est di Londra. Almeno undici, tuttavia, parrebbero essere cinesi. Nella giornata di ieri il ministero degli Esteri cinese ha annunciato che sarà l’ambasciata di Londra a rilasciare ulteriori informazioni una volta concluse le indagini. Non è il primo caso del genere: nel 2000 i corpi di 58 migranti cinesi vennero trovati a Dover in un container partito sempre da Zeebrugge, in Belgio. Proprio come allora, le autorità britanniche seguono la pista del traffico di esseri umani che nel 2004 portò all’arresto di nove persone, tra cui una donna di nazionalità cinese – nota come Sorella P – considerata una delle principali trafficante dell’Europa occidentale. A giugno, il dipartimento di Stato americano ha incluso la Cina tra i paesi meno responsabili nella lotta contro la tratta di esseri umani all’interno dei propri confini così come all’estero. Secondo l’analista di Pechino Hua Po, negli ultimi anni il flusso di lavoratori cinesi verso l’Europa è persino aumentato a causa del clima “sempre più conservatore e chiuso” in patria che rende “la sopravvivenza delle imprese private sempre più difficile, con conseguente aumento del numero di disoccupati”. La triste notizia ha raggiunto anche la Cina, dove ha ricevuto oltre 870 milioni di visualizzazioni e 165.000 commenti sul Twitter cinese Weibo. “Non importa di che nazionalità siano [le vittime], è comunque una tragedia”, commenta un utente. Stando al Global Times – che invita i paesi europei a riconoscere le proprie responsabilità – molti immigrati cinesi partono dal Fujian verso Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e paesi dell’Europa occidentale. E la confusione causata dalla Brexit sembra aver dato nuove speranze a chi sogna una nuova vita oltremanica. [fonte: BBC, Strait Times]

Banca Mondiale: la Cina più business-friendly di Francia, Paesi Bassi e Svizzera

La Cina ha scavalcato Francia, Paesi Bassi e Svizzera divenendo il 31esimo paese più business-friendly al mondo. Lo rivela il rapporto annuale della Banca Mondiale che ha preso in esame un totale di 190 nazioni. Il gigante asiatico lascia così il 46esimo posto del 2018 grazie sopratutto alla digitalizzazione dei propri servizi che ha permesso di oliare la burocrazia locale. Il report tuttavia considera soltanto le condizioni di business in cui operano le aziende nazionali e non tiene conto di parametri come il rispetto della libertà personale. Secondo Simeon Djankov, economista dell’istituto, l’ascesa cinese conferma un trend condiviso da altri paesi emergenti, come India e Pakistan, imputabile al peggioramento del clima internazionale e a una maggiore attenzione per il mercato interno. Singapore, Nuova Zelanda e Hong Kong dominano le prime tre posizioni della classifica [fonte: FT]

La Cina ospiterà la Coppa del Mondo per club a 24 squadre

Dopo giorni di indiscrezioni, ieri è arrivata la conferma della FIFA: la Cina ospiterà la versione inaugurale della Coppa del Mondo per club a 24 squadre prevista nel 2021. A partecipare saranno alcune dei principali club del mondo, tra cui otto dell’Europa e sei del Sud America. Le partite del torneo si terranno in otto città cinesi, che saranno scelte tra Shanghai e altre 10. L’assegnazione cinese giunge mentre è ancora in corso un agguerrito braccio di ferro tra Pechino e l’NBA sulla libertà di espressione. Da quando il general manager degli Houston Rockets ha espresso il proprio sostegno alle proteste di Hong Kong i media statali hanno interrotto la trasmissione delle partire della lega professionistica di pallacanestro americana. Dopo le critiche degli ultimi anni, la FIFA ha promesso di assegnare l’organizzazione dei propri eventi sportivi solo a paesi rispettosi dei diritti umani. Ma alle perplessità sollevata dalla stampa per la nomina cinese Gianni Infantino ha risposto che “non spetta alla FIFA risolvere i problemi del mondo”.

Proprio all’NBA e i brand sportivi “made in Usa” ha fatto riferimento Mike Pence in un discorso pronunciato ieri presso il think tank Wilson Center. Il vicepresidente americano ha rinnovato il supporto di Washington ai dimostranti di Hong Kong, definendo la sudditanza delle aziende alle politiche cinese un “kowtow”. Lo speech, inizialmente in programma per giugno, è stato posticipato con l’intento di facilitare i negoziati commerciali. Non a caso, nonostante le critiche contro le misure liberticide di Pechino, Pence ha confermato l’impegno americano a perseguire congiuntamente “uno sviluppo pacifico e prospero” sulla base della “buona fede”. [fonte: NYT, Reuters]

Arrestata giornalista del movimento #MeToo

La giornalista Sophia Huang Xueqin, una figura chiave del movimento #MeToo in Cina, è stata formalmente arrestata il 17 ottobre con l’accusa di “fomentare dispute e provocare problemi”, un reato, punibile con cinque anni di carcere, spesso usato dalla polizia contro dissidenti e attivisti. Huang era nel mirino delle autorità da tempo, tanto che ad agosto le era stato confiscato il passaporto al termine di un periodo di studi all’estero della durata di sei mesi. Dopo aver lavorato per diverso tempo con i media statali, l’attivista aveva ottenuto una certa notorietà per aver fatto luce sugli abusi sessuali nel settore del giornalismo. [fonte: Scmp]

L’Ue premia l’attivista uiguro Ilham Tohti

Il Parlamento europeo ha assegnato il suo premio annuale per la difesa dei diritti umani a Ilham Tohti, professore di economia di etnia uigura incarcerato nel 2014 con l’accusa di separatismo, dopo una serie di attacchi terroristici di matrice uigura in Xinjiang e altre parti del paese. “Il parlamento invita le autorità cinesi a rilasciare [Tothi] immediatamente”, ha dichiarato il presidente, David Sassoli, durante una seduta plenaria a Strasburgo. L’arresto del professore della Minzu University, considerato di posizioni moderate, è stato fortemente criticato all’estero, dove la campagna antiterrorismo a base di detenzioni extragiudiziali dispiegata nel Xinjiang è stata accusata di violazioni dei diritti umani. [fonte: Reuters]

Vietnam: l’export supera il PIL

Grazie alla guerra commerciale tra USA e Cina, il Vietnam è entrato nella ristretta cerchia dei paesi in cui le esportazioni risultano superiori al PIL nazionale. Si prevede infatti che – all’attuale tasso di crescita dell’8,4% – l’export di beni e servizi del paese raggiunga il 101% del prodotto interno lordo. Numeri che renderebbero il crescita dell’8,4% Vietnam con i suoi 96 milioni di abitanti la nazione più popolosa nel novero dei cinque “super-esportatori”: Lussemburgo, Singapore, Hong Kong, Malta e Irlanda. Ad oggi il paese del Sudest asiatico si conferma il principale beneficiario della ridefinizione della supply chain globale a seguito della guerra tariffaria tra Pechino e Washington. [fonte: FT]

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