In Cina e Asia – Il coronavirus e le carenze del sistema sanitario cinese

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Il coronavirus può essere curato in una settimana. A sostenerlo è Li Xingwang, direttore della commissione sanitaria nazionale, secondo il quale quando la malattia è in fase lieve si presenta come un’alterazione della temperatura corporea senza sintomi respiratori. Le rassicurazioni di Li non bastano tuttavia a deviare l’attenzione da un dato preoccupante: l’impreparazione del sistema sanitario nazionale, messo nuovamente a dura prova a quasi 20 anni dalla Sars. In questi giorni di crisi, il personale medico di Wuhan, un importante hub industriale e logistico della Cina centrale, ha lamentato l’insufficienza delle risorse trovandosi in alcuni casi a intervenire senza mascherine, occhiali protettivi e camici. Alcuni malati sono stati rimandati a casa a causa della mancanza di posti letto disponibili nelle strutture ospedaliere. Mentre il governo centrale e il mondo imprenditoriale stanno intervenendo con fondi di assistenza e donazioni, il blocco dei trasporti adottato da alcune città dello Hubei potrebbe rendere più difficile la distribuzione degli aiuti. [fonte: Reuters, SCMP]

Coronavirus: le multinazionali chiudono i battenti

Il coronavirus non risparmia nemmeno le multinazionali. Con il bilancio dei contagi in costante crescita, sono sempre di più le attività commerciali a tirare giù le serrande. Starbucks, che conta 90 punti vendita nello Hubei, ha annunciato la chiusura dei negozi a Wuhan e provincia oltre alla sospensione delle consegne. Misure analoghe sono state adottate da KFC, Pizza Hut e McDonald’s, mentre la Disney – che si preparava a capitalizzare l’arrivo dell’Anno del Topo puntando sulla popolarità di Miky Mouse – ha temporaneamente chiuso i parchi di Shanghai e Hong Kong. Ma a farne le spese saranno soprattutto le aziende che nella regione hanno la loro base produttiva. Renault, Peugeot e persino Apple – che assembla i propri iPhone a oltre 500 km da Wuhan – stanno pensando di rimpatriare il personale. L’interruzione della supply chain rischia di allontanare gli investitori, avverte Dan Ives, analista di Wedbush Securities Inc. Intanto, il governo cinese ha annunciato un’estensione delle tradizionali festività del Capodanno lunare al 2 febbraio, tre giorni in più rispetto a quanto inizialmente previsto.  [fonte: CNN, Bloomberg]

Wuhan come Chernobyl

Non si placano le polemiche per la scarsa trasparenza con le autorità cinesi hanno trattato il virus di Wuhan nei primi venti giorni del contagio. Malgrado la censura, le critiche impazzano anche sul web, dove gli internauti stanno aggirando i controlli grazie alla serie TV  Chernobyl. Su Douban, piattaforma di recensioni cinematografiche ritenuta uno dei pochi spazi liberali dell’internet cinese, l’epidemia cinese viene accostata alla cattiva gestione con cui il governo sovietico affrontò la crisi nucleare negli anni ’80. “Spero che i cinesi possano imparare qualcosa dal film. Le cose che possono proteggerci non sono le armi nucleari, le portaerei o ciò che può atterrare sulla luna. Le cose che ci proteggono sono il libero flusso di informazioni e notizie e l’indipendenza giudiziaria”, scrive un utente. Nel frattempo, la pagina di Chernobyl su Douban – dove la serie si è beccata in pagella un 9,6 su 10  – è ora accessibile solo agli utenti registrati, gli unici a poterla visualizzare e a lasciare commenti. [fonte: Quartz]

La Cina supera la Russia nella produzione di armi

La Cina ha sorpassato Mosca diventando il secondo produttore mondiale di armi. E’ quanto sostiene l’ultimo rapporto del SIPRI, secondo il quale l’industria bellica cinese nel 2017 ha incassato complessivamente tra i 70 e gli 80 miliardi di dollari rispetto ai 226,6 miliardi degli Stati uniti, ancora la primo posto, e i 37,7 miliardi della Russia, scivolata sul terzo gradino del podio. La valutazione tiene conto di nuovi dati sulle aziende cinesi operanti nel settore, quattro delle quali citate nella top 20 dei principali rivenditori di armi e servizi militari. Stando all’organizzazione di Stoccolma, che tiene conto di voci non incluse nel conteggio ufficiale rilasciato dal governo, nel 2017 Pechino ha speso nella difesa 228 miliardi di dollari.[fonte: SCMP]

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