riconoscimento facciale

In Cina e Asia – Cina, un sistema di sorveglianza bersaglia giornalisti e studenti stranieri

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • In Henan un sistema di sorveglianza bersaglia giornalisti e studenti stranieri
  • Nuove regole per il ride-hailing cinese
  • Big data, il MIIT cinese stringe sulla sovranità nazionale
  • Cina, record di iscrizioni per il servizio civile
  • Hong Kong, Disney + censura un episodio dei Simpsons 
  • India, popolazione in calo. Per gli esperti “non serve seguire l’esempio cinese”

I funzionari regionali della provincia dello Henan, una delle più grandi della Cina, avrebbero commissionato un sistema di sorveglianza da impiegare nel monitoraggio di giornalisti, studenti stranieri e altri “soggetti sospetti”. È quanto rivelano alcuni documenti consultati da Reuters, che riportano i dettagli di un contratto da 782mila dollari tra le autorità dello Henan e la compagnia tech Neusoft per la realizzazione di un database che raccolga informazioni sugli individui di passaggio nella provincia tramite un sistema con telecamere a riconoscimento facciale. La Cina utilizza da tempo sistemi di sorveglianza integrati che fanno utilizzo di tecnologia a riconoscimento facciale, ma la specifica inclusa nel contratto tra le autorità dello Henan e la Neusoft che prende di mira giornalisti e studenti stranieri è senza precedenti. Non esistono al momento prove che il sistema in questione sia già in uso, né esistono riscontri di esperimenti simili in altre province della Repubblica Popolare. Tuttavia, secondo quanto rivelano i dettagli del progetto, il sistema sarebbe da collegare a un network regionale così da potere facilmente individuare i soggetti sorvegliati, catalogarli in base alla loro pericolosità e intervenire in caso di necessità.

Come recita una sezione dei documenti consultati da Reuters: “Le persone sospette devono essere seguite e controllate, saranno condotte ricerche analitiche e valutazioni dei rischi e i giornalisti saranno trattati secondo la loro categoria di appartenenza”. Secondo quanto riporta a Reuters il direttore di IPVM, l’istituto di ricerca che ha trovato e divulgato i documenti relativi al progetto, il sistema di sorveglianza applicato nello Henan sarebbe “il primo tentativo conosciuto della Rpc nel realizzare un sistema di sorveglianza su misura per ottimizzare la repressione di giornalisti”. In diverse sezioni dei documenti si fa riferimento in particolare ai “giornalisti stranieri”. Tra i soggetti considerati “sospetti” e da inserire nel database integrato, anche “donne che vivono clandestinamente in paesi limitrofi” e studenti internazionali, già tracciabili tramite geolocalizzazione da cellulare e prenotazioni di viaggi all’interno del paese.

Nuove regole per il ride-hailing cinese

Dopo l’iniziale stretta sulle big tech legate al business dei trasporti a chiamata ecco che si aggiungono altre richieste da parte del governo cinese. Martedì 30 novembre il ministero dei Trasporti ha chiesto alle compagnie del settore di salvaguardare i diritti dei conducenti. Tra le nuove regole compaiono l’obbligo di assicurare i dipendenti e quello di rendere pubbliche le informazioni sui loro guadagni. Il ministero ha inoltre promesso di intensificare le misure anti-monopolio nel settore del ride-hailing per contrastare la “disordinata espansione del capitale” in questo ambito, che da qualche tempo interessa i regolatori dal mancato approdo di Didi a Wall Street. [Fonte: Reuters]

Big data, il MIIT cinese stringe sulla sovranità nazionale

Martedì 30 novembre il ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione (MIIT) cinese ha pubblicato un nuovo piano quinquennale sulla gestione dei big data oltre i confini nazionali. Il documento approfondisce le linee guida approvate dal 14° piano quinquennale 2021-2025, che chiedono normative più precise intorno alla gestione e al possesso dei big data in quanto importanti “fattori di produzione” e “risorse strategiche nazionali”. Secondo le previsioni del MIIT il mercato dei dati cinese supererà i 3 mila miliardi di yuan (470,79 miliardi di dollari Usa ca.) entro il 2025. L’obbiettivo è quello di mantenere il controllo sulle informazioni prodotte e archiviate nella Repubblica Popolare contro i rischi di “scappatoie” all’estero, già dimostrato dalle ultime leggi che disciplinano il modo in cui le aziende possono utilizzare i dati sul territorio cinese.

Cina, record di iscrizioni per il servizio civile

Oltre 2,12 milioni di persone si sono iscritte all’esame per prendere parte al servizio civile nazionale. Una cifra record, superiore del 35% rispetto alle partecipazioni del 2020, che ha visto candidati provenienti da tutta la Cina competere per ottenere l’ambito lavoro della “ciotola di riso di ferro” (dal cinese, tie wan fan, 铁饭碗), vale a dire una posizione lavorativa sicura e ben stipendiata, solitamente associata a un impiego statale. L’esame si è tenuto domenica 28 novembre a Taiyuan, nella provincia dello Shanxi. In gioco ci sono più di 31mila posti di lavoro, ma anche a fronte dell’alto numero di partecipanti all’esame statale, ogni candidato ha una media di una possibilità su 68 di avere successo.

Dietro l’impennata di iscrizioni per il guokao (国考) ci sarebbe la precaria situazione lavorativa in cui vertono i giovani cinesi, unitamente al rallentamento dell’economia della Repubblica Popolare. Negli ultimi anni il tasso di disoccupazione giovanile nella Rpc è aumentato con regolarità e a ottobre 2021 risulta pari al 14.2%, tre volte la media nazionale. A questa cifra contribuisce anche la recente avversione di molte categorie di lavoratori, soprattutto giovani neolaureati, alle rigide condizioni del modello lavorativo del 996, l’impiego da sei giorni alla settimana, dalle nove del mattino alle nove di sera. In merito al tema dell’occupazione nel paese è intervenuto il premier Li Keqiang, che in occasione di un simposio sull’economia cinese la settimana scorsa ha sottolineato l’importanza di “garantire la sicurezza di un impiego e del benessere dei cittadini”.

Hong Kong, Disney + censura un episodio dei Simpsons 

La piattaforma streaming Disney + ha appena debuttato a Hong Kong, ma iniziano a emergere i primi adattamenti nel palinsesto. Alcuni spettatori hanno segnalato l’assenza dell’episodio 12 della stagione 16 dei Simpsons, dove la satira sul governo cinese è particolarmente evidente. In questa puntata la famiglia entra in piazza Tian’an Men a Pechino, mentre alle loro spalle compare il cartello “Tian’an Men square: in this site, in 1989, nothing happened (Piazza Tian’an Men: nel 1989, in questo luogo non è successo niente)”. In poche ore sono esplosi i commenti sui social network, mentre la censura dell’episodio lascia ancora spazio agli interrogativi (il The Guardian afferma di non aver ancora ricevuto commenti dall’azienda): è stata la stessa Disney + a eliminare preventivamente il contenuto perché potenzialmente sensibile Pechino?

Per il momento il caso di Disney + sembra uno dei pochi a seguire alla lettera la linea della Repubblica Popolare nell’ex colonia britannica, mentre nella Cina continentale rimane capillare il controllo sui contenuti online. Un altro show finito nel mirino dei critici, per esempio, è stato quello della serie animata Usa South Park, che nella puntata “Band in China” prendeva in giro l’accettazione delle aziende americane della censura cinese pur di tutelare gli affari. L’episodio, dove un personaggio finisce recluso in un campo di lavoro cinese, è ancora disponibile sulla piattaforma Netflix accessibile agli utenti di Hong Kong. Dall’entrata in vigore della legge di sicurezza nazionale è aumentata l’attenzione delle autorità nei confronti delle attività “sovversive”, mentre la stessa capo esecutivo Carrie Lam ha promesso di controllare con “maggiore proattività” l’informazione online.

India, popolazione in calo. Per gli esperti “non serve seguire l’esempio cinese”

La pianificazione famigliare è da tempo un cruccio per l’India, che secondo l’ultimo report Onu diventerà la nazione più popolosa al mondo entro la fine del 2022. Ma la diminuzione della natalità sembra un processo già avviato: lo confermano i dati della National Family Health Survey del Ministero della Salute. Il rapporto fissa il tasso di fertilità totale dell’India del 2021 a 2,0 figli per donna, con un netto calo delle nascite nelle aree urbane (1,6 figli per donna). I risultati si posizionano per la prima volta sotto la soglia del 2,1 figli per donna, che viene considerato il limite che fa la differenza tra crescita e decrescita demografica.

Il direttore esecutivo della Population Foundation of India Poonam Muttreja ha affermato che questo dimostra che “non è necessario usare la forza o imporre misure draconiane” per stabilizzare la crescita demografica. Un’affermazione che fa riferimento alle leggi imposte alla maggior parte della popolazione cinese fino al 2015, che imponevano la nascita di un solo figlio per nucleo famigliare. Per gli esperti il merito è, in larga parte, del governo indiano, che ha portato avanti le campagne di distribuzione dei contraccettivi e investito sull’istruzione.

A cura di Sabrina Moles e Lucrezia Goldin