In Cina e Asia – Hong Kong: la polizia torna a sparare

In Notizie Brevi by Redazione

Lezioni universitarie sospese, linea della metro parzialmente chiusa e nuove rimostranze. Il caos torna a riversarsi nel centro di Hong Kong dopo l’ennesimo weekend di proteste conclusosi nelle prime ore di stamattina con circa 90 arresti e il ferimento di un manifestante durante gli scontri con la polizia. Sono almeno tre i colpi sparati dagli agenti intorno alle 7.20, di cui almeno uno andato tragicamente a segno. Secondo un video condiviso dalla stampa locale, il ragazzo – disarmato – sarebbe stato ferito all’addome durante le operazioni di arresto nel distretto di Sai Wan Ho, sull’isola di Hong Kong. Ricoverato presso l’Eastern Hospital, ha subito un intervento chirurgico a fegato e reni. Salgono così ad almeno tre i dimostranti colpiti dagli spari delle forze dell’ordine dall’inizio delle proteste. L’incidente si è verificato al termine di due giorni di eventi dedicati alla morte di Alex Chow, il primo manifestante ad aver perso la vita nel corso dei tafferugli con la polizia, sebbene le dinamiche del decesso non siano chiare. Proprio ieri un panel di esperti indipendenti nominato dalla leader locale ha concluso le proprie indagini mettendo in evidenza l’inadeguatezza dell’Independent Police Reclaints Council, l’organo incaricato dal governo locale di verificare la condotta delle forze dell’ordine nel corso delle proteste. [fonte: Bloomberg, NYT]

Hong Kong: Pechino vuole una legge sulla sicurezza nazionale

La Cina torna all’attacco contro Hong Kong, chiedendo al più presto l’introduzione di una legge che garantisca la sicurezza nazionale. Il messsaggio è stato trasmesso da Zhang Xiaoming, direttore del Hong Kong and Macau Affairs Office, l’agenzia amministrativa del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese responsabile della cooperazione e del coordinamento tra la Cina continentale e le Regioni amministrative speciali cinesi di Hong Kong e Macao. In un articolo scritto all’indomani del quarto plenum del Pcc, Zhang ha sottolineato la necessità di stabilire un sistema legale che garantisca la sicurezza nazionale in accordo con il modello “un paese, due sistemi”. Infatti, secondo Pechino, l’ondata di proteste nell’ex colonia britannica sarebbe dovuta principalmente all’incapacità, da parte dei leader di Hong Kong, di implementare correttamente l’articolo 23 della Basic Law, che concede ai Chief Executives pieni poteri nell’emanazione di leggi atte a “vietare qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il governo popolare centrale […]”. Secondo Zhang, Pechino dovrebbe quindi immediatamente iniziare a cooperare con le autorità di Hong Kong per creare un quadro giuridico che permetta di ostacolare le ingerenze straniere attraverso la corretta implementazione della Basic Law hongkonghese. Il tentativo di impugnare l’articolo 23 causò accese proteste nel 2003, portando in seguito alle dimissioni dell’allora chief executive  Tung Chee-hwa [fonte: SCMP]

Singles’ Day da record, ma occhio all’ambiente

Ben 10 miliardi di dollari. E’ quanto ha totalizzato il Singles’ Day nei primi 30 minuti dalla mezzanotte dell’11 novembre, data in cui dal 2009 ogni anno i consumatori cinesi si riversano sui siti di e-commerce per approfittare di sconti e campagne promozionali. La cifra ammonta a circa un terzo di quanto incassato complessivamente durante l’evento dello scorso anno. In principio fu Alibaba, ma ormai sono sempre di più le realtà (come JD e Pinduodo) a contendersi il portafoglio dei consumatori cinesi, sopratutto nelle aree rurali dove la creatura di Jack Ma stenta ancora ad arrivare. Secondo un recente sondaggio condotto dalla società di consulenza gestionale Oliver Wyman, oltre il 50% dei cinesi prevede di spendere di più rispetto al 2018, con un aumento stimato degli acquisti del 10%. Circa il 60% degli intervistati ha dichiarato di voler comperare prodotti d’importazione, nonostante la guerra commerciale con gli Stati Uniti. Mentre le spese pazze fanno bene all’economia, le ricadute per l’ambiente si preannunciano devastanti. Secondo un rapporto pubblicato in queste stesse ore da Greenpeace, entro il 2025 i rifiuti prodotti dall’e-commerce saranno più che quadriplicati a meno che non vengano introdotte misure contenitive. Lo scorso anno il volume dei materiali per l’imballaggio ha raggiunto 9,4 milioni di tonnellate e si prevede  toccherà quota 41,3 milioni di tonnellate nei prossimi cinque anni. [fonte: SCMP, Reuters, Reuters]

La Cina invia forme di vita nello spazio per difendere la sicurezza alimentare

Mezza tonnellata di semi e altre forme di vita saranno inviate nello spazio per due settimane, per poi essere riportata sulla Terra ed essere studiata. È questo il piano annunciato dalla Cina, che entro l’inizio del 2020 pianifica il più grande esperimento finora concepito sugli effetti delle radiazioni cosmiche sulle forme di vita terrestri. Durante la missione, i semi saranno esposti a temperature vicine allo zero assoluto, a mancanza di ossigeno e a radiazioni ad alta energia, con l’obiettivo di causare mutazioni che sarebbero state impossibili da produrre in condizioni normali. Dopodiché la capsula ritornerà sulla Terra, affinché gli scienziati possano esaminare i semi, monitorarne la crescita e descriverne i tratti insoliti, come ad esempio una maggiore resa o nuovi fenotipi, al fine di identificare i migliori candidati alla commercializzazione. Secondo i ricercatori, l’esperimento contribuirebbe a ripristinare la biodiversità delle colture, che stando ai dati ufficiali forniti dalla FAO è diminuita globalmente del 75%, principalmente a causa dell’uso estensivo della monocultura. L’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA) e la FAO stanno collaborando con la Cina per promuovere ed esportare questa tecnologia in altri paesi, con l’obiettivo di sviluppare nuove varietà di colture ed aumentare la sicurezza alimentare, che ad oggi rimane una grande priorità per molti paesi nel mondo. [fonte: SCMP]

La produzione condivisa è l’ingrediente segreto del Made in China 2025

Secondo una direttiva promulgata martedì scorso dal Ministero dell’Industria e dell’Information Technology cinese, la “produzione condivisa” è ciò su cui la Cina farà leva per onorare gli obiettivi del Made in China 2025. Il modello di produzione condivisa promosso dal Ministero consiste nell’applicare i principi della sharing economy alle linee di assemblaggio, permettendo così di aggregare e sfruttare al meglio la capacità inutilizzata ed ottimizzare l’allocazione delle risorse, necessaria per aumentare l’efficienza della produzione. Secondo il Ministero, entro il 2022 la Cina attiverà 20 piattaforme dimostrative a regime di produzione condivisa ed almeno 50 progetti pilota, questi ultimi vera e propria “forza trainante” dello sviluppo della produzione di alta qualità prevista dal piano Made in China 2025. Sebbene alcuni studi economici sembrerebbero aprire prospettive rosee per il futuro dell’implementazione della sharing economy nei processi produttivi, non si può dire lo stesso per la sua realizzazione su piccola scala. La sharing economy a livello domestico infatti, usata in Cina da aziende che si occupano di attività diversificate quali il noleggio di scooter o di spazi per uffici, sta affrontando seri problemi, causati principalmente da leggi locali sfavorevoli e dal rallentamento dell’economia nazionale. [fonte: Caixin]

All’India il primato dell’inquinamento

Nelle stesse ore in cui un consesso di più di 11000 scienziati di tutto il mondo affidava alle pagine della rivista Bioscience un monito sull’emergenza climatica in cui ci troviamo attualmente, la capitale indiana Delhi era bloccata da giorni, avvolta in una spessa coltre di polveri sottili. In questo scenario, non desta più di tanto stupore lo studio realizzato dalla Bbc che assegna proprio all’India il primato della nazione più inquinata al mondo. Seguono i vicini di casa Bangladesh e Pakistan. Scende al 122imo posto nella classifica delle città più inquinate al mondo, redatta da “IQ Air Visual e Greenpeace, la Cina che nel 2014 aveva visto Pechino essere dichiarata “quasi invivibile per l’uomo”. Secondo gli esperti, a fare la differenza sui livelli di inquinamento dell’aria tra India e Cina, la pratica, ancora legale in India, di bruciare i residui dei raccolti per fertilizzare il suolo, da tempo vietata in Cina. [fonte: BBC]

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