In Cina e Asia – Il coronavirus è una minaccia globale

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Per l’organizzazione mondiale della sanità, è emergenza internazionale. Il virus di Wuhan ha già fatto almeno 100 contagi all’estero, seppur in minima parte attribuibili a infezioni secondarie. L’agenzia – che in precedenza aveva definito i rischi di una propagazione transfrontaliera “moderati” – ha giustificato la propria scelta mostrando preoccupazione per l’impreparazione e la mancanza di risorse a cui fanno fronte alcuni paesi. In Africa, dove Sudan, Guinea Equatoriale,  Mauritius, Angola, Kenya ed Etiopia hanno messo in quarantena cittadini provenienti dalla Cina, in alcuni casi i campioni sono stati spediti ai laboratori di India e Germania a causa della mancanza di strumenti di diagnostica. Gli Stati Uniti hanno emesso un  travel alert di livello quattro (il più restrittivo) sconsigliando i viaggi in Cina, mentre Pechino sta procedendo al rimpatrio dei cittadini di Wuhan ancora all’estero. L’OMS non ha l’autorità legale per sanzionare i paesi, ma in caso di emergenza ha la capacità di consigliare misure non vincolanti ma significative da un punto di vista pratico e politico per quanto riguarda viaggi, commercio, quarantena, screening e cure. Intanto, Facebook, Twitter e Youtube hanno annunciato nuove misure anti-rumors per far fronte alla diffusione di teorie complottiste e notizie infondate.

Oltre la Grande Muraglia, invece, monta il rancore nei confronti di ricercatori e funzionari accusati di aver nascosto la gravità della situazione. Ieri, il capo del dipartimento della salute di Huanggang, nello Hubei, è stato rimosso dall’incarico per non aver saputo rispondere alle domande dei media sullo stato delle strutture ospedaliere locali. Secondo China Media Project, dal 1 ° gennaio al 20 gennaio, per ben 20 giorni, People’s Daily, quotidiano ufficiale del Pcc,non ha speso una parola sul coronavirus. L’azienda canadese BlueDot specializzata nell’analisi dati attraverso l’intelligenza artificiale aveva previsto la diffusione del virus già il 31 dicembre 2019. La portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha dichiarato che il Paese “è pienamente fiducioso e in grado di vincere la battaglia contro questa epidemia”. [Reuters, NYT, China Media Project]

Perché Wuhan

Ufficialmente noto come nCoV2019, il virus che sta seminando il panico da oriente a Occidente continuerà ad essere associato alla città da cui in cui è nato: Wuhan, un polo logistico e tecnologico della Cina centrale poco noto alle nostre latitudini. Il luogo d’origine potrebbe non essere casuale. Come spiega Shuli Ren su Bloomberg, Wuhan è nota per la numerosa presenza di lavoratori migranti. Ospita una delle scuole di ingegneria più prestigiose della Cina, l’Università di Scienze e Tecnologia di Huazhong), circa il 9% della popolazione locale è composto da studenti universitari, ben al di sopra del 3% di Pechino e Shanghai. Nel 2018, vi risiedevano 11 milioni di persone – più che a New York – ma solo 8,8 milioni risultavano residenti permanenti. Questo vuol dire che con l’arrivo del Capodanno lunare, molti degli abitanti hanno lasciato la città per raggiungere casa. Molti lo avranno fatto in treno, partendo dalla stazione centrale, che si trova ad appena un chilometro dal mercato ittico da cui si ritiene sia partito il focolaio. Ma la presenza di migranti di per sé non è condannabile, spiega Ren puntando il dito contro la spesa fiscale. Mentre i capitali si è riversato nella ricerca tecnologica per sostenere la “rinascita nazionale”, i finanziamenti nella salute pubblica si sono rivelati insufficienti. Intanto, uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Lancet mette in dubbio l’origine del virus rivelando come solo 27 dei primi 41 infetti accertati fosse stato nel mercato di Wuhan. [fonte: Bloomberg, Xinhua]

I contraccolpi economoci della quarantena

Fin dall’imposizione della quarantena, gli esperti hanno sollevato alcune perplessità tanto in termini di efficacia nel controllo della trasmissione del virus quanto in termini di ricadute economiche. Il blocco della mobilità nello Hubei e altre province limitrofe comincia a dimostrarsi letale per alcuni settori industriali. Secondo l’associazione avicola locale, 300 milioni di polli rischiano di morire di inedia dal momento che l’interruzione dei trasporti ha “sostanzialmente paralizzato” la produzione e le forniture di mangimi per animali. Il dipartimento agricolo provinciale sostiene che le scorte verranno esaurite entro la fine della settimana. Considerato che lo Hubei consuma circa 1.800 tonnellate di mais e 1.200 tonnellate di soia al giorno come mangime, si stima che  entro la fine del prossimo mese il deficit ammonterà a 600.000 tonnellate. Dopo la peste suina – che ha dimezzato gli allevamenti domestici – si preannuncia una crisi del pollame? Intanto, quattordici province e città hanno bloccato le attività almeno fino alla seconda settimana di febbraio. Secondo calcoli di Bloomberg, si tratta di un’area che ha rappresentato quasi il 69% del prodotto interno lordo e il 78% dell’export cinese nel 2019. [Bloomberg, Bloomberg]

La reazione degli Stati Uniti

Nella giornata di ieri Trump ha scritto su twitter di stare “lavorando a stretto contatto con la Cina e altri” per contenere l’epidemia. “Solo 5 persone negli Stati Uniti [sono state contagiate], tutte in buona ripresa”. Il giorno prima, la Casa Bianca aveva annunciato l’istituzione di una task force ad hoc guidata dal segretario dell’amministrazione per i servizi sanitari e umani, Alex Azar, che includerà il direttore dei Centers for Disease Control and Prevention e il consigliere per la Sicurezza nazionale Robert O’Brien.”La task force guiderà gli sforzi dell’amministrazione per monitorare, contenere e mitigare la diffusione del virus, garantendo nel contempo che il popolo americano abbia le informazioni sanitarie e di viaggio più accurate e aggiornate”. Lascia quindi perplessi il tempismo con cui Mike Pompeo, in visita a Londra, abbia sfruttato il caso Huawei per definire la Cina “la peggior minaccia dei nostri tempi”. Gli alleati del blocco atlantico devono “garantire che il prossimo secolo sia governato da … principi democratici occidentali”. Solo poche ore prima  il segretario di stato promesso di “non risparmiare alcuno sforzo” per aiutare Pechino a gestire la crisi. Ancora più diretto il segretario al Commercio Wilbur Ross che in un’intervista ha affermato che il coronavirus, infondo, porterà più posti di lavoro negli Stati uniti e in Messico. [fonte: Bloomberg, SCMP, Guardian]

Gli scienziati smontano le teorie complottiste

Mentre sale il numero dei contagi, la tensione ha causato la diffusione di notizie infondate particolarmente popolari in Italia. Alcune recenti speculazioni, rilanciate dal Daily Mail e il conservativo Washington Times, individuano l’origine del virus nell’istituto di virologia di Wuhan, la città da cui è partita l’epidemia. Secondo la teoria più azzardata, il contagio sarebbe stato causato da un errore dei ricercatori impegnati nello sviluppo di armi biologiche. Una versione facilmente confutabile considerando che il governo cinese ha prontamente rilasciato la sequenza genetica del virus. Fonti del Washington Post spiegano quindi che “in base al genoma e alle proprietà del virus, non vi è alcuna indicazione che si tratti di un virus progettato” in laboratorio. Tim Trevan, esperto di sicurezza biologica con sede nel Maryland, ha inoltre affermato che la maggior parte dei paesi ha ormai abbandonato la ricerca sulle armi biologiche dopo anni di infruttuoso lavoro: “la stragrande maggioranza delle malattie nuove e brutte. . . vieni dalla natura “. [fonte: WaPo]

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